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1. Oggi ci si lamenta che il Brexit potrebbe vincere: un segnale che, come abbiamo visto, risulterebbe ambiguo ma, nondimeno, importante a fronte di una perdita verticale di credibilità dell'UE "credibile".
Tracce di consapevolezza della vera posta in gioco, in UK, non mancano, va detto:
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Non va sottaciuto, però, cheil segnale del Brexit - comunque vada- rimane importante, perché, in qualche misura, avrebbe anche, almeno per noi italiani, un significato di rigetto del "fate presto" (anche se in gran parte poco cosciente e a forti connotazioni "immigrazioniste, non lucidamente connesse col mercato del lavoro). Un vizio, questo, che non è congiunturale, in UE, ma strutturale, intrinseco all'unico obiettivo di conservare in vita la moneta unica.
Il "fate presto", infatti, in realtà non comincia nel 2011, tra lettere estive, ondate di "manovre" e governi tecnici che dovevano diminuire lo spread e "risanare" l'economia attraverso il raggiungimento del pareggio di bilancio e la pretesa corrispondente diminuzione del rapporto debito/PIL. (Sul punto consiglio la rilettura del post TREMONTI AL "NETTO" DI MONTI: L'INUTILITA' CONTABILE DEL "PIU'€UROPA" E LA CURVA DI PHILIPS IMPLICITA).
Naturalmente c'è anche chi sostiene che l'austerità non abbia provocato la crisi in Europa, dopo il 2011, semplicemente perché non è stata realmente applicata e non si è strutturalmente ridotto il "perimetro dello Stato": insomma, non si è tagliata la spesa pubblica abbastanza.
Tuttavia, Stiglitz che fa "previsioni" esatte già nel 2008, confermate dalla più recente "vague" paperistica del FMI, risulta più attendibile di un esasperato schematismo controfattuale.
2. Andando a rivedere le notizie giornalistico-europeiste del recente passato, ci si accorge che il pareggio di bilancio, e la sua prodigiosa efficacia risanante, erano già ben posti come obiettivi ben prima della ratifica del fiscal compact e del suo recepimento (persino anteriore a tale ratifica!) con la modifica costituzionale dell'art.81 (e non solo).
Siamo ai tempi dell'ultimo governo Prodi e la crisi finanziaria c.d. dei sub-prime, negli USA, stava già dispiegando i suoi pesanti effetti: ma l'Italia, nel corso del 2007, non ne era stata ancora contagiata, dato che il nostro sistema bancario non era coinvolto in modo rilevante nell'investimento in tali titoli.
A differenza della Germania, della Francia e del Regno Unito (o dell'Irlanda). Che, infatti, proprio a partire dalla fine del 2007, senza alcuna preoccupazione per il raggiungimento del pareggio di bilancio, o come per la Germania, del suo abbandono, - e meno che mai curandosi degli obiettivi intermedi di pareggio strutturale o di contrazione annuale dell'indebitamento pubblico di almeno lo 0,5%-, aumentarono i rispettivi deficit e rapporti debito su PIL.
3. Notare che l'Italia ha costantemente fatto "meglio" della Francia, e non solo, anche nei momenti più drammatici della crisi, seguiti alla contrazione della domanda mondiale, cioè verificatasi come ondata lunga della crisi finanziaria e dello shock del fallimento Lemhan nel settembre 2008 (momento che innescò la parte più acuta della recessione mondiale). Fin dall'inizio della supposta (in molti sensi) "crisi del debito sovrano", l'Italia, rispetto alla Francia, alla Spagna, o alla mitica Irlanda, o ad altri maggiori paesi UE, ha sempre giocato "un'altra partita":
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4. L'Italia rimane sempre costantemente più virtuosa, tant'è che l'aumento del debito pubblico italiano, entro il 2011, fu tra i più moderati dell'eurozona (anzi, il più moderato, considerate le "particolari" condizioni di collocamento, e di onere degli interessi, relative al debito tedesco):
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Ma poi arriva la cura Monti e il pareggio di bilancio in Costituzione e la "prodigiosa e inevitabile" cura determina questo effetto:
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Sia chiaro, però, l'Italia, anche dopo di ciò, rimane sempre tra i paesi più virtuosi dell'UE(M), nonostante i "fate presto!" e l'ital-grancassa mediatica e gli espertologi orwelliani in collegamento continuo (dallo spazio: tralasciate i dati relativi ai deficit "previsionali" stimati nel 2014, perché le cose sono andate, e andranno, molto peggio):
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5. Ma nel febbraio 2008, quindi, ripetiamo, ben prima dell'accordo intergovernativo (considerato pienamente legittimo e vincolante, alla luce dei trattati, dalla "solita" CGUE) del fiscal compact, il linguaggio e i concetti di politica economico-fiscale che si andavano affermando erano questi, senza alcun dubbio e analisi critica circa la loro efficacia e praticabilità, per di più già all'interno di una fase congiunturale mondiale che si preannunciava globalmente recessiva!
