
1. Periodicamente, viene offerta come notizia qualche "indiscrezione" sulla volontà tedesca di uscire dall'euro.
Questa diffusione di "voci", a dire il vero, assume più spesso, nei toni di chi la diffonde, il sapore di un'implicita minaccia mediatica a noi italiani: la mamma severa ma esemplare, la Germania, si sarebbe stancata di noi discoli e ci manderebbe in collegio, prendendosi una lunga vacanza da questa integrazione €uropea, che tanto gli costa in termini di sacrifici fatti per noi inutili PIGS indisciplinati.
Risultato: senza l'euro come faremmo ad andare avanti, chi ci proteggerebbe dalla Cina? Cosa potrebbe evitare il default del debito sovrano italiano e la conseguente spaventosa crisi di finanziamento dello Stato e di travolgimento di tutto il welfare che ne conseguirebbe?
Insomma, viene agitato implicitamente lo "spauracchio Grecia" (in caso di uscita dall'euro!!!), dimenticando allegramente che quello che si è verificato in Grecia, in termini di tagli alle pensioni e sostanziale disattivazione del sistema sanitario pubblico nonchè di svendita di ogni possibile asset pubblico (e deprezzamento totale degli asset privati), STA AVVENENDO DENTRO LA MONETA UNICA E, ANZI, A CAUSA DEL MEMORANDUM DI MISURE FISCALI IMPOSTE dall'ESFS (ESM), FMI, e Eurogruppo, PER POTER RIMANERE DENTRO L'UEM.
2. Ma i tedeschi pensano veramente di uscire dall'euro?
E lo pensano solo perché ci sono mal di pancia, politici interni, sulla questione degli immigrati e sulla sospensione di Schengen, come implicano queste voci intimidatorie ital-mediatiche?
Insomma, le incongruenze sulla convenienza della German-€xit cozzano frontalmente con alcune realtà, dure realtà, fondamentali:
a) l'apertura ai "rifugiati", fuori da ogni assunzione di "quota" e dello stesso criterio del "paese d'arrivo" del trattato di Dublino, come (del tutto) apparente misura umanitaria, era stata unilateralmente decisa dalla Merkel; che poi se l'è pure rimangiata, delimitando il flusso di immigrati agli aventi diritto secondo la convenzioni internazionali e in conformità alla propria Costituzione.
Ma rimane il fatto che questa apertura, e successiva richiusura, dettata dal dissenso interno (poi montato dopo i fatti del capodanno di Colonia), corrisponde, come ci avverte realisticamente Munchau, a un preciso interesse economico tedesco, quello a mantenere la competitività attraverso la prosecuzione della deflazione salariale, correggendo il trend demografico che la ostacolerebbe inesorabilmente nel lungo periodo;
Ma rimane il fatto che questa apertura, e successiva richiusura, dettata dal dissenso interno (poi montato dopo i fatti del capodanno di Colonia), corrisponde, come ci avverte realisticamente Munchau, a un preciso interesse economico tedesco, quello a mantenere la competitività attraverso la prosecuzione della deflazione salariale, correggendo il trend demografico che la ostacolerebbe inesorabilmente nel lungo periodo;
b) la sospensione di Schengenè stata adottata finora da sei paesi, finora: Norvegia, Austria, Germania, Francia, Danimarca e Svezia. Notare che tre di questi sono fuori dall'area euro, e quindi possono in teoria ricorrere alla svalutazione monetaria, evitando di doversi avvantaggiare ad ogni costo (di coesione sociale interna) del basso costo salariale degli immigrati per mantenere la competività rispetto alle politiche deflattive e mercantiliste tedesche; un quarto, l'Austria, ha comunque in corso una procedura per lo svolgimento di un referendum per l'uscita dall'UE, mentre la Francia ha sì l'ottima ragione di bandiera del terrorismo, ma, più ancora, quella di dover porre un freno all'avanzata elettorale della Le Pen.
