Persino il cultore della shock economy...

Rammento ancora l'appuntamento di oggi a Roma, via Casal Bruciato 11, "La Cacciarella", dalle ore 16.00, per la presentazione del libro "La Costituzione nella palude". Difficilmente potrete godere di un contesto informativo e divulgativo più liberamente volto ad approfondire...
1. Come tutti ormai dovrebbero sapere - e se non lo sanno è perché non vogliono esercitare la propria libertà di informarsi- la riforma trova, esplicitamente, la sua principale giustificazione ne"l’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea e alle relative stringenti regole di bilancio (quali le nuove regole del debito e della spesa). Quindi essa deve rispondere a "le sfide derivanti dall’internazionalizzazione delle economiee dal mutato contesto della competizione globale", senza neppure porsi il problema se i trattati di diritto internazionale, da cui deriva questa "internazionalizzazione delle economie", siano compatibili coi principi non rivedibili della nostra Costituzione e qui se possano lecitamente prevalere su di essa al punto da imporne la modificazione radicale.
2. Più ancora, trattandosi dell'aspirazione a esercitare il potere costituente - e non il semplice, e limitato, potere costituito di revisione costituzionale-, non ci si chiede se il popolo sia informato del peso, ormai pluridecennale, di questi vincoli istituiti per trattato economico, e risoltisi finora in crescenti e devastanti condizionalità, che hanno depauperato il diritto al lavoro su cui si fonda la nostra Costituzione.
Se poi il popolo italiano, non certo in ragione di una minima informazione fornitagli sui veri obiettivi della riforma (appunto diretta a consentire il più "efficiente" rispetto di regole economiche sul debito e sulla spesa pubblica estranee e contrarie alla Costituzione), si pone delle domande e "resiste"- secondo quel"diritto di garanzia costituzionale"riconosciuto dallo stesso Mortati-, si grida al "populismo".
3. Su questa accusa rivolta al popolo, (cui "appartiene la sovranità", cioè quantomeno il potere di decidere in quale Costituzione debba potersi riconoscere), Federico Caffè, un protagonista della fase Costituente, aveva ben espresso (nel 1978, in occasione dell'adesione italiana allo SME) un giudizio che oggi più che mai dovremmo rammentare:
"Ma che il fastidio del tutto esplicito per le soluzioni non elitarie e l’artificiosa attribuzione della qualifica di “populismo” a ogni aspirazione di avanzamento sociale avvengano con la tacita acquiescenza delle forze politicamente progressiste è ciò che rende particolarmente amaro il periodo che viviamo"...
"La soddisfazione manifestata per l’adesione governativa allo Sme potrà essere una benemerenza padronale. Ma, se è consentito utilizzare la trasmissione orale per lasciar traccia in futuro di una frase memorabile detta in tale occasione in sede molto qualificata, può anche obiettarsi – come qualcuno ha affermato – che siamo entrati nello Sme con la stessa incoscienza con la quale a suo tempo dichiarammo guerra agli Stati Uniti d’America. E sarebbe bene, a questo riguardo, non confondere le temporanee illusioni con la dura realtà che questo vincolo comporta".
Dunque "populismo"è un termine che esprime "il fastidio per le soluzioni non elitarie".
E quali soluzioni sono più elitarie e impenetrabili alla comprensione del cittadino comune delle clausole dei trattati liberoscambisti che instaurano in €uropa e nel mondo, il capitalismo sfrenato delle multinazionali, della finanziarizzazione del potere istituzionalizzato e della competizione a scapito dell'occupazione e del welfare?
4. Ben diverso, come ci rammenta Bazaar, fu il livello di coinvolgimento e di instancabile informazione del popolo in occasione del processo Costituente del 1948.
«Oltre all'attività delle Commissioni, occorre ricordare anche che, soprattutto grazie all'infaticabile opera di Massimo Severo Giannini, giovane capo di Gabinetto, fu svolta un'ampia opera di informazione e di divulgazione, rivolta alla generalità della popolazione e finalizzata alla costruzione di un'opinione pubblica sensibile alle problematiche riguardanti la fondazione del nuovo ordinamento democratico:
[...] nel breve volgere di un anno il Ministero per la Costituente adempì a tutti i compiti ad esso commessi.
[...] nel breve volgere di un anno il Ministero per la Costituente adempì a tutti i compiti ad esso commessi.
Fu questo un risultato politico e tecnico di primaria importanza che fu reso possibile dal clima di grande tensione ideale che il Paese viveva in quei mesi. Nella interminabile notte della dittatura, infatti, non si era interrotto il grande discorso politico iniziato dal Risorgimento su "quale dei Governi meglio si addica alla felicità dell'Italia"e proseguito per cent'anni nelle prigioni e nell'esilio, nelle trincee, nelle aule di studio e nelle fabbriche. Basta rileggere la stampa clandestina e dell'esilio per constatare quanto grandi e vitali fossero l'impegno della classe politica antifascista nel prefigurare il nuovo tipo di Stato democratico e le idee costituzionali della Resistenza.».
Il ministero per la Costituente, Divulgare La Democrazia
Il ministero per la Costituente, Divulgare La Democrazia
5. Invece, in una riforma portata a compimento in esplicito nome dell'€uropa e della sua "governance", economico-fiscale, "globalista"free-trade, ogni comprensibile informazione popolare, e adeguata divulgazione, sono sempre mancate: dall'adesione allo SME, come sottolineava Caffè, al trattato di Maastricht, fino al fiscal compact.
E quando si cerca di rispondere agli interrogativi sorti dagli effetti distruttivi, del benessere e della democrazia, derivanti da tutto questo, si parla di populismo!
5.1. Eppure, richiamandoci a quanto evidenziato da Arturo, in occasione dell'approvazione di Maastricht, di cui l'attuale riforma è l'obbligato e scontato punto di arrivo, i più eminenti costituzionalisti si erano posti, naturalmente invano, seri dubbi.
In particolare, (ancora) si poteva dire, senza essere accusati di populismo in automatico, che "la legittimazione del nuovo ordine costituzionale europeo non potrà mai venire dalla Costituzione del 1948":
"In passato Luciani era stato ancora più chiaro (La Costituzione italiana e gli ostacoli all'integrazione europea, Politica del diritto, a. XXIII, n. 4, dicembre 1992, pag. 589):
"Quella che l’integrazione europea sia un problema essenzialmente politico, di volontà degli Stati di proseguire sul cammino intrapreso e di consenso dei popoli al superamento dei particolarismi nazionali, è un’idea molto diffusa. Ciò non toglie che sia un’idea sbagliata, che ha portato a trascurare o sottovalutare le molte altre difficoltà, prime fra tutte quelle derivanti dalla necessità dell’osservanza delle regole imposte dai rispettivi ordinamenti costituzionali a ciascuno degli Stati protagonisti del processo di integrazione.
In particolare in Italia, si è ritenuto che la giustificazione originaria del Trattato di Roma (la sua «copertura costituzionale» da parte dell’art. 11 Cost.), magari perché sostenuta dall’ampio successo del referendum cosiddetto di indirizzo del 1989, risolvesse alla radice tutti i problemi.
Non è così.
La rigorosa giurisprudenza costituzionale, la cui cautela deve essere apprezzata da chiunque sa ricordare i limiti (di democraticità) e le incertezze (strutturali e funzionali) dell’ordinamento comunitario, impone una seria riflessione sui confini costituzionali delle scelte europeiste.
Impone, soprattutto, una consapevolezza.
Che è logicamente impossibile trasformare completamente la Costituzione vigente, facendo dell’Italia non più uno Stato nazionale, ma un membro di una vera e propria federazione europea, pretendendo allo stesso tempo di trovare proprio nella Costituzione la legittimazione di questo progetto.
Quando il processo di integrazione verrà spinto ai suoi confini estremi bisognerà capire che - quali che saranno le forme in cui esso verrà condotto in Italia (leggi ordinarie, revisioni costituzionali, pronunciamenti popolari) - la legittimazione del nuovo ordine costituzionale europeo non potrà mai venire dalla Costituzione del 1948, ma dal mero fatto della sua autoaffermazione.
Dal punto di vista della nostra Costituzione d’oggi, l’instaurazione di quel nuovo ordine resterà - se mai avverrà - un fatto extra ordinem, epperciò illegittimo".