
"La Commissione europea ha aperto la procedura per le manifestazioni di interesse per la selezione dei membri dell'European Fiscal Board, l'organismo di supporto alla governance economica per la zona euro per la valutazione delle politiche di bilancio, la cooperazione con gli organismi indipendenti nazionali che vagliano le scelte di bilancio degli stati e di fornire consigli e orientamenti su richiesta del presidente dell'esecutivo europeo".
Detto in soldoni, si tratta di un organismo che raffozerà e inasprirà l'applicazione del fiscal compact, sotto lo scudo cosmetico dell'apparente "buona intenzione" di"fornire alla Commissione una valutazione dell'attuazione del quadro di bilancio Ue, in particolare per quanto riguarda la coerenza delle decisioni e l'attuazione della sorveglianza di bilancio, i casi particolarmente gravi di inosservanza delle norme e l'adeguatezza dell'effettivo orientamento di bilancio a livello nazionale e della zona euro. Nell'ambito di tale valutazione il Comitato puo' anche formulare proposte per la futura evoluzione del quadro di bilancio dell'Unione, fornire pareri alla Commissione circa un adeguato orientamento di bilancio per il futuro per l'intera zona euro, sulla base di un'analisi economica".
2. Il core businessè dunque quello della "rigorosa" coerenza delle decisioni nell'attuazione della sorveglianza di bilancio dei singoli Stati, in particolari quelli sottoposti al fiscal compact.
Dunque, una sorveglianza più tecnica ed efficace, cioè inevitabilmente più "austera", nel modulare la sorveglianza di bilancio attuativa del fiscal compact: ciò in quanto, tutt'oggi, si accusa la Commissione di attuare tale sorveglianza, - nell'ambito del c.d. twopacks, cioè in sede di approvazione dei bilanci e delle manovre finanziarie annuali, nonché in sede dei vari monitoraggi trimestrali (o aggiustati tatticamente in un accorta serie di rinvii, negoziati sottobanco coi vari Stati PIGS)-, in modo troppo accomodante; cioè, facendosi influenzare da un'eccessiva cautela nel non forzare gli equilibri politici interni dei paesi a cui imporre l'inasprimento delle manovre di (sempre) drastico consolidamento fiscale in vista del raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale.
Considerata la natura misteriosa delle differenze di trattamento imposte ai vari €uro-membri, che viene giustificata col criterio (in astratto dettato da una complessa formula matematica, mai verificata nella sua attendibilità nel promuovere la "crescita" e mai pienamente connotata dall'ostensione di trasparenti dati statistici ed attuali, delle varie realtà economiche), dell'out-put gap derivante dal livello di rispettiva disoccupazione: quest'ultima, a sua volta, ci si dimentica costantemente di collegarla all'adozione delle precedenti misure di "riforma", cioè prioritariamente di flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro, funzionale alla deflazione salariale che ogni paese dell'eurozona dovrebbe, più o meno rapidamente, raggiungere per allinearsi alla competitività (Costo del lavoro per unità produttiva-CLUP, come ribadisce Flassbeck)) del bench-mark tedesco.
Il bench-mark tedesco, è infatti divenuto, per fatto compiuto, estremo di eccellenza della corsa alla competitività in danno degli altri euro-Stati, grazie alle riforme Hartz: a loro tempo, adottate non solo in violazione degli obblighi, gravanti sulla stessa Commissione, come sui singoli Stati, di coordinamento delle politiche economiche e del lavoro, ma anche dei limiti di bilancio al tempo vigenti; che furono allegramente sforati dai tedeschi, per finanziare il neo-welfare (hayekiano o ordoliberista, a scelta) legato ai circa 10 milioni di lavoratori super-precari (mini e midi-jobs), sotto-pagati e privati di future coperture previdenziali di minima dignità. Almeno rispetto agli standard del precedente ordinamento socio-economico comune ai paesi della Comunità europea, e, all'interno della stessa Germania, rispetto ai livelli, divenuti fortemente dualistici, degli addetti alla grande industria esportatrice, e tutt'ora tutelati dalla contrattazione collettiva sindacale tedesca.
