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IL PRIMO TURNO. IL MISTERIOSO CASO "ITALICO" DI MARINE LE PEN


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1. Tutti coloro che sono in grado di ragionare su una minima conoscenza dei fatti, rimangono sconcertati della "spiegazione" che, specialmente nelle estenuanti e sussiegose cronache televisive, è  stata data relativamente alla forte affermazione del Front National alle ultime elezioni regionali in Francia.
Al primo impatto, infatti, ci è stato ossessivamente detto che l'ondata terroristica avrebbe favorito un partito xenofobo e che coltiva i più bassi istinti anti-immigrati (musulmani e non), oltreche pericoloso, per la democrazia, perchè di "estrema destra". Con punte di incomprensione che risultano logicamente paradossali e ostinatamente irreali.

E' pur vero che, poi, dai più alti vertici si è poi aggiustato il tiro, mettendo l'accento sulle politiche imposte dall'UE come principale alleato della Le Pen; ma questo aggiustamento è stato fatto rivendicando le riforme effettuate in Italia come "giuste" e contrapponibili alla linea dettata dalle istituzioni europee
Il che appare obiettivamente contraddittorio, visto che sono state proprio queste riforme a giustificare la "flessibilità" concessa in sede di applicazione del fiscal compact all'Italia e, dunque, in quanto sono state ritenute particolarmente conformi alle linee di politica economica e del lavoro propugnate dal paradigma dell'eurozona (in cui, appunto, le politiche economico-fiscali sono rigidamente dettate dall'obiettivo del pareggio di bilancio e dalle relative eccezioni discrezionalmente ravvisate dalla Commissione).

2. Il che ci porta a dire che se probabilmente è vero che, rispetto al fenomeno MLP-Front National, in Italia, non si possono nutrire equivalenti "preoccupazioni", ciò, certamente, non è dovuto al fatto che qui da noi non si seguano le politiche rese inevitabili dalla volontà di conservare la moneta unica (in Francia, peraltro, le si è seguite molto meno); ma a ben altre ragioni.

Cominciamo col definire le ragioni dell'avanzata del FN in Francia.
Voci dall'estero ci riporta un articolo di Henry Tougha su "Bloomberg view", - e già la fonte è in sè significativa-, che considera questa verosimile spiegazione:
"Può sembrare che la vittoria dell’estrema destra al primo turno delle elezioni regionali francesi di questo fine settimana sia un’eco degli attacchi terroristici a Parigi. Non è così.
Il trionfo elettorale del Front National di Marine Le Pen ha a che vedere con l’economia, più che con la paura o la xenofobia."
E anzi, smentendo tutta la grancassa italico-mediatica di prima istanza, precisa:
"...Eppure i politici dell’establishment devono decidersi ad attaccare il problema della congestione economica, non la Le Pen
Gli stessi risultati del voto a Parigi suggeriscono che la gente che vive nei quartieri colpiti dai terroristi non ritiene che tenere lontano gli immigrati o dare un giro di vite sui musulmani – due punti fermi del Front National – servirà a risolvere il problema del terrorismo. Wallerand de Saint Just, tesoriere del Front National, non ha vinto e non è nemmeno arrivato secondo in alcuno dei 20 distretti della capitale francese. Saint Just ha ricevuto appena 59.429 voti in tutta Parigi, ed è stato battuto da entrambi i candidati dell’establishment, che ora si trovano testa a testa, entrambi con tre voti a uno contro il candidato del Front National.
"Il presidente François Hollande ha rubato alla Le Pen l’arma dell’anti-terrorismo nel momento in cui ha dichiarato guerra allo Stato Islamico, ordinando tra l’altro aggressivi raid della polizia contro i sospetti terroristi all’interno della stessa Francia, e impegnando una maggiore quantità di risorse per i servizi di intelligence e la polizia. La popolarità di Hollande è infatti balzata dal 20 al 27 percento, e il suo tasso di popolarità ha raggiunto i massimi dal 2012. Anche il primo ministro Manuel Valls, che dopo gli attacchi ha detto che l’Europa “non può più accogliere altri profughi“, ha visto crescere la propria popolarità dal 26 al 32 percento. Se gli elettori chiedevano durezza, Hollande e Valls gli hanno dato ciò che volevano. La Le Pen avrebbe probabilmente fatto la stessa cosa se fosse stata al potere.
È stato un altro il fallimento dell’establishment che ha portato al successo del Front National. La correlazione tra il livello di disoccupazione nelle varie regioni e i voti presi dal Front National nelle elezioni di domenica è 0.80– un livello che suggerisce una relazione forte."

