Quantcast
Channel: Orizzonte48
Viewing all articles
Browse latest Browse all 1237

3- LA SOSTITUZIONE: DALLA "INEFFICIENZA NORMATIVA" DELLA TUTELA COSTITUZIONALE ALLA GARANZIA...DELLA FLESSIBILITA'

$
0
0
https://impariamolacostituzione.files.wordpress.com/2010/04/articolo-4.jpg

Premessa alla Parte III- Questa storia, che ci racconta Francesco Maimone e che trovate ricostruita nel post, è una storia infarcita di Europa, intesa come Unione Europea: e inizia quando neppure c'era l'euro (ma Maastricht, sì e l'adesione alla moneta unica pure. E non si tratta certo di un caso)
Ma è la storia beffarda dello smontaggio sistematico del fondamento stesso della Repubblica: il principio della tutela del lavoro (art.1 Cost.). 
Questa tutela, che nell'art.4 Cost. vedete enunciata come un obbligo, a carico della Repubblica, di intervenire per rendere effettivo il relativo "diritto", - che non è quindi un mero enunciato puramente enfatico- è stata estirpata dall'ordinamento democratico italiano senza neppure mai nominare, come vedremo, la Costituzione: una rimozione totale che ha investito non la pur detestata "Costituzione economica", ma proprio gli articoli fondamentalissimi e inderogabili che avrebbero dovuto dare forma alla nostra democrazia. 

E tutto questo, con una profusione di sglogan, formule rituali e stilemi in "economicorum" dissimulatore dei fini,è stato attuato e portato a compimento con l'ossessivo richiamo all'€uropa. Fino alla beffarda "dedica" ai "giovani" nel Libro Verde del 2008, dove le esequie frettolose di una Costituzione ancora viva, sono celebrate dal preannunzio di un vantaggio "pensato per i giovani" che, oggi, significa disoccupazione giovanile al 40,1%
Tutta la "occupabilità", tutta la flessibilità e la connessa privatizzazione del welfare, pronunciate in nome dell'efficienza del mercato, predicati in parole paludate in modo da sfuggire al senso comune dei destinatari (cioè i cittadini italiani), possono riassumersi in questo dato, che rende tangibile il "futuro" radioso che veniva preannunciato fin dal 1997 mediante l'inizio del "gran ballo" delle riforme del lavoro.

E spicca, in questo inesorabile percorso, non solo il richiamo all'€uropa come motore della enunciata reductio ad mercatum della dignità umana (art.2 Cost.), ma lo sprezzo verso la stessa Costituzione, il cui unico (dis)valore implicitamente riconosciuto è quello di dar luogo a "inefficienze normative".
Per la cronaca e per la Storia: nessuno al tempo reagì (v. infra p.2), così come non si reagì alla "decisione-fatto compiuto" di aderire alla moneta unica. 
Si voleva, semmai, da parte delle opposizioni, più flessibilità e, rispettivamente (per quanto riguarda l'adesione alla moneta unica), più privatizzazione dello Stato e più dratici tagli della spesa pubblica (v. p.8). Cioè dei nostri diritti fondamentali sociali (senza cui, diceva Mortati, la democrazia semplicemente "non è").

1. Vieni a pescare con noi …Voci dall’Italia occupabile (e di fatto ormai occupata)
Il nostro Paese non si è infatti sottratto alla subordinazione culturale di matrice neo-ordoliberista, risultando anzi all’avanguardia e sensibile al richiamo del “fate presto[1] nel recepimento dei suoi dettami qualificati ossessivamente, ormai da più di un ventennio, con l’espressione pseudo-progressista di “riforme strutturali”. Trattasi di una serie di provvedimenti legislativi che sanciscono sul piano normativo nazionale la nuova mistica neo-ordoliberista del “lavoro-merce” e correlativamente, sul piano sociale, la certosina costruzione di un nuovo ideal-tipo umano del tutto assoggettato alle logiche del mercato.
Nei suoi snodi essenziali, detti provvedimenti prendono avvio con la L. n. 196/1997 (c.d. legge o pacchetto Treu, completata dai d.lgs. n. 280/1997 e 468/1997), continuano con l’essenziale L. 30/2003 (c.d. legge delega Biagi e l’attuativo d.lgs. n. 276/2003), passano per la L. n. 92/2012 (c.d. legge Fornero) e si concludono, al momento, con la recente riforma battezzata “Job Act” (e la sua pletora di decreti attuativi).
Hanno assunto indefettibimente e con rigore di metodo il ruolo di apri-pista ideologico di dette novelle legislative alcuni Libri dal cromatismo rasserenante (sempre bianchi o verdi) che fungono da apposita locandina dottrinaria per la “rimappatura” neuro-psicologica e comportamentale della collettività.