3. Tale azione sindacale, a costo di instaurare un drammatico e irreversibile dualismo del mercato del lavoro tedesco, risultava già di per sé fortemente collaborativa col grande disegno mercantilista teutonico, per definizione anticooperativo nell'ambito di un trattato multilaterale di liberoscambio, che, invece, avrebbe dovuto giustificarsi ai sensi dell'art.11 Cost, cioè come volto alla pace e alla giustizia tra le Nazioni, in condizioni di parità.
Tali condizioni, presupposto legale-costituzionale inaggirabile, per i nostri principi inderogabili della Carta (ma anche presupposto implicito di un "giusto" diritto diritto dei trattati secondo il diritto internazionale "generale" quale codificato dalla Convenzione di Vienna e conforme all'art.55 della Carta ONU), sono alterate per definizione:
a) sia dai differenti oneri del debito pubblico tra i vari Stati, all'entrata e durante la vita della moneta unica, in relazione agli effetti macroeconomici della manovre fiscali rispettivamente rese necessarie dal criterio limitativo del deficit (fino all'estremo del pareggio di bilancio), - e quindi dall'iniziale verificarsi di gravi divergenze di out-put gap determinate, inevitabilmente, dal raggiungimento di diversi, e spesso distruttivi, livelli di saldo primario di bilancio pubblico;
b) sia dai differenziali di inflazione, originari e poi generatisi in conseguenza dell'unilaterale - e mai sanzionata- violazione tedesca delle norme teoricamente cooperative del trattato: i livelli di inflazione, per rendere minimamente funzionale (almeno inizialmente) e non portatrice di squilibri commerciali e finanziari privati, l'eurozona, avrebbero dovuto, PRIMA DELL'INTRODUZIONE DELLA MONETA UNICA, essere stabilmente collimanti, e non semplicemente divergenti entro un'amplissima forchetta del + o - 1,5%, quale prevista dai frettolosi e approssimativi criteri di convergenza verso la creazione dell'eurozona.
4. Senza dilungarsi su questi presupposti, che appaiono del tutto dimenticati dalle autorità comunitarie - come la stessa questione degli "aiuti di Stato" ai rispettivi sistemi bancari dopo la crisi del 2008, giunti a un sudden stop, come al solito, "su misura" per l'Italia-, dovrebbe essere chiaro che il nuovo organismo di tecnicizzazione della sorveglianza delle politiche di bilancio degli Stati, appare riguardare soprattutto l'Italia, il bersaglio grosso delle politiche "tecniche" di pareggio strutturale di bilancio, finalizzate dai controllori di fatto, cioè in base ai meri rapporti di forza commerciali e finanziari inevitabilmente creatisi (grazie anche alle segnalate gravi violazioni dei trattati sopra riassunte), alla eliminazione del principale concorrente, manifatturiero ed esportatore, della stessa Germania sul mercato interno dell'eurozona.
I rapporti di forza, così determinatisi a favore della Germania, fanno "andare in prescrizione" ogni violazione precedente dei trattati posta in essere dalla stessa Germania, e rendono, sempre di fatto, lecita la costante perpetuazione del mega-surplus della partite correnti tedesche.
Questi squilibri risultano esiziali per la sostenibilità della moneta unica, ma nessuna istituzione UEM si azzarderebbe mai a sanzionarli come dovrebbe in base alle (molto blande e del tutto inadeguate, e non a caso) disposizioni vigenti e, infine, in base alle sempre più evidenti dinamiche proprie dei trattati liberoscambisti multilaterali, fanno risaltare come il Fiscal Board null'altro sarà che un organismo di (più) intransigente applicazione del "rigore dei conti" nei confronti essenzialmente dell'Italia. Dunque, servente l'obiettivo finale tedesco di destrutturazione industriale (e bancaria) italiana, fino all'esito della sostanziale colonizzazione, col passaggio in mani estere del controllo del sistema sia bancario che industriale nazionale.
5. Per concludere l'analisi di questo fosco scenario, che sempre più incombe sull'Italia, sottolineiamo la "curiosa" concezione dell'indipendenza e dello "Stato di diritto" che contraddistingue l'UEM in genere e, in particolare, il sistema di istituzione e reclutamento dei componenti del Board.