3. Ancora più nitida (e non sorprende) è la focalizzazione di  , su The Telegraph
"La Le Pen ha riempito un vuoto.
Ha abbandonato le visioni free-market (che in italiano si traduce in liberismo, pensate un po') del padre, che un tempo aveva sposato la  "Reaganomics" e auspicava di restringere (il perimetro de) lo Stato. 
MLP si sta nutrendo della base socialista della sinistra, affermando di voler difendere il modello di welfare francese contro i "neo-liberisti" e di sconfiggere la "dittatura dei mercati". Chiama la globalizzazione "la legge della giungla" che permette alle multinazionali di sfruttare il lavoro a basso costo in Cina contro il lavoro francese.
Il suo programma include una strategia di industria nazionale che metta da parte le norme UE sulla concorrenza, così come una riduzione dell'età di pensionamento a 60 anni, e un "riallineamento della imposizione fiscale contro il capitale e in favore dei lavoratori".
L'esigenza di conservare l'euro ad ogni costo, - che la Le Pen intende abbandonare come suo primo atto in caso di vittoria alle presidenziali-, aggiunge Evans-Pritchard, in qualche modo si rivolge a favore di Hollande:
"Il presidente Francois Hollande è quasi certo di poter mettere da parte i targets fiscali dopo il week-end di shock elettorale "Non ci sarà alcuna stretta fiscale prima delle elezioni" ha detto Hollande."I tedeschi neppure faranno pressione in questo senso. Sono terrorizzati di fare qualunque cosa che possa rafforzare la Le Pen.Sanno che lei pone un minaccia "esistenziale" all'asse Franco-tedesco".
Ma, sottolinea Evans-Pritchard, ciò non toglie che una spesa pubblica al 57% del PIL francese e l'esigenza di correggere del 20% la competitività del costo del lavoro, rimangono un pesante conto da pagare, prima o poi, passata l'esigenza delle elezioni presidenziali, in omaggio all'adesione all'euro; un "sospeso" che incombe sui lavoratori francesi e che spiega come il 55% di essi abbia votato per il Front National.

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4. Insomma, alchimie di conservazione transitoria e strategica del consenso elettorale a parte, il problema dell'euro e della sua inesorabile esigenza di svalutazione interna mediante deflazione salariale e, dunque, crescente disoccupazione-sottoccupazione, nonchè taglio del welfare, rimane, in Francia come in Italia, un vera e propria bomba a orologeria sulle mire dell'UE-UEM, a trazione mercantilista germanica, di controllare le odiate masse di "privilegiati" lavoratori che non si rassegnano a diventare merce.
Non pare possibile che chi intenda conservare ad ogni costo questa traiettoria possa definirsi di "sinistra" e chi invece vi si oppone possa essere accusato, come fa a ogni piè sospinto la grancassa mediatica italiana, di essere di "estrema destra".

5. Ma in Italia, questa aporia colossale risulta del tutto oscurata. 
Sia a sinistra che a destra.
Nel primo campo, in ogni sua sfumatura, l'intangibilità dell'euro e il suo corollario indispensabile della Banca centrale unica e, specialmente, indipendente, non sono direttamente discutibili: al massimo si può lottare contro l'austerità e a favore dei diritti sanciti dalla Costituzione. 
Ma senza curarsi di capire e spiegare "come", in queste condizioni, questa tutela costituzionalistica, possa essere compatibile con la conservazione della moneta unica e della sua conseguenza economica inevitabile e praticamente inscindibile: cioè il fiscal compact e il recepimento del fiscal compact nella stessa Costituzione
La parola "euro", comunque, non deve figurare, perchè gli elettori italiani di sinistra, a differenza dei lavoratori francesi, a quanto pare molto più consapevoli, "non capirebbero".

6. A destra, le cose, non stanno molto diversamente in termini di comprensione operativa: vale a dire riflessa in un programma anche solo lontanamente paragonabile a quello della Le Pen, in termini di politiche di "pieno impiego", espressamente indicate come priorità, mediante intervento dello Stato nel rafforzare il welfare e la presenza industriale pubblica; con tanto di espressa condanna delle privatizzazioni dei beni del "popolo francese".
Questo perchè,"a destra", non ci si pone il problema del reale significato dell'euro, in termini di assetto sociale e del mercato del lavoro, e quindi in termini di rimedi ad una crisi di domanda, cavalcando solo l'onda della rivolta fiscale contro lo "Stato ladro": una visione, peraltro, non nuova rispetto a quanto sostenuto anche nell'accettare in precedenza il vincolo dell'euro, e che farebbe carico dei problemi dell'euro stesso solo sul lato dell'offerta, cioè dei costi che il settore imprenditoriale subirebbe a causa delle politiche fiscali, rammentandosi ogni tanto (non così tanto) di collegarle all'appartenenza alla moneta unica.
Ma sempre, contraddittoriamente, ravvisandosi le responsabilità di una crisi...da domanda e da sotto-occupazione, nella formulazione lavoristica della nostra Costituzione
Una cosa che finisce per rendere incomprensibile alle forze di destra italiana, ancorate al neo-liberismo dello Stato-minimo, il fenomeno Le Pen...