Insomma, la Germania sospende Schengen come principale stakeholder, teso a scaricare sui paesi come Italia e Grecia, cioè quelli che presidiano le frontiere esterne dell'Unione, i costi della selezione dei migranti buoni da quelli cattivi(il che significa lasciar fare il lavoro, "sporco" e costoso di primo impatto, agli altri, e provvedere a se stessa, e alla propria traiettoria demografica e salariale, alle condizioni più consone, che di volta in volta verranno stabilite dagli equilibri politici ed economici interni);
Insomma, la Germania sospende Schengen come principale stakeholder, teso a scaricare sui paesi come Italia e Grecia, cioè quelli che presidiano le frontiere esterne dell'Unione, i costi della selezione dei migranti buoni da quelli cattivi(il che significa lasciar fare il lavoro, "sporco" e costoso di primo impatto, agli altri, e provvedere a se stessa, e alla propria traiettoria demografica e salariale, alle condizioni più consone, che di volta in volta verranno stabilite dagli equilibri politici ed economici interni);
c) Abbiamo poi l'Hillary Clinton-leaks, che ci ha consentito di conoscere, per via di fonte informativa diretta, lo Schauble-pensiero sull'assoluta, e attualmente invariata, convenienza tedesca a mantenere in vita l'euro: “In ogni caso Schauble continua a credere che un completo collasso dell'unione monetaria sia inaccettabile per la Germania, perché un ricostituito marco tedesco risulterebbe considerevolmente rivalutato rispetto all'euro".
3. Si potrebbe obiettare che la Germania, reintrapresa la via della deflazione salariale di medio-lungo periodo, per via di apporto della forza lavoro (di "buffer" demografico) delgli immigrati,potrebbe ritenersi al sicuro, in termini di competitività del costo del lavoro e di connesso costo del lavoro, tanto da poter rinunciare alle moneta unica: ma questa ipotesi sicuramente non è attuale.
Lo potrebbe divenire in un indeterminato futuro, che però risulta imponderabile, dato lo scenario mondiale risulta caratterizzato dalla instabilità finanziaria, potenzialmente esplosiva, innescata dalle tendenze deflazionistiche mondiali (a cui la situazione e le politiche dell'eurozona, proprio in quanto imposte dalla convenienza tedesca, non sono certo estranee).
Lo potrebbe divenire in un indeterminato futuro, che però risulta imponderabile, dato lo scenario mondiale risulta caratterizzato dalla instabilità finanziaria, potenzialmente esplosiva, innescata dalle tendenze deflazionistiche mondiali (a cui la situazione e le politiche dell'eurozona, proprio in quanto imposte dalla convenienza tedesca, non sono certo estranee).
In termini molto pratici, non è su incognite di questo tipo, che costituiscono un rischio incalcolabile (in tutti i sensi), in funzione di una sempre più incombente crisi mondiale di domanda, che la Germania potrebbe coltivare l'idea di abbandonare l'enorme vantaggio competitivo che gli conferisce l'euro (che è tanto un marco sottovalutato, come mostra di ben sapere Schauble, che una valuta insostenibilmente sopravvalutata per gli altri paesi dell'eurozona).
4. La realtà è che la Germania preferisce rimanere nell'eurozona, preservando tutti i suoi vantaggi ormai ultradecennali e, piuttosto, tende ad accentuarli, proponendo, anzi, imponendo, regole sempre più stringenti e distruttive delle economie altrui, al fine di garantirsi una posizione di controllo mercantilista dell'intera eurozona.
In questo quadro, abbiamo già evidenziato l'idea e gli scopi fondamentali dell'Unione bancaria (a cui, abilmente, la Germania ha sottratto una parte estremamente consistente del proprio sistema creditizio, posta sotto la soglia assoggettata alla vigilanza BCE e alla regolazione UEM).