Sono andato così a ripescare come riportasse la grande idea del pareggio di bilancio La Repubblica, nel febbraio 2008.
Noterete, dall'articolo sottoriprodotto, come Almunia "sospettasse" che non solo l'Italia, evidentemente, potesse registrare una più debole crescita economica a causa della prevedibile crisi proveniente dall'altra sponda dell'Atlantico, dove veniva curata con deficit pubblici anche fino al 12% in quei medesimi anni: comunque, non certo in pareggio di bilancio: e, nonostante, ciò, per lui e per tutta l'€uroburocrazia la cura "unica" rimaneva il pareggio di bilancio.
6. Vi riporto l'articolo senza aggiungere lunghi commenti: trattamento speciale della Francia incluso, incassato senza battere ciglio, nonché dichiarazione di "invalicabilità" del pareggio al 2011 rilasciata da Padoa-Schioppa con disarmante serenità sul quadro macroeconomico mondiale. (Da notare, in contrappunto,la radicale diversità di posizione che esprime oggi Padoan sulla sostenibilità delle regole del fiscal compact):
"Ecofin, sì al piano di stabilitàAlmunia "Conti 2008 a rischio"
Per Almunia il nostro Paese è ancora lontano dal raggiungimento del pareggio del bilancio. Padoa -Schioppa: "Il 2011 è una data invalicabile"
(12 febbraio 2008)
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Via libera dall'Ecofin al programma di stabilità 2007-2011 aggiornato dell'italia che fissa la strategia di finanza pubblica. L'Ecofin raccomanda all'Italia di rafforzare la Finanziaria 2008 perché, visto l'alto debito, visti i rischi legati all'attuazione delle misure di bilancio e quelli legati alla crescita economica più debole del previsto, possa realizzare gli obiettivi che si è posta. Riforma delle pensioni e garanzia della riduzione del debito pubblico sono, inoltre, per l'Ecofin due priorità sulle quali l'Italia deve puntare il più velocemente possibile. Vale l'obbiettivo generale di un pareggio di bilancio nel 2010, ma anche per l'Italia varrà il principio inaugurato per la Francia secondo il quale si valuterà ex post, nel caso in cui nel 2010 il bilancio non si trovasse al pareggio, se si sono verificate e in quale misura condizioni cicliche sfavorevoli. Dunque, per l'Italia il pareggio di bilancio nel 2011 è invalicabile, ha detto il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. "La fissazione per il 2010 è stato un momento importante che ha rafforzato l'attenzione sul braccio preventivo del Patto di stabilità", ha spiegato il ministro ricordando che a Berlino "c'era stato un consenso su questa accelerazione".
"Mi rendo conto - ha sottolineato - che l'aver detto in quella occasione che non me la sentivo di sottoscriverlo è stato più importante di quanto pensassi allora. Questo significa -ha concluso - che per noi il 2011 è assolutamente invalicabile".
Ma l'Italia ha ancora una lunga strada da fare per raggiungere il pareggio di bilancio e per quest'anno la correzione dello 0,2 per cento del Pil prevista dal Governo è a rischio. Lo ha detto il commissario Ue agli Affari economici Joaquin Almunia al termine della riunione Ecofin. "L'Italia, insieme alla Francia, è ancora lontana dal raggiungere il suo obiettivo di medio termine, quello del pareggio di bilancio", ha detto Almunia, "e l'aggiustamento dei conti nel 2008 è lento e sottoposto a rischi". L'Ecofin ha dato il via libera anche ai programmi di Francia e Germania.
L'accordo con la Franciaè che la scadenza del 2010 è subordinata, appunto, alla valutazione delle condizioni cicliche".