7. Questa estrema difficoltà di comprensione nel campo avverso alle c.d. sinistre, entusiasticamente o obtorto collo legate al carro della intangibilità dell'euro (essendo comunque "innominabile" un suo superamento), spiega, molto più efficacemente del presunto carattere "espansivo" delle riforme intraprese in Italia, perchè il fronte filo-moneta unica possa dormire sonni relativamente tranquilli.

Interessante l'analisi di Flavia Perina che si aggira, senza arrivare a coglierlo del tutto, su questo punto, richiamando però una "modernità" della destra francese essenzialmente incentrata sull'apertura rispetto ai neo-diritti cosmetici e non connessa col problema del conflitto sociale e del mercato del lavoro, in situazione di liberoscambismo unito alla moneta unica (simile al gold-standard, come ribadisce Evans-Pritchard):
"Sarà difficile per la destra italiana salire sul carro della vincitrice Marine Le Pen, anche se ci sta già provando. Le comuni radici – che senz'altro esistevano – sono state recise con decisione nel maggio scorso, quando Marine ha revocato la tessera del Front National al suo fondatore e ha convocato la stampa per dire: "Jean Marie Le Pen non deve più potersi esprimere a nome del partito, le sue affermazioni sono contrarie alla nostra linea". Un parricidio in piena regola, con il quale Marine ha sradicato il FN dall'immaginario della destra xenofoba, machista, antisemita che aveva fatto le (limitate) fortune di suo padre. 
La Marine Le Pen che ha vinto domenica in Francia è quella che ha risposto "confondere l'Islam con il terrorismo è da stronzi" a chi gli chiedeva un'opinione sul celebrato titolo di “Libero” contro i "Bastardi islamici". È la leader che ha scelto un gay dichiarato, Florian Philippot, come suo numero due. Che si è rifiutata di scendere in piazza con Manif Pour Tous contro la legge sulle unioni civili. Che ha accentuato l’autodefinizione "ni droite ni gauche" fino al punto di scrivere sulla sua pagina Facebook, alla voce “tendenza politica” un laconico "Altro".
Insomma, Marine Le Pen non è equiparabile né alla destra berlusconiana, tuttora in ostaggio del suo padre-padrone, né a quella neocentrista con il suo cotè confessionale, né tantomeno a quella salvin-meloniana, rimasta avvinghiata al lepenismo prima maniera e alla sua rozzezza anche estetica.
... Insomma, l'equivalenza Parigi-Roma non sta in piedi. Non se riferita alla destra attuale, in tutte le sue declinazioni. Salvini può dirsi felice per il risultato, e congratularsi, ed esibire come una bandiera il messaggino di Marine, ma finisce lì. Per una replica in salsa italiana di quel tipo di vittoria non ci sono né gli uomini, né le donne, né le condizioni". 

8. Ma intanto, la vittoria della Le Pen, al primo turno, è tutto un discorso da verificare, in termini pratici: bisognerà vedere cosa accadrà al secondo turno, in conseguenza di "desistenze" e voti "utili", invocati anche dal circuito della solidarietà istituzionale UE (cosa ne è della sovranità francese e della libertà di voto del suo popolo?). 
E poi il cammino verso le elezioni presidenziali francesi è ancora lungo, come preannuncia l'articolo di Bloomberg citato sopra: molte cose possono accadere.
Specie se tale fonte, molto "USA-conformed", pare obiettivamente credere che la soluzione anti-Le Pen sia un riaggiustamento dell'economia da parte dei governi filo-euristi, secondo linee che alludono con ogni evidenza alla riduzione della spesa pubblica, tagliando il welfare, e del costo del lavoro, tagliando l'occupazione.

La solita ricetta, internazionalmente suggerita, di "austerità espansiva", nonchè di ipostatizzazione della moneta unica, come strumento irrinunciabile di riforma strutturale dell'Occidente tutto.
La prima piace, anche senza rendersene ben conto, alla destra italiana nel suo complesso (fermamente tea-party); la seconda (l'ipostatizzazione espressa, o indiretta, cioè mediante il "non se ne può parlare") appare un idolo a sinistra.
E considerato il vento che tira nei piani alti (USA), questa traiettoria culturale non pare promettere veramente nulla di buono...

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