2. Il “pacchetto” Treu
Nella seduta pomeridiana al Senato del 12 marzo 1997, l’allora Ministro del lavoro Tiziano Treu così esordiva nella presentazione del DDL n. 1918:
… Il disegno complessivo in cui si inquadra il disegno di legge … è stato inserito fin dall’inizio in una prospettiva europea. Abbiamo partecipato alle indicazioni europee in materia di lavoro ed il nostro complesso di misure si ispira agli orientamenti DELL’UNIONE EUROPEA. Noi crediamo che l’Europa debba essere tale non solo sotto l’aspetto finanziario, ma ANCHE SOTTO QUELLO SOCIALE; il nostro modello naturalmente è L’EUROPA SOCIALE ”.
Il responsabile del dicastero passava poi a delineare le “tre grandi linee di intervento per la politica del lavoro” del Governo, ovvero… risanamento del debito pubblico. Si tratta di un impegno che dobbiamo all’EuropaCIÒ NON SI TRADUCE NELLA RIPRESA DI POLITICHE GENERICAMENTE KEYNESIANE”, nonché “… LAFORMAZIONE PROFESSIONALE CONTINUA” e un pacchetto di iniziative “CHE HANNO A CHE FARE CON LA PROMOZIONE E IL SOSTEGNO DELLE IMPRESE…” [2].
Il Ministro illustrava quindi nello specifico le norme riformatrici del mercato del lavoro, coerente con le linee di intervento, annunciando in sintesi la fine “del monopolio pubblico del collocamento” (=istituzione delle agenzie di somministrazione del lavoro), l’avvento della “flessibilità”, l’ampliamento degli “strumenti dell’apprendistato e del contratto di formazione lavoro” nell’ottica della formazione continua, e la “redistribuzione degli orari di lavoro” con la rivisitazione della disciplina dell’impiego part time.
La discussione parlamentare era caratterizzata da un trasversale accordo sul disegno di legge da parte di pressoché tutti gli schieramenti politici
Ove disaccordo è emerso, al tempo, lo stesso si è caratterizzato polemicamente per il fatto che la futura normativa non avrebbe addirittura consentito “… una maggiore flessibilità del lavoro e un adeguamento dell’offerta di lavoro ai bisogni del mercato, valorizzando la formazione per migliorare la qualità del lavoro…” secondo le linee dettate dal rapporto Delors, non a caso richiamato a più riprese come sacrum verbum[3].

E’ con la legge Treu che quindi esordisce in Italia il mito del lavoratore flessibile come risultato epifanico di una strategia economica che, sottotraccia, si era imposta a livello internazionale già alla fine degli anni ’70 allo scopo di favorire in via privilegiata e ad ogni costo le esigenze datoriali[4].
In tal modo i lavoratori italiani cominciavano ad essere lasciati in balia del libero gioco delle forze del mercato, teorizzando di fatto un loro assoggettamento alle sole regole del diritto comune dei contratti ed alla conseguente precarizzazione spacciata per una utopica “autonomia negoziale” nel mercato [5]
Tale linea di pensiero ha trovato linfa e supporto in una corrente della dottrina giuslavoristica ancora in auge la quale, già prima dell’entrata in vigore del pacchetto Treu e delle ulteriori riforme che sarebbero intervenute (e nelle quali avrebbe peraltro assunto un ruolo da protagonista), aveva in gran parte teorizzato in Italia l’adeguamento del diritto del lavoro alle leggi del mercato con istituti che, in effetti, sarebbero stati puntualmente recepiti ad anni di distanza nella normativa successiva [6].

3. Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia e Legge Biagi
Con la riforma Biagi la spinta neo-ordoliberista ha effettuato un salto di qualità, tanto che il “timido” approccio adattivo con i dictat europei, realizzato con il pacchetto Treu, si è via via evoluto in un compiuto amplesso. 
I prodromi ideologici della legge Biagi sono contenuti nel "Libro Bianco sul mercato del lavoroin Italia- Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità" dell’ottobre 2001, di cui la legge costituisce l’appendice [7].