Lo scopo fondamentale dell'Unione bancaria, ribadiamo, è sempre stato quello di rompere il legame tra Stati e finanziamento bancario nazionale del debito sovrano, lasciando a pochi soggetti in un ristretto oligopolio "concertato" (possibilmente franco-tedesco), la creazione della moneta bancaria quale unica forma di finanziamento degli Stati ammessa dal trattato europeo, e quindi lasciando a tali soggetti ogni decisione di quanto e a che condizioni finanziare l'azione degli Stati (a prescindere da qualunque priorità normativa, cioè costituzionale, alla quale tale azione debba rispondere). Con indubbi vantaggi in termini di un colossale (e crescente) trasferimento dei soldi pagati dai contribuenti degli Stati debitori (divenuti) "rischiosi" (in primis l'Italia), al sistema finanziario dei paesi dominanti, per poter sostenere i propri impoveriti sistemi pensionistici e previdenziali (pubblici e privati).
Lo scopo fondamentale dell'Unione bancaria, ribadiamo, è sempre stato quello di rompere il legame tra Stati e finanziamento bancario nazionale del debito sovrano, lasciando a pochi soggetti in un ristretto oligopolio "concertato" (possibilmente franco-tedesco), la creazione della moneta bancaria quale unica forma di finanziamento degli Stati ammessa dal trattato europeo, e quindi lasciando a tali soggetti ogni decisione di quanto e a che condizioni finanziare l'azione degli Stati (a prescindere da qualunque priorità normativa, cioè costituzionale, alla quale tale azione debba rispondere). Con indubbi vantaggi in termini di un colossale (e crescente) trasferimento dei soldi pagati dai contribuenti degli Stati debitori (divenuti) "rischiosi" (in primis l'Italia), al sistema finanziario dei paesi dominanti, per poter sostenere i propri impoveriti sistemi pensionistici e previdenziali (pubblici e privati).
5. Questa opera di destrutturazione, per via finanziaria-bancaria privata, della sovranità degli Stati, cioè di destrutturazione della democrazia a favore del potere dei mercati, è sempre più apertamente perseguita dai tedeschi, che possono vantare un saldo controllo delle istituzioni UE-UEM e intendono accentuarlo.
In questo quadro, rientra l'arrembante proposta di por fine alla eccezione regolatoria dei titoli di debito sovrano, nei paesi UEM, rispetto al rischio (di bilancio bancario nazionale) che, finora, è stato escluso, cioè considerato pari a zero, insito nel loro acquisto da parte dei rispettivi sistemi bancari nazionali.
La proposta tedesca, che abbiamo visto prontamente fatta propria da Dijsselbloem, consiste in una forbice implacabile di regole che trovano la loro giustificazione nella posticcia idea che l'unico fattore di crisi dell'eurozona sia nel superamento, da parte degli Stati, dei parametri di indebitamento annuale (deficit pubblico), e di rapporto debito/PIL.
Forte di questa idea, che riposa sulla propria convenienza oltre che sulle regole antisolidali fondamentali del trattato (cioè, per la Germania assolutamente IRRINUNCIABILI), che quindi non vuole modificare nè ora nè mai, la Germania propone e dispone di includere i titoli sovrani fra quelli classificabili come "rischiosi"; dunque, come tali, soggetti a una ponderazione che ne diminuisce drasticamente il valore di bilancio per le banche sottoscrittrici, obbligandole alla creazione di riserve e di capitale aggiuntivo di vigilanza o, in alternativa, a disfarsi massicciamente dei titoli stessi, deprimendone i corsi e facendone aumentare i rendimenti, secondo spread che farebbero impallidire quelli del 2011-2012.