Questo dovrebbe essere "indipendente", ma l'indipendenza in senso organizzativo e istituzionale, è neutralità rispetto all'indirizzo politico della parte più forte delle istituzioni di governo della realtà sociale considerata (nel caso l'intera popolazione dell'eurozona).
Dunque, l'indipendenza è indipendenza dai rapporti di forza che privilegiano la visione dell'Esecutivo: questo, nel caso dell'UEM, è ora inevitabilmente sotto il controllo della Germania, e per di più, completamente privo persino della legittimazione elettorale, (di tale "esecutivo") di cui, a maggior ragione, si dovrebbe evitare la visione necessariamente di parte.
Evitando, quindi, di ampliare la logica dei bruti rapporti di forza che, come abbiamo tante volte evidenziato, governano la vita dei trattati economici (inevitabilmente neo-liberisti, cioè tesi a destrutturare ogni azione solidaristica degli Stati).
L'indipendenza, per essere quindi tale, implica una necessaria "insulation" dalla linea dell'Esecutivo, che, in UEM, per quanto riguarda le competenze attribuite dai trattati in materia di sorveglianza di bilancio, spettano alla Commissione.
Dunque, il Board dovrebbe essere garantito nella sua indipendenza mediante insulation dalla stessa Commissione, in modo da rendere (tecnicamente) neutrali, rispetto agli interessi incumbent che essa si trova di fatto e inevitabilmente a perseguire (quelli tedeschi, detto in soldoni), i pareri che dovrebbe rendere alla Commissione e la guida che dovrebbe esercitare rispetto agli indirizzi fiscali dei singoli Stati.
5.1. Invece:
- la procedura è unilateralmente indetta proprio dalla Commissione europea, alla stregua di un qualsiasi reclutamento di propri funzionari;
- l'indipendenza è dichiaratamente connotata in partenza come "controbilanciamento" della eccessiva flessibilità della Commissione stessa, predeterminandosi non una neutralità, neppure tecnica, dell'organismo, sebbene una sua forte discrezionalità fortemente preorientata ad un più intenso rigore fiscale;
- la nomina che segue alla procedura indetta dalla Commissione (cioè il potere in senso lato politico da cui il Board dovrebbe essere "insulated")è effettuata dalla stessa Commissione;
- la procedura selettiva si limita alla fissazione di genericissimi e quasi del tutto arbitrari requisiti di nominabilità, apprezzati in totale discrezionalità dallo stesso esecutivo-Commissione. Infatti: per farne parte occorre avere almeno 15 anni di esperienza post-laurea, ci cui almeno 10 in ambiti pertinenti alla politica macroeconomica;
- lungi dal tentare, anche solo formalmente, di compiere la verifica, in senso meritocratico, imparziale ed oggettivato, di tali vaghi requisiti, - come ad esempio attraverso la valutazione di eventuali prove scritte e dell'attività scientifica e professionale dei candidati, in base a criteri e oggetti dettagliati e rigorosamente predeterminati già al momento dell'invito a proporre le varie "manifestazioni" di interesse-, ci si limiterà a un semplice colloquio da parte dei responsaibili della stessa Commissione: quanto di più corrispondente ad una sostanziale fiduciarietà con l'indirizzo discrezionale apertamente predeterminato (più austerità) della Commissione, e dunque, quanto di più contrario alla insulation e alla indipendenza correttamente intese.
Risultato pratico: il Board sarà un braccio armato della Commissione, e delle forze di fatto tedesche che ne dominano ogni policy.
In tal modo, risulterà inevitabilmente servente della cosmesi di far apparire "tecnico e neutrale" ciò che è invece un inasprimento dell'enforcement del fiscal compact che la Commissione stessa non riesce a svolgere in prima persona: per non far saltare l'eurozona sul piano politico, deresponsabilizzandosi in nome del tecnicismo di una discrezionalità...molto politica, e molto poco cooperativa, che inasprirà i caratteri asimmetrici dell'eurozona e la totale assenza di democraticità della sua folle gestione ordoliberista.