La politica generale del Libro Bianco, orientata “… dai valori dell’economia sociale di mercato, dai principi fondamentali del lavoro che ormai compongono l’acquis communautaire …[8], è ancora centrata sulle strategie per l’occupabilità “… A questo fine deve essere rafforzata la capacità di funzionamento efficiente del mercato, liberandolo dalle inefficienze economiche e normative che hanno nel corso degli anni ostacolato il pieno dispiegarsi delle sue potenzialità. Ciò, ovviamente, non dovrà avvenire restringendo le tutele e le protezioni, bensì spostandoledalla garanzia del posto di lavoro all’assicurazione di una PIENA OCCUPABILITÀ durante tutta la vita lavorativa, riducendo, quindi, i periodi di disoccupazione o di spreco di capitale umano[9].
http://satancorner.it/wp-content/uploads/2012/06/ss.jpg
L’ideologia di fondo da cui prende le mosse il Libro Bianco è quella secondo cui sarebbe necessario “SOSTITUIRE IL TRADIZIONALE APPARATO GARANTISTICO con un sistema di tutele operanti nel mercato”, e tanto allo scopo di “garantire l'obiettivo sociale della OCCUPABILITÀ che il Libro Bianco colloca al centro della politica del lavoro …[10].
Il significato filosofico contenuto nel documento esaminato risulta quindi indiscutibile se si considerano i seguenti ragionamenti che – se ve ne fosse ancora bisogno - ne svelano senza equivoci il contenuto:
… Un'economia competitiva fondata sulla conoscenza deve poter contare su lavoratori il cui potere contrattuale poggi sulla loro qualità professionale eCAPACITÀ DI ADATTAMENTO piuttosto che su di un sistema di garanzie ingessate. Questa è la vera stabilità del lavoro … Ecco perché la stabilità non può più essere misurata con i vecchi canoni, come se fosse uno status o, peggio, un privilegio… PERCHÉ, QUANDO UN GIOVANE È PREPARATO E MOTIVATO, LA STABILITÀ DEL LAVORO VIENE POI DA SÉ[11].

Il programma giuridico e culturale del Libro Bianco era stato anticipato nell’aprile del 2001 proprio dall’autorevole giuslavorista che avrebbe dato il nome alla riforma. Il prof. Biagi così delineava la riprogettazione giuslavoristica (e sociale) italiana sull’onda di un cambiamento avvertito come naturale, oltre che epocale ed ineluttabile:
… In Europa stiamo vivendo una trasformazione epocale che in altri continenti … conosce stadi di sviluppo più avanzati … cioè il passaggio definitivo dalla “vecchia” alla “nuova” economia, la transizione tra un sistema economico “industrialista” ad uno nuovo fondato sulle “conoscenze” …
Il quadro giuridico istituzionale e i rapporti costruiti dalle parti sociali, quindi il diritto del lavoro e le relazioni industrialidevono cogliere queste trasformazioni in divenire agevolandone il governo…Si tratta … di accogliere una nuova filosofia-che è poi la filosofia del legislatore comunitario e di quei Paesi europei che meglio si sono orientati nella modernizzazione del diritto del lavoro – volta adELIMINARE GLI OSTACOLI ALLA COMPETITIVITÀ DELLE IMPRESE e all’adeguamento del quadro legale al dato socio-economico [12].

Le suddette anticipazioni sono state poi sostanzialmente trasfuse nella corrispondente relazione al disegno di legge n. 848 [13]. Il provvedimento in parola ha rappresentato, in definitiva, la più compiuta istituzionalizzazione del lavoro-merce, come senza mezzi termini pure è stato denunciato da qualche senatore durante i lavori parlamentari [14].
https://1.bp.blogspot.com/-jRNKW4rrmTA/Vv_Tny2i8JI/AAAAAAAABtQ/d3ZCBQvSCT0_XeSa3kqdtyHWmTv8s0IXw/s1600/C__Data_Users_DefApps_AppData_INTERNETEXPLORER_Temp_Saved%2BImages_5-CHARACTER-POSTER-HUGO-CABRET.jpg
Alcuni commentatori a sostegno della novella legislativa, dopo il varo del d.lgs. n. 276/2003, si sono affrettati tuttavia a precisare come la stessa non potesse e neppure volesse rappresentare il punto terminale del progetto di modernizzazione del diritto del lavoro italiano, ma semmai “… il punto di partenza – imprescindibile, ma di per sé non sufficiente – del complesso e delicato processo di ridefinizione e razionalizzazione delle regole che governano il il nostro mercato del lavoro …[15]. Al peggio, si sa, non c’è mai fine.
La stessa fonte concludeva che “… Molto lavoro resta ancora da compiere SUL PIANO CULTURALE che – non ci stancheremo mai di ripeterlo – è poi il vero fronte su cui verra’ giocata la battaglia decisiva per avviare quel processo di riforma reale di cui ha tanto bisogno il nostro paese [16]. Più chiaro di così…