6. In aggiunta a ciò, cioè all'introduzione di un sostanziale rating di rischiosità dei titoli sovrani (depressivo dei loro corsi e degli attivi bancari), ben consapevole che le regole dell'eurozona non consentono alcun intervento alle banche centrali nazionali, prive di capacità di soccorso monetario, e neanche alla BCE, impeditavi dai ben noti artt. 123-124 e 125 del trattato, la Germania vuol aggiungere la regola per cui lo Stato che, in tale situazione (innescata dall'abolizione della natura risk-free dei titoli pubblici), fosse costretto a rivolgersi al fondo europeo di salvataggio finanziario (ESM), dovrebbe automaticamente andare in default, nella forma di una ristrutturazione obbligata: cioè le scadenze dei titoli verrebbero automaticamente allungate, determinando una repentina (ulteriore!) depressione dei valori e gli Stati sarebbero costretti ad adottare drastiche misure di riduzione immediata dell'indebitamento e del debito pubblico stesso, come appunto imponeva (con termini e clausole normalmente impossibili da rispettare PER QUALUNQUE PAESE UEM), il fiscal compact.
7. Al momento questa proposta avrebbe tempi di attuazione di un paio d'anni, giusto il tempo di lasciare al QE della BCE il modo di aiutare la prosecuzione (altrimenti del tutto insostenibile) dell'eurozona, sia dal punto di vista fiscale degli Stati che dal punto di vista commerciale del corso dell'euro rispetto al dollaro (finalità che in realtà non stanno dando i risultati sperati, nella situazione economica mondiale, ormai neppure rispetto alla continua rivalutazione del dollaro, e che comunque denunciano anche il clamoroso (ma non inaspettato) fallimento dello scopo formalmente dichiarato, che sarebbe stato quello di riportare il tasso di inflazione dell'eurozona al target tendenziale medio del 2%).
Ma il solo mettere in pratica il processo di regolazione bancario-europea in tal senso, avrebbe effetti immediati di destabilizzazione dei sistemi bancari nazionali obbligandoli, per un'impellente necessità prudenziale, e anzi di vera e propria sopravvivenza, a diminuire gli acquisti e la stessa esposizione in titoli sovrani nazionali.
8. La prospettiva appare molto concreta se si considera che, come abbiamo altrettanto riportato (grazie alla fonte fornitaci da Marco Zanni), il 19 gennaio scorso, il parlamento europeo ha già approvato il Report Balz, che col consueto pretesto dell'efficienza dei mercati di capitali €uropei e del solito bla-bla-bla sulla stabilità finanziaria e sul completamento dell'integrazione bancaria, introduce la ponderazione di rischio sui titoli sovrani che diverrebbero Risk-Weighted-Asset.
Dunque, i titoli del debito pubblico dell'eurozona sono belli e pronti, dopo il via libero del parlamento europeo, a divenire oggetto di questa nuova regolazione europea (probabilmente, par di capire, in forma di un regolamento UE o di un mandato all'EPA a emanarlo con forza vincolante), sulla base di un "inevitabile" deliberato dell'Eurogruppo ovvero, (ma senza che si sia molta chiarezza su come distinguere queste fonti deliberative) di un Consiglio europeo; in queste sedi la Germania potrebbe presentarsi forte del suo apparato di controllo pre-orientativo delle maggioranze, se non proprio della unanimità degli Stati interessati (la cui capacità di resistenza risulta ormai del tutto "intimidita"), e, appunto, già col biglietto da visita della "democraticità"(...) di tale (folle) processo decisionale, garantita dal predetto voto del parlamento europeo!
Ora la domanda che si pone è naturalmente questa: le autorità di governo nazionali italiane, sono consapevoli di questa traiettoria e delle sue conseguenze?
E soprattutto, semmai lo fossero (cosa che parrebbe del tutto logica...), come intendono porvi riparo (SE, intendono farlo)?
Con una maggior integrazione €uropea e cioè cedendo ulteriore sovranità, fuori da ogni pallida giustificazione nell'art.11 Cost. (e quindi nell'art.47 Cost.), proprio ai vari €urogruppo, Consiglio europei e organismi neutrali, (da affiancare alla Commissione, per i tedeschi troppo "politicizzata"), inventati dalla Germania per applicare automaticamente le regole che essa impone per la propria esclusiva convenienza?