
"Lo scontro, ripetiamo, è avvenuto in aperta campagna ed è giustificabile soltanto con la mancata accensione del segnale di blocco in una delle due stazioni da cui provenivano i treni.
Le prime ricostruzioni “aziendali” parlano – come sempre di “errore umano”, tacendo vergognosamente delle ragioni per cui un errore umano puà prodursi in determinate condizioni.
Parliamo infatti di un sistema di trasporto su rotaia, dunque con percorso obbligato, su cui possono essere installate tecnologie e sensori a costi ormai bassissimi. Ma non lo si fa, per “risparmiare” sui costi.
Le prime ricostruzioni “aziendali” parlano – come sempre di “errore umano”, tacendo vergognosamente delle ragioni per cui un errore umano puà prodursi in determinate condizioni.
Parliamo infatti di un sistema di trasporto su rotaia, dunque con percorso obbligato, su cui possono essere installate tecnologie e sensori a costi ormai bassissimi. Ma non lo si fa, per “risparmiare” sui costi.
Al contrario, da oltre venti anni Fs (già sotto la gestione “privatizzante” di Mauro Moretti, ex segretario della Filt Cgil, traslocato quasi in una notte da quella carica a quella di amministratore delegato della Rete Ferroviaria Italiana, poi asceso alla carica di amministratore delegato di Fs e ora nello stesso ruolo in Finmeccanica-Leonardo) l’azienda ha imposto il ritorno all’”agente unico”, ovvero a un solo macchinista per treno, con il solo ausilio dell’”uomo morto”, un vecchio meccanismo a pedale che costringe il macchinista a distribuire la sua concentrazione tra la guida del treno e il pedale da premere ogni tot secondi.
In queste condizioni di lavoro “l’errore” diventa statisticamente inevitabile. Basta moltiplicare le ore di guida di “macchinisti soli”, contrattualmente fissate ma con straordinario obbligato, per il numero di tratte a binario altrettanto unico.
Ci si aggiunga una giornata torrida, a oltre 40 gradi all’ombra, è si vedrà che queste probabilità crescono esponenzialmente. Quando basterebbero pochi sensori per bloccare automaticamente la marcia dei treni molto prima di ogni possibile impatto.
Ma la stessa logica è stata applicata alla sanità, quindi al sistema dei pronto soccorso e dei dervizi di autoambulanza, quasi completamente privatizzato. Qui la politica dei tagli alla spesa pubblica ha rarefatto i punti di assistenza sanitaria, il personale disponibile per i soccorsi e contemporaneamente allungato i percorsi che le autoambulanze – in numero minore – debbono coprire".
2. Possiamo fare un primo commento ricorrendo alla più volte citata analisi di Florio, in un passaggio che si attaglia alla situazione accennata nella "descrizione a caldo", con gli opportuni adattamenti alla situazione delle forme societarie di gestione privatizzata (in concessione) di servizi pubblici non particolarmente lucrativi (tipici quelli di trasporto locale):
"Mi sono convinto, soprattutto studiando il caso Telecom Italia (in I ritorni paralleli di Telecom Italia), che la vera origine delle privatizzazioni non sia il liberismo, anche se ovviamente i miti della libera concorrenza hanno avuto un peso nella retorica, ma uno scambio fra rendite politiche e finanziarie.
La tesi che ho sostenuto (in Le privatizzazioni come mito riformista) è che in particolare la sinistra, oltre più ovviamente la destra, abbia cercato di accreditarsi presso i gestori della finanza offrendo loro in pasto delle attività perfette per montarvi operazioni speculative, garantite dalla dinamica nel tempo dei flussi di cassa. Il caso delle autostrade è in questo senso emblematico. Il rischio imprenditoriale è nullo, la rendita garantita, gli investimenti attuati minimi e neppure rispettati, le tariffe aumentano con e più dell’inflazione, il contribuente continua a farsi carico della spesa per la rete in aree meno ricche e più a rischio (vedi autostrada Salerno-Reggio Calabria e grande viabilità interregionale), mentre un ambiente imprenditoriale come quello dei Benetton e altri sono diventati dei concessionari, con tutto quello che questo implica di rapporti con la politica.
In tutti i settori privatizzati le spese di ricerca e sviluppo sono diminuite, indebolendo il potenziale tecnologico".
3. E sempre rammentando che la pubblicizzazione proprio delle ferrovie fu dovuta alla dilagante disfunzionalità della gestione privata:
Il XX secolo iniziava con una situazione precaria del sistema "privatistico" delle ferrovie italiane; la carenza di investimenti da un lato e la scarsa remuneratività di molti settori dell'esercizio dall'altro aveva spinto le società ad un sempre maggiore sfruttamento dei lavoratori il cui impegno travalicava spesso ogni ragionevole limite.
Sempre più accese manifestazioni sindacali spinsero molti settori dell'opinione pubblica e della politica a chiedere la rescissione delle "Convenzioni".
Alla fine del 1898 era stata istituita una "Commissione parlamentare di studio per il riordino delle strade ferrate" le cui conclusioni concordavano sull'ovvia constatazione che per il loro valore strategico le ferrovie non potevano ulteriormente essere lasciate in mano a gruppi finanziari privati.
Il Regio decreto n.250 del 15 giugno 1905 istituiva l'"Amministrazione autonoma delle Ferrovie dello Stato" allo scopo di affidarle la gestione della rete fino ad allora gestita dalle precedenti compagnie[75].
Il riscatto delle reti delle predette società avvenne il 1º luglio del 1905, con l'entrata in vigore della legge 137 del 22 aprile 1905 sul riordino delle ferrovie detta anche "legge Fortis".
Lo Stato assunse quindi la gestione diretta di 10.557 km di linee (di cui 9.868 già di sua proprietà), denominandola rete delle "Ferrovie dello Stato". L'anno dopo, con la confluenza della rete SFM rimasta, l'estensione della Rete di Stato raggiunse i 13.075 km, di cui 1.917 a doppio binario[76]. La struttura dell'amministrazione ferroviaria statale venne definita nel luglio del 1907 per mezzo di apposita legge per l'esercizio da parte dello Stato delle ferrovie non concesse all'industria privata".
Il sistema di concessione di tratte ferroviarie locali a gestori privati proseguì, ma all'interno di un sistema di rigido controllo degli standard e di contribuzione pubblica alla rete e alla gestione: una gestione sostanzialmente vigilata a livello ministeriale (come per le stesse FF.SS:), che garantiva la coerenza e funzionalità all'interesse pubblico di tutti i principali atti del gestore.
La contribuzione statale, naturalmente, ha subito anch'essa la sorte della spesa pubblica primaria seguita al consolidamento fiscale imposto da Maastricht in poi, attraverso, quantomeno, la cristallizzazione in termini reali, (al netto dell'inflazione), e l'introduzione di "condizionalità" conformative alla gestione privastistica "efficiente".
E infatti, i vari fondi trasferiti dallo Stato alle regioni e agli enti locali di conseguenza sono oggetto di assegnazione in funzione del c.d. efficientamento: cioè della riduzione dei costi di esercizio e dei "servizi offerti in eccesso rispetto alla domanda", dell'incremento dei ricavi in rapporto ai costi operativi e della "definizione di livelli occupazionali adeguati" (parametro che pare rinviare al taglio del personale ritenuto in eccesso rispetto alla riduzione dei costi e dei servizi...in eccesso).
La contribuzione statale, naturalmente, ha subito anch'essa la sorte della spesa pubblica primaria seguita al consolidamento fiscale imposto da Maastricht in poi, attraverso, quantomeno, la cristallizzazione in termini reali, (al netto dell'inflazione), e l'introduzione di "condizionalità" conformative alla gestione privastistica "efficiente".
E infatti, i vari fondi trasferiti dallo Stato alle regioni e agli enti locali di conseguenza sono oggetto di assegnazione in funzione del c.d. efficientamento: cioè della riduzione dei costi di esercizio e dei "servizi offerti in eccesso rispetto alla domanda", dell'incremento dei ricavi in rapporto ai costi operativi e della "definizione di livelli occupazionali adeguati" (parametro che pare rinviare al taglio del personale ritenuto in eccesso rispetto alla riduzione dei costi e dei servizi...in eccesso).
4. Le cose sono dunque cambiate, nel senso indicato da Florio, a cui occorre aggiungere le politiche fiscali che, in termini generalizzati, limitano i trasferimenti agli enti locali con la conseguente logica della gestione "efficiente" di taglio dei costi e degli investimenti.
Col paradossale ritorno (€uropean-way) alla situazione che, nel 1905, aveva portato alla "statizzazione":
Col paradossale ritorno (€uropean-way) alla situazione che, nel 1905, aveva portato alla "statizzazione":
"Gli inizi degli anni duemila sono stati caratterizzati dalla cosiddetta liberalizzazione, cioè dalla possibilità che più imprese ferroviarie possano effettuare servizi sulla rete.
Tale liberalizzazione tuttavia riguarda i servizi ma non l'infrastruttura rimasta di proprietà e gestita da un soggetto unico, RFI, di fatto monopolista.
Sull'infrastruttura, in seguito alle autorizzazioni ottenute, hanno però iniziato a transitare treni di soggetti diversi, a volte concorrenti altre volte con accordi di complementarità[113].
Nel settore del trasporto merci, soprattutto di tipo specializzato o a treno completo si è assistito alla nascita di numerose imprese a partire dal 2001, prima in assoluto Ferrovie Nord Milano Cargo, poi Ferrovie Nord Cargo, ramo di Ferrovie Nord Milano Esercizio, che ha di fatto interrotto il monopolio delle Ferrovie Statali effettuando il primo treno merci "privato" da Melzo a Zeebrugge in Belgio il 25 settembre 2001, un treno combinato trainato dal locomotore Skòda E630-03; successivamente l'impresa a capitale privato RTC Rail Traction Company operante sull'asse del Brennero; mentre è rimasta carente la concorrenza ai servizi viaggiatori di Trenitalia da parte dei soggetti privati. Unica eccezione la NTV (Italotreno), ma nel settore dell'alta velocità...
...Il tentativo di dare origine a un trasporto pendolare o a lunga distanza effettuato da Arenaways[117][118][119][120]è invece andato incontro al fallimento a causa di molteplici motivazioni tra cui la difficoltà ad ottenere da RFI "tracce orario" e itinerari ritenuti convenienti[121].
In atto, fino al 2014, la "liberalizzazione delle ferrovie" in Italia ha prodotto, oltre all'operatore interamente privato NTV, pochi esempi di circolazione di treni viaggiatori di altri soggetti, solo apparentemente privati,[122] ma in realtà collegati ad enti regionali o locali o da essi dipendenti, su tratte di interesse prettamente locale o pendolare".
5. Andando a ritroso nella spiegazione sistemica di tragici fenomeni del genere, ricorriamo ad un primo schema generale, di recente elaborato:
"...si possono fare crociate moralizzatrici per ottenere risparmi e tagliare gli sprechi: ma in un'organizzazione sociale che, come l'UE-M, normativizza l'inderogabile prevalenza del mercato, si ritiene che quasi ogni tipo di utilità possa essere resa all'interno di un ordinario contratto di scambio tra privati: tranne l'eccezionale e residuale ipotesi di beni non "rivali" e non "escludibili"(il "faro" e, oggi, con sempre meno convinzione, la difesa nazionale), tutto dovrebbe essere "razionato" efficientemente col sistema dei prezzi.
Dunque apprestare ai consumatori/utenti quell'utilità - la pubblica istruzione, la sanità e le connesse forme di assistenza sociale, la costruzione e gestione di un ponte o di un'autostrada, il servizio di trasporto collettivo, - "deve" essere consentito, progressivamente ma inevitabilmente, a qualsiasi operatore privato che, assicurandosi (tendenzialmente) un prezzo pari al costo marginale di erogazione, garantirebbe l'efficienza massima ottenibile.
Per promuovere al meglio questo sistema di razionamento efficiente - non necessariamente concorrenziale: l'importante è che sia privato- dei beni/utilità un tempo pubblici, occorre rendere sempre più alto il costo marginale di produzione pubblica, in modo che, appunto, l'ente pubblico debba prendere atto che "non ce lo possiamo più permettere".
Per fare ciò si procede al "razionamento" della moneta, escludendo la legittimità dell'emissione di moneta pubblica(ovvero "sovrana") e imponendo il pareggio di bilancio.
Rammentiamo: basta quello "primario", cioè con deficit solo determinato dall'ammontare degli interessi sul debito contratto in passato e con l'imposizione di crescenti "avanzi primari" che progressivamente portino al "pieno" pareggio di bilancio con l'estinzione del debito pregresso.
Con tale sistema si rendono lo Stato e, ancor più accentuatamente, gli enti locali, dei debitori di diritto comune.
In tal modo, il settore pubblico diviene privo del flusso della moneta "pubblica", e affetto da una costosa "scarsità" della moneta privata ottenibile dal settore bancario privato; ciò lo induce ad accrescere, via tassazione (centrale e specialmente locale) i flussi di reddito offerti a garanzia dell'ottenimento fiduciario del "credito" privato ma, specialmente, della sua restituzione, e, contemporaneamente, a dover procedere alla predetta privatizzazione di tutte le attività assoggettabili al pieno sistema dei prezzi privatistico.
...Che senso ha occuparsi di tagli degli sprechi se la gran parte degli stessi sprechi sono determinati, strutturalmente, dalla mancanza di adeguati investimenti in strutture e competenze, nonché dall'abolizione del sistema dei controlli preventivi? Sono, queste, tutte caratteristiche ordinamentali complessivamente derivanti dalla concezione privatizzante, anzitutto della moneta, imposta dall'€uropa e che deve condurre, prima o poi, con le buone o con le cattive, alla privatizzazione per vincolo da debito di diritto comune".
6. Ora, questa ennesima tragedia dell'incuria del territorio e delle sue più fondamentali e vitali infrastrutture, in nome del "non possiamo vivere al di sopra delle nostre possibilità", verrà persino usata per distrarre l'attenzione dalla incombente crisi bancaria: eppure questa ha le stesse origini dell'attitudine a tagliare i costi della gestione dei servizi pubblici fondamentali, in nome della presunta "efficienza".
6. Ora, questa ennesima tragedia dell'incuria del territorio e delle sue più fondamentali e vitali infrastrutture, in nome del "non possiamo vivere al di sopra delle nostre possibilità", verrà persino usata per distrarre l'attenzione dalla incombente crisi bancaria: eppure questa ha le stesse origini dell'attitudine a tagliare i costi della gestione dei servizi pubblici fondamentali, in nome della presunta "efficienza".
Si tratta del paradigma €uropeo, quello per cui si deve avere il "razionamento", di cui abbiamo sopra visto, e che ripropone, in crescendo, il suo intreccio di fattori di insostenibilità economica e sociale per milioni, centinaia di milioni, di cittadini assoggettati allo Stato "minimo" che l'euro implica come punto d'arrivo.
Lo avevamo visto già circa tre anni fa, in una situazione che presentava già tutti gli elementi di questo intreccio perverso.
E teniamo conto che il dissesto idrogeologico e la situazione di sottoinvestimento delle reti ferroviarie "minori" (e di ogni altra infrastruttura pubblica italiana), hanno la stessa radice della privatizzazione senza senso economico dell'ENAV, così come dell'incombente apocalisse bancaria:
E teniamo conto che il dissesto idrogeologico e la situazione di sottoinvestimento delle reti ferroviarie "minori" (e di ogni altra infrastruttura pubblica italiana), hanno la stessa radice della privatizzazione senza senso economico dell'ENAV, così come dell'incombente apocalisse bancaria:
7. "Abbiamo menzionato il fattore "imprevisti e probabilità", in questo ridicolo "Monopoli" che è diventata la gestione della Repubblica italiana, PER NON PARLARE DEL GIGANTESCO, E PERFETTAMENTE PREVEDIBILE, PROBLEMA AMBIENTALE-TERRITORIALE ITALIANO, qui più volte segnalato.Il problema è divenuto tale a seguito di 20 anni di manovre di "convergenza" e di rientro nei parametri del deficit: oggi discutono della tragedia consumatasi in Sardegnae pensano al "dissesto idrogeologico" come a un problema nazionale.
Ma finiscono per proporre come soluzione la solita maxi-patrimoniale "una tantum" ammazza-risparmio privato, pagabile solo intaccando i redditi e drenando altra liquidità che rischierebbe di non essere poi rimessa in circolo, per il problema - considerato da questo governi ben più impellente- di dover "ridurre il debito pubblico" e pagare i creditori stranieri.
E non solo: la super-patrimoniale darebbe anche la spallata definitiva al mercato immobiliare, ormai in sovraofferta e devalorizzazione accelerata, senza colpire affatto i grandi patrimoni, ormai fuggiti all'estero da un bel pezzo.
Ma un paese sovrano, con una sua moneta e con una sua banca centrale che funzioni da tesoriere e non da piazzista passiva per gli idolatrati "mercati", non ha bisogno di far dilagare la recessione per provvedere alla incolumità ed alla ordinata convivenza dei suoi cittadini.
Non gli possono mancare le risorse per investire sul proprio territorio, - un elemento costitutivo della sua stessa sovranità!- e non può fare default.
https://www.youtube.com/watch?v=mkAkbrzHF2I
8. E uno Stato sovrano non può limitarsi ad augurarsi che "non piova troppo" per sperare di non dover fronteggiare il caos antropico: che non è dovuto ai "rivolgimenti climatici", come ridicolmente cercano di farci credere, ma al sistematico abbandono delle funzioni fondamentali dello Stato, trasformatosi in percettore di contributi da condoni e urbanizzazioni selvagge per "fare cassa".
Qualcuno se ne uscirà con la solita idiozia: ma l'Italia non è l'America!— umberto molini (@molumbe) 12 luglio 2016
Ce lo mandate voi o c'è lo mando io pic.twitter.com/QtVugH85Ee
8. E uno Stato sovrano non può limitarsi ad augurarsi che "non piova troppo" per sperare di non dover fronteggiare il caos antropico: che non è dovuto ai "rivolgimenti climatici", come ridicolmente cercano di farci credere, ma al sistematico abbandono delle funzioni fondamentali dello Stato, trasformatosi in percettore di contributi da condoni e urbanizzazioni selvagge per "fare cassa".
E, possiamo aggiungere, all'interno dello stesso €-paradigma, uno Stato trasformatosi in tagliatore dei livelli dei servizi, e in loro privatizzatore, per esigenze di cassa dettate ormai esclusivamente dalla necessità irrinunciabile di tenere in vita la moneta unica.
Uno Stato che non può ridursi a contare sulla "fortuna" meteorologica, (o sulla non sfortuna nel produrre tragici eventi) per agganciare la crescita (!!!) da qui alla fine del 2014"...e di tutti gli anni a seguire!
Uno Stato che non può ridursi a contare sulla "fortuna" meteorologica, (o sulla non sfortuna nel produrre tragici eventi) per agganciare la crescita (!!!) da qui alla fine del 2014"...e di tutti gli anni a seguire!