4. Il Libro Verde. Una prima implementazione ideologica per un nuovo “modello sociale
Proprio al fine di intervenire ancor più incisivamente sul “piano culturale”, nel mese di luglio 2008 il Ministero del Lavoro pubblicava un Paperil cui titolo da solo vale già un programma, ovvero "La vita buona nella società attiva – Libro Verde sul futuro del modello sociale", benevolmente “… dedicato ai giovani e alle loro famiglie perché vuole concorrere a ricostruire fiducia nel futuro …[17].  
Il documento, coerentemente con il titolo, costituisce in modo lampante un ulteriore passo nell’edificazione di un annunciato “nuovo modello sociale” di stampo neo-ordoliberista, cioè all’insegna del disimpegno dello Stato nella garanzia e nella tutela dei diritti sociali fondamentali.
http://www.punto-informatico.it/punto/20160119/wef.jpg

Il Paperprende le mosse dall’assioma secondo cui 
“… La crisi del modello sociale italiano è, prima di ogni altra cosa, UNA CRISI CULTURALE E DI VALORI” ed offre pertanto una nuova cifra educativa al fine di far fronte a “disfunzioni e sprechi” del Welfare italiano che non sarebbe più sostenibile nel “quadro difficile delle compatibilità macro-economiche attuali” (=impossibilità di spesa causata dai preordinati vincoli €uropei, non ultimi il Fiscal Compact ed il pareggio di bilancio costituzionalizzato nell’art. 81 Cost.). 
Il nuovo modello sociale dovrà perciò orientarsi in due precise e distopiche direzioni:
a - verso un Welfare meno pubblico basato su una “dimensione comunitaria”, dal momento che “un welfare delle opportunità non può che scommettere su una virtuosa alleanza tra mercato e solidarietà” (trattasi di un palese ossimoro, v. infra). 
Non più, quindi, un sistema in cui lo Stato interviene in prima battuta a sostegno e difesa dei cittadini, ma un sistema nel quale famiglie e “corpi intermedi” sono attori riconosciuti ed in cui le Istituzioni intervengono solo in via sussidiaria. “… Fondamentale, in questa prospettiva, è la capacità di “fare comunità”, a partire dalle sue proiezioni essenziali che sono la famiglia, il volontariato, l’associazionismo e l’ambiente di lavoro, sino a riscoprire luoghi relazionali e di servizio come le parrocchie, le farmacie, i medici di famiglia, gli uffici postali, le stazioni dei carabinieri (!)”;
b - verso un Welfare che deve riconoscere un nuovo ruolo ai privati nel suo finanziamento; “… Lo sviluppo del pilastro privato complementareè un passaggio essenziale per la riqualificazione della spesa e la modernizzazione del nostro Welfare…”. Lo Stato, invece, svolgerà “un ruolo importante attraverso il sistema delle agevolazioni fiscali” [18].

