
1. Dunque, secondo i dati (solo previsionali) dell'aggiornamento del DEF di settembre, e in attesa della comunicazione Istat "a consuntivo" (da comunicare all'Eurostat ai fini del rispetto dei limiti all'indebitamento annuo delle p.a.), il deficit pubblico del 2015 risulterebbe attestato intorno al 2,6. Il che equivarrebbe al rispetto delle deroghe al saldo strutturale intermedio, in vista del raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio, stabilito con l'applicazione della flessibilità concessa per l'anno 2015.
Il deficit pubblico per il 2016, attualmente e prima del pronunziamento della Commissione UE, si attesterebbe al 2,4%, scontando le misure di rafforzamento del settore della sicurezza e della "cultura" (per circa 3,2 miliardi), che lo hanno innalzato dall'originario saldo di 2,2%, inizialmente programmato nell'originaria versione della legge di stabilità.
La Commissione UE ha di recente comunicato che la definitiva, e molto eventuale (Katainen dixit), approvazione delle clausole di flessibilità invocate per questo esercizio di bilancio dall'Italia, verranno definitivamente vagliate a maggio (e non, dunque, entro marzo, come in un primo tempo era stato preannunziato).
Sempre per la Commissione, la crescita italiana sarà limitata all'1,4% del PIL in luogo della precedente stima di 1,5. Proprio a causa di questa diminuita crescita il deficit, stante l'attuale quadro della manovra fiscale di stabilità, dovrebbe attestarsi al 2,5%.
2. Il deficit strutturale, quello cioè depurato da fattori inerenti alla congiuntura sfavorevole, e in particolare dal livello di disoccupazione effettivo, in quanto più alto di quello di "equilibrio", - stabilito per l'Italia, dalla Commissione stessa, nel 10,5% (!)-, si colloca invece all'1,7% per il 2016, quindi persino più alto di quello del 2015, cioè l'1%: ciò si spiega col ritorno della crescita e la fuoriuscita dalla lunga recessione iniziata alla fine del 2011 e con un certo "ufficiale" attenuarsi della disoccupazione (rispetto al 2015).
L'ultimo bollettino Bankitalia sul saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti supplemento n.6 del 2016), ci riporta che tale saldo, "nei dodici mesi terminanti a novembre 2015" (ultimo dato rilevato), e pari a 32,5 miliardi; nel 2014 lo stesso saldo era stato pari a 27,5 miliardi.
Il grafico allegato (figura 1, pag.4) ci mostra come tale saldo CA, nella prima parte dell'anno, sia stato, nonostante il deprezzamento dell'euro, praticamente a incremento nullo rispetto alla fine del 2014, registrando un miglioramento, nella seconda parte dell'anno, essenzialmente dovuto a un "rallentamento" delle importazioni, secondo l'indicazione della stessa Bankitalia.
Non solo il prezzo del petrolio spiega questa dinamica, quanto piuttosto il rallentamento delle importazioni nella seconda parte dell'anno, unito a rallentamento relativo delle esportazioni nonostante il calo dell'euro, confermano la difficoltà dell'interscambio mondiale, dovuto alla nota crisi di domanda mondiale.
3. Facendo due conti che scontano tra l'altro l'attuale nuova tendenza del dollaro a deprezzarsi (una cosa del tutto logica, ma "inaspettata" dagli operatori ancora alla fine del 2015), ipotizzare un saldo delle partite correnti intorno ai 30-32 miliardi per il 2016, rimane comunque moderatamente ottimistico. Se non "molto" ottimistico, come vedremo.
Significherebbe che la domanda globale rimarrebbe grosso modo inalterata, rispetto ai prodotti italiani (sono le "merci" la partita assolutamente trainante del saldo con l'estero italiano), nonostante un probabile più marcato apprezzamento dell'euro rispetto alle valute diverse dal dollaro (che comunque potrebbe attestarsi su valori più bassi rispetto al 2015 e non essere rafforzato da ulteriori aumenti dei tassi da parte della Fed).
4. Tutto questo, ovviamente, ipotizzando che non ci siano in Italia crisi bancarie che rendano inevitabile la doppia tosatura, cioè quella dei risparmiatori prima e, poi, comunque quella dei contribuenti, per via del "sussidiario" intervento pubblico di salvataggio successivo, e che non ci siano, soprattutto, scossoni sul fronte finanziario globale (quale che ne possa essere l'epicentro "ufficiale", riflettendosi sulla finanza USA come principale sede della debt deflation attualmente in corso).
Sintesi del discorso: saldo positivo delle partite correnti a circa 1,9 punti di PIL e consolidamento fiscale basso ("solo" di circa 0,2 di minor deficit rispetto al 2015, salvo che tale deficit risulti più elevato a seguito dela comunicazione da parte dell'Istat del mancato rispetto del tetto del 2,6 per il 2015).
5. Di conseguenza, la previsione di una crescita all'1,4 o all'1,5 potrebbe pure essere versosimile, se rimanessero invariate le condizioni attuali, cioè di fronte a un quadro dell'economia mondiale agitato se non turbolento (e cui abbiamo scelto di assoggettarsi una volta accettato che con l'euro si debba vivere essenzialmente sulla domanda estera, come pensano i padroni tedeschi del vapore).
Ma ciò vale entro un ambito di condizioni la cui verificazione (o "non" verificazione) lascia uno spazio sempre più ristretto alle previsioni anche solo "moderatamente" ottimiste".
Dunque si potrebbe crescere oltre l'1% in teoria; certo non se la Commissione ci obbliga a una correzione del saldo di deficit annuale, con la verifica di maggio; e certo non se si verifica una crisi finanziaria mondiale; e certissimamente non se si verifica una crisi bancaria italiana.
Insomma, una corsa ad ostacoli che si sta facendo sempre più difficile: sul crinale di un disastro mondiale in cui l'Italia ha il solo torto di non essere altro che un agnello sacrificale delle alchimie tedesche, escogitate per far ricadere su di noi gli effetti della loro pericolosissima situazione bancaria.
Che poi, si sa, "la guera è guera"...
Gli Usa accusano Deutsche Bank: software truccati per scambi valute
Is It Time To Panic About Deutsche Bank?
...And then there is the huge black hole that is China, and exposure to it... although others are starting to pay attention, and as New Europe wrote two weeks ago, "Major European banks... are significantly exposed to China and if there is significant deleveraging the impact will no doubt be global."
Banks such as HSBC, such as Deutsche Bank.
We bring all this up because here is what the stock price of Deutsche Bank has done since our first warning about the huge potential risks borne by Deutsche Bank, back in April 2013 - earlier today it touched on fresh post-crisis lows and down substantially since we first started warning about it: