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COLONIZZAZIONE MEDIATICA "SENZA FRONTIERE": I "PUNTI DI USURA" TRA LOI TRAVAIL E BREXIT

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1. L'ermeneutica, cioè la teoria generale delle regole interpretative, che abbiamo già incontrato parlando di Gadamer e della pre-comprensione dei banchieri centrali, è il principale sviluppo cognitivo della fenomenologia (nelle sue correlazioni con l'intenzionalità del "conoscere").
La disponibilità di adeguati strumenti ermeneutici ci consente di arrivare alla sospensione del giudizio, neutralizzando così (per quanto possibile) un complesso di condizionamenti esogeni che ci "vincolano" (si tratta di una forma psicologica di "vincolo esterno"), a anticipare il significato di ogni fenomeno che ci si presenta nel flusso del tempo; cioè, inducendoci appunto a esprimere giudizi precostituibili in base a un pensiero "eteronomo" (cioè obbligato inconsciamente da fattori esterni alla nostra capacità intuitiva, e logico-critica, di diretta comprensione della realtà).

2. Vorrei perciò fare un sunto di alcuni strumenti interpretativi che abbiamo focalizzato nel corso degli ultimi mesi, in quanto resi rilevanti dallo svolgersi degli eventi recenti più attuali.
Il primo riguarda il concetto ufficiale di "libertà" di stampa e le relative classifiche: introduco l'argomento per primo in quanto è logicamente preliminare a quelli che andremo poi a collegarvi.
Ho parlato di "ufficialità" perché, appunto, - invece della induzione a condividere un processo ermeneutico, mostrandone passaggi logici e presupposti verificabili e, possibilmente, obiettivi, la "verità"- la libertà di stampa viene accreditata, ovviamente attraverso un accurato riverbero mediatico, con la mera suggestione di un simbolo, il cui contenuto (una graduazione che determina una certa gerarchia di "valore", nel caso relativa a "libertà" e "informazione") diviene noto solo a posteriori, come prodotto finale: appunto la "classifica". 
L'accreditamento della classifica, dunque, agisce attraverso la "certificazione", dello stesso sistema mediatico e delle "istituzioni", relativa al mero prodotto finale e non al processo che conduce ad esso. L'autenticazione di quest'ultimo è in fondo il vero obiettivo implicito (il "messaggio") dell'attestazione totemico-simbolica della "classifica": un prodotto finale inconstestabile include, in automatico, l'accettazione della indubitabilità del processo, dei suoi criteri e dei suoi contenuti valutativi. 

3. Il metodo, secondo modalità già esaminate, è dunque quello di proporre un simbolo e di consolidarne per implicito l'intero procedimento e i presupposti valoriali e contenutistici che conducono alla sua "ostensione":
"Come abbiamo visto, questo fenomeno è "agganciato alle grottesche classifiche sulla "libertà di stampa", stilate dalle consuete organizzazioni non governative, no-profit e "senza frontiere", cioè dichiaratamente internazionaliste, anzi eloquentemente premiate per questo dall'UE. Si tratta, manco a dirlo, di organizzazioni no-profit (e dunque finanziate da "privati benefattori", qualificati come imparziali e disinteressati al risultato), e sempre alla ricerca di un modello one-fits-for-all, la cui diffusione porta alla sempre inevitabile conclusione: "sentiti in colpa e vergognati", ma per ragioni, di "disfunzione" dei meccanismi dell'informazione, che non sono esattamente (tutte) quelle che razionalmente si potrebbero individuare."

4. Qualche specificazione ulteriore può risultare utile
"Reporter senza frontiere", al di là di ogni altra legittima considerazione per contestualizzarne gli scopi e l'attendibilità, ha un sistema di valutazione che abbraccia alcuni eclatanti aspetti della (mancanza di) libertà di stampa, ma sceglie di trascurarne completamente altri, e, in realtà i più insidiosi.  
Persino Wikipedia se ne accorge; naturalmente, non il Parlamento europeo, che premia la ONG perché si dedica alla "difesa dei diritti umani e delle libertà individuali".
E come li difende questi diritti "umani" e queste "libertà INDIVIDUALI"? 
Appunto Wiki (linkato), ce lo racconta: "riporta il numero di giornalisti, loro collaboratori, cyberdissidenti uccisi o imprigionati nell'anno corrente, con il dettaglio per Paese (leggi: Stato) e con la lista completa dei nomi". Uccisi e imprigionati; ma da chi? Da parte degli Stati-canaglia e, in ogni modo, "illiberali". 
E fin qui non ci sarebbe nulla di sbagliato.

5. Ma la cosa si rivela piuttosto ossessiva, in quanto ogni anno viene pubblicato, tra l'altro, "l'elenco dei paesi (cioè, Stati) che limitano l'accesso on-line e minacciano i cittadini della rete". 
"Il rapporto contiene anche "l'elenco dei paesi (leggi: Stati) che sono stati posti “sotto sorveglianza” dalla Organizzazione per aver manifestato atteggiamenti minacciosi nei confronti di Internet", nonché "l'elenco dei funzionari statali, esponenti religiosi, milizie e organizzazioni criminali che attaccano direttamente i giornalisti e per i quali la libera stampa è un nemico privilegiato" (si deve supporre religioni, "di Stato"...illiberale, milizie e organizzazioni criminali che risultino tollerate, o complici, degli Stati...illiberali).
Insomma, persino Wiki ci avverte:
"Uno degli obiettivi dichiarati da RSF è l'invio di lettere di protesta alle autorità per invitarle a fare pressione su governi che non rispettano il diritto a informare e ad essere informati". Reporter senza frontiere sostiene anche che "la libertà di espressione e di informazione sarà sempre la libertà più importante al mondo. [...] La libertà di informazione è il fondamento di ogni democrazia".
Queste dichiarazioni, insieme ai numerosi riferimenti politici presenti nel sito, rivelerebbero la presenza di una finalità politica da parte di RSF coerente con la definizione di propaganda. Esempi della propaganda svolta da RSF sul proprio sito includono l'uso di espressioni retoriche (autorità che limitano la "libertà di parola" sono definite "nemici" e "predatori") e di termini derogatori o offensivi, come la sigla "ex-URSS" usata per definire i paesi post-sovietici. Questo si unisce anche a un uso piuttosto disinvolto di fotografie esplicite o disturbanti. Tra gli altri esempi, una sezione intitolata "Predatori della libertà di informazione", che consiste in una galleria di foto di vari capi di stato con pose o espressioni autoritarie o aggressive, ha ulteriormente messo in dubbio l'imparzialità politica di RSF.
Reporter senza frontiere è attualmente monitorato da SourceWatch, una pubblicazione del Centro per i Media e la Democrazia (CMD)".

6. Siamo di fronte, dunque, a una ONG che, (auto)legittimatasi su un piano SOVRAnazionale, assume una posizione superiore agli Stati per (s)valutarli secondo un parametro "universale", quindi mondialista, che si è prima auto-prescelto (gli Stati sono violenti e oppressivi e limitano la libertà di stampa, evindentemente, per nascondere la propria corruzione e i privilegi illegali delle gerarchie statali al potere). 
Il monitoraggio su una tale neo-autorità, liberale naturalmente, mondialista, come vedete, è affidato a un'altra ONG mondialista: il "Center for Media and Democracy" che pure ha un ben più sostanzioso e arduo obiettivo, sul piano della trasparenza dei media "a liberal organization that tracks the use of public relations by corporations and politicians...CMD describes itself as a "non-profit investigative reporting group" with a "focus on exposing corporate spin and government propaganda".

Comunque sia, dalla "classifica"-totem del cattivismo degli Stati-corrotti, mal visto dalla ONG "senza frontiere", esula ogni finalità di analizzare problemi di "libertà" di stampa derivanti dal condizionamento dei poteri economici e del conflitto di interessi che si può instaurare tra il contenuto dell'informazione, il ruolo e la posizione dei giornalisti, e la "convenienza" politico-economica dei controllori finanziari e gestionali delle imprese del settore. 

7. Questo specifico profilo avevamo affrontato in varie occasioni e così riassunto:
"In questo altro post, sempre Sofia, parlando del fenomeno di controllo mediatico monopolistico-oligopolistico- ma, nella sfera dei valori condivisi in apice, UN CARTELLO- ci aveva radiografato lo stato delle cose dell'informazione di ogni tipo, compresa quella prevalente sul web:
"Il sistema, è ormai cosa nota, gestisce l’informazione ma anche, in modi indiretti e spesso occultati, la stessa contro-informazione: per cui, il prodotto che giunge al cittadino medio è la disinformazione, cioè la famosa “verità ufficiale”, più efficacemente divulgata se contenente, al suo interno, un'apparente dialettica di versioni "opposte", provenienti però dalla stessa indistinta "fonte di divulgazione".
Alla lunga, questo perverso meccanismo, produce anemia intellettuale, passività e pigrizia inconscia.
La maggioranza dei cittadini finisce per perdere così quella capacità di analisi critica nel leggere le notizie e, quindi, farsi un’opinione personale dei fatti e degli eventi di cui viene a conoscenza.
Lo scopo del sistema al potere è quello di impedire l’accesso dei cittadini alle notizie oggettive e, al loro posto, offrire un complesso sistema informativo apparentemente pluralista ma sostanzialmente monolitico. L’informazione per il consumo di massa dirige tutto il sistema e le fonti di notizie “ufficiali” sono vitali all’interno di questo processo informativo globale.
In questo contesto, la stessa libertà di informazione è in serio pericolo anche perché i media a larga a diffusione appartengono a pochi grandi gruppi di imprese, che tentano di mantenere ed estendere il controllo su gran parte delle fonti ufficiali di informazione.
La posizione politico-economica di questi stessi gruppi dipende, a sua volta, sempre più, da contenuti prestabiliti e notizie preconfezionate (conflitto di interesse).
Si crea così un rapporto simbiotico tra chi diffonde le notizie e chi le fornisce. Gli oligarchi al potere ricercano a tutti i costi il consenso e lo fanno anche attraverso l’eliminazione delle voci libere e il consolidamento della proprietà dell’informazione nelle mani di pochi gruppi dominanti.

Il luogo comune che ha sempre accompagnato la nascita e la diffusione di Internet come canale di diffusione e propagazione dell’informazione è la sua intrinseca capacità di garantire una maggiore libertà di espressione. Web, blog, twitter, i contenuti viaggiano senza che nessuno possa realmente impedire che le voci vengano censurate.
Ma la verità è che Internet diventa un grande normalizzatore di stili di vita ed è il più grande strumento per colonizzare il pensiero di una moltitudine di persone che risiedono nei luoghi più diversi del pianeta.
Internet diviene infatti il "luogo" di legittimazione di una nuova "ufficialità", solo in apparenza estranea ai sistemi di formazione del dato-notizia propri dei media tradizionali
In ogni momento di discontinuità tecnologica che ha accompagnato l’evoluzione dei media si è sempre determinato un ordine di potere economico più ampio del precedente.
I padroni dell’industria mediatica sono oggi dei colossi che un tempo nessuno immaginava potessero esistere. Se da una parte i costi di accesso a internet rendono possibile a singoli e piccoli gruppi di portare la propria voce sulla rete è altresì vero che i capitali che possono garantire l’esercizio di un vero impero mediatico sono alla portata di pochissimi gruppi i quali tendono ad avere interessi plurimi in quella che è oggi diventata la comunicazione convergente video-dati-voce, declinata attraverso il controllo di più media, Internet-TV-Giornali
." 


8. In sostanza, l'atteggiamento ermeneutico verso la fenomenologia dell'informazione, nel suo aspetto di proiezione e di inevitabile strumento dei poteri economici, dovrebbe, razionalmente, essere consapevole che non si può basare ogni giudizio solo sul pericolo costituito dagli Stati e dai suoi funzionari (corrotti): il fatturato e la valenza economica dell'informazione propagandistica delle dittature è sicuramente ben poca cosa in confronto con la potenza di condizionamento di chi dispone di risorse finanziarie e mezzi tecnologici nel mondo oligarchico governato dai "mercati"
E mentre l'informazione e la repressione brutale dei regimi dittatoriali, o autoritari (dal cui novero, curiosamente, vengono esclusi quelli governati dai "liberi mercati"), viene vista con totale diffidenza e intimo disprezzo dai cittadini che le subiscono (vanificandone gran parte dell'efficacia in termini di condizionamento non dettato dalla paura fisica), l'efficacia di predeterminazione dell'opinione di massa da parte del sistema "libero-mercatista" - ma strutturalmente oligopolista e portato ad una "sorprendente" omogeneità (globalista) circa il "consenso" da produrre-, è altissima e impregiudicata: cioè, quantomeno, non oggetto di altrettante attenzioni dotate di "ufficialità" da parte delle istituzioni sovranazionali di presunto "controllo" (no-profit...).

9. Chiarito questo primo approccio ermeneutico, possiamo rammentare un secondo meccanismo, strettamente connesso: quello che abbiamo definito "paradosso €uropeo" ma che può essere esteso a tutto il mondo governato dall'ordine internazionale dei mercati. 
Sintetizziamo in estremo questo paradosso che ci dà la misura di come funzioni il potere "di colonizzare le menti di moltitudini di persone che risiedono nei luoghi più disparati del pianeta":
- il sistema si fonda sulla cooperazione identificativa degli oppressi con gli oppressori...L'induzione da parte degli oppressori della proiezione identificativa, sfrutta proprio le variazioni di condizione dei soggetti oppressi; il tempo che occorre al compimento del processo viene utilizzato, dagli oppressori, per attribuire la colpa del peggioramento allo Stato
- E qui veniamo a come le premesse vengano (abilmente) rese accettabili. Si tratta in definitiva di nascondere, e censurare sistematicamente la più importante fra esse: il sistema, infatti, presuppone che gli oppressi che cooperano siano, in partenza, in condizioni di benessere relativo alla propria sfera economica e sociale. Altrimenti, l'identificazione di cui al precedente "punto" non può (non avrebbe potuto) verificarsi. Ma tale condizione di benessere socio-economico è dovuta alla precedente azione dello Stato democratico;
ergo, il sistema può funzionare proprio e soltanto sul presupposto che il benessere diffuso sia stato in precedenza raggiunto grazie all'azione dello Stato (democratico e keynesiano): tutto ciò ha il fine (dissimulato) di distruggere lo Stato costituzionale democratico medesimo, in quanto strumentalmente colpevolizzato (fine enunciato e accettabile) della sopravvenuta impossibilità di far concidere le proprie qualità e i propri interessi con quelli degli oppressori appartenenti all'oligarchia.

10. Dunque, siamo di fronte a due fenomenologie, - la classifica della libertà di stampa e il paradosso delle cooperazione degli oppressi al disegno oligarchico dei "mercati"-, accomunati dalla condivisione della negativizzazione del ruolo degli Stati e, in definitiva, della sovranità democratica, proprio in quanto fatta coincidere, mediante opportune strategie mediatiche, con quella di qualunque Stato nazionale, anche, e specialmente, "dittatoriale" e oppressivo.
Ma a questo punto, possiamo notare come esistano dei"punti di usura"di questo efficientissimo sistema di potere, esercitato dal mondialismo dei mercati mediante la predeterminazione dell'opinione di massa, giunta alivelli perfettamente analoghi a quelli previsti da Orwell.
Soccorre su questo punto un recente commento di quelli di Bazaar. Quello che di esso ci interessa di più, al riguardo, non è tanto lo "sviamento" del ruolo degli intellettuali "di sinistra" e, quindi, la vexata quaestio dell'attualità di una distinzione destra-sinistra, se osserviamo la questione all'interno degli ordinamenti statuali a economia aperta, liberoscambista, privatizzatrice e che chiama "libertà economica" il ripristino, globalizzato, del mercato del lavoro-merce: di questo abbiamo recentemente parlato proponendo la conclusione che la "destra"è propriamente identificabile proprio in chi propugni quell'insieme "ideologico", ben prima che scientifico, di politiche che, con costanza nelle varie epoche, vogliono instaurare quegli elementi strutturali di tipo economico
  
11. Quello che interessa,nel commento di Bazaar (a sua volta linkato a un'analisi di marxisti ortodossi francesi),è nell'ottica dei "punti di usura" del sistema di controllo mediatico-oligarchico:
«Bernard-Henri Lévy, André Glucksman, Alain Krivine, Bernard Kouchner, Daniel Bensaïd, Henri Weber, Pierre Lambert. Tiennoch Grumbach, Marc Kravetz e molti altri divennero i sostenitori più fanatici del capitalismo e dell’imperialismo degli Stati Uniti. 
Con De Gaulle scomparso, l’embargo sulle armi ad Israele, imposto nel 1967, venne prontamente sollevato dal presidente Pompidou e nel 1973 fu approvata la legge Rothschild che privava lo Stato francese del diritto di stampare moneta. Il risultato fu il crollo dello standard di vita e l’esplosione del debito nazionale, con 1400 miliardi di euro solo sugli interessi da pagare, soprattutto, a banchieri privati stranieri.
L’ibridismo della rivolta del 1968 è una lezione attuale
Mentre i lavoratori francesi intraprendono azioni concrete, occupando raffinerie di petrolio, centrali nucleari e fermando i mezzi pubblici, il regime di Hollande affronta la prospettiva di una rivolta popolare incontrollabile. Non sorprende quindi che gli oligarchi responsabili della primavera araba assolutamente reazionaria e controrivoluzionaria promuovano ‘nuit debout’. L’élite dominante ha capito da tempo come manipolare la piccola borghesia, che Lenin descrisse come classe oscillante, utilizzata nel mondo dal capitalismo finanziario come un ariete contro ciò che resta dello stato sociale. 
Gli intellettuali di sinistra di ‘Nuit debout’ cercano di controllare il movimento dei lavoratori. A ciò si deve resistere con pugno di ferro! 
Alcun slogan è più specioso di ‘repubbliche sociali’ e ‘un altro mondo è possibile!’ E’ tempo per i lavoratori francesi di controllare le aziende pubbliche e private. 
Il movimento operaio deve capire la connessione tra fasulla guerra al terrore, guerre infinite e oppressione di classe. Gli attentati terroristici che richiedono più militarizzazione e sospensione delle libertà civili saranno utilizzati dallo Stato per schiacciare la solidarietà di classe dei lavoratori, incitando al razzismo e alla xenofobia. 
L’emigrazione coercitiva ingegnerizzata, con cui gli oligarchi come George Soros finanziano la sostituzione dei lavoratori europei con i migranti, sarà usata anche per schiacciare l’unità della classe operaia. Pertanto, la prima tappa dell’emancipazione sociale richiede l’affermazione della sovranità nazionale,la fine degli slogan dell’ultra-sinistra infantile su ‘senza confini’, che ha sempre significato ‘capitalismo senza frontiere’. Se questo movimento è guidato dai lavoratori, allora la rivoluzione nazionale può diventare socialista, diffondendosi in Europa e nel mondo.» 

11.1. E il cerchio della validazione mediatica del nuovo ordine mondiale dei mercati e del paradosso della cooperazione degli oppressi con gli oppressori si chiude. Ci voleva un'analisi marxista della struttura (fenomenologica e decontestualizzata dalla precomprensione orwelliana del pensiero indotto daESSI)
A volerlo capire.
Diffidiamo quindi di qualunque sigla che si definisca "senza frontiere": è sempre in gioco una minaccia alla democrazia possibile degli Stati costituzionali sovrani.
La qual cosa, abbiamo visto, compone anche (p.1), in parte, la spinta alla Brexit. Speriamo si rafforzi:



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