Nell’ambito del Green Paper, il diritto del lavoro, nello specifico, non si sottrae a tale generalizzato e progressivo smantellamento dei diritti sociali costituzionali, recependo in proposito il citato concetto di Welfare to Work, “cuore delle politiche sociali per una società che vuole essere attiva”. 
In sostanza, insistendo in modo martellante sul consueto mantra della occupabilità, dello sviluppo delle capacità personali attraverso la formazione continua del lavoratore e della sua responsabilità personale (“l’idea della persona…cheRISPONDE IN PRIMA ISTANZA DA SÉ AL PROPRIO BISOGNO – della persona cioè che vive in maniera responsabile la propria libertà e la ricerca di risposte alle proprie insicurezze”), detto concetto teorizza l’introduzione di ancor più robuste dosi di deregolamentazione e semplificazioni (= flessibilità) nel mercato del lavoro che, nella personalissima visione dell’allora Ministro, sarebbe “ormai diventato adulto”.
http://www.senzasoste.it/wp-content/uploads/2016/11/robot-lavoratori.png
Fa da contorno la previsione di una riforma degli ammortizzatori sociali che da un lato sviluppi “un sistema integrativo su base mutualistica” e, dall’altro, applichi la “elementare regola di responsabilità che vuole sanzionato con la decadenza dal beneficio o dalla indennità il percettore del trattamento che rifiuti una occasione congrua di lavoro o un percorso formativo di riqualificazione professionale[19]. Insomma, tutto come da programma.
___________________________________
NOTE
[1] http://orizzonte48.blogspot.it/2016/01/ari-fate-presto-habemus-ital-tacchino.html; http://orizzonte48.blogspot.it/2016/06/brexit-e-il-vizio-del-fate-presto.html
[2] Così il ministro del lavoro Tiziano Treu in Senato nella seduta del 12 marzo 1997, 28, reperibile all’indirizzo http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00004802.pdf.
[3] Così il senatore Roberto Napoli nella seduta al Senato del 12 marzo 1997, cit., 7-8; nella stessa seduta richiamavano il Libro Bianco Delors il senatore Giuseppe Mulas, 19, ed il ministro del lavoro Tiziano Treu, 32; quest’ultimo si riferiva al Libro Bianco Delors anche nella seduta al Senato del 17 giugno 1997 reperibile all’indirizzo http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00004854.pdf, 48
[4] E’ stato infatti affermato che “… In passato, in ossequio all’ottica keynesiana del sistema di Bretton Woods, il FMI imponeva restrizioni dal lato della domanda aggregata e concedeva credito allo scopo di renderle meno severe possibile. Con l’affermarsi dell’ideologia monetarista nei tardi anni ’70 si è preteso che gli aggiustamenti “strutturali” imposti si dovessero attuare attraverso politiche volte a modificare le condizioni di offerta, cioè prevalentemente la struttura produttiva e proprietaria ... Dunque: abbattimento dei dazi e di altre forme di protezionismo per aumentare la concorrenza, liberalizzazione dei prezzi per curare l’inflazione, deregolamentazione dei mercati del lavoro per favorire la flessibilità e ridurre il costo del lavoro... In questo modo il FMI svolge la funzione di una ruspa che prepara il terreno all’ingresso del capitale multinazionale nei paesi sfigati. Lo prepara in modo tale che l’ingresso sia più profittevole possibile: fa abbassare i salari e il costo delle materie prime, rende flessibile il lavoro, fa svendere imprese pubbliche e risorse naturali a costi di realizzo...” così E. SCREPANTI, L’imperialismo globale e la grande crisi, DEPS Siena, n. 14, luglio 2013, 130, reperibile all’indirizzo http://www.econ-pol.unisi.it/quaderni/collana/screpanti14/Imperialismo%20globale%20CollanaA4.pdf.
[5] Dipinge il pacchetto Treu comeil “seguito di una prolungata attività di riforma degli assetti tradizionali, di un lungo e concreto impegno riformistico a cui hanno partecipato in prima persona le grandi organizzazioni sindacali …” L. MARIUCCI in Le fonti del diritto del lavoro, quindici anni dopo, Torino, 2003, 151
[6] Si fa riferimento, in particolare, al testo “profetico” di P. ICHINO, Il lavoro e il mercato - Idee per un diritto del lavoro maggiorenne, Milano, 1996, 1-6
[7] Trattasi del testo confezionato da un gruppo dilavoro coordinato da Maurizio Sacconi e Marco Biagi; il testo integrale è reperibile al seguente indirizzo: http://www.ambientediritto.it/Legislazione/Sicurezzalavoro/anno%202001/libro%20bianco%20lavoro.pdf
[8] Così Libro Bianco, cit., VI. Si segnala che il Libro Bianco è ispirato da documenti comunitari in materia di modernizzazione del diritto del lavoro. Si veda, in particolare, la comunicazione della Commissione Europea su Modernising the Organisation of work – A Positive Approach to the Change, COM(98)592, reperibile all’indirizzo http://aei.pitt.edu/3358/1/3358.pdf
[9] Così Libro Bianco, cit., X-XI
[83] Così P. ALLEVA - A. ANDREONI - V. ANGIOLINI - F. COCCIA - G. NACCARI, Dignità e alienazione del lavoro nel Libro Bianco del Governo, in AA.VV., Lavoro: ritorno al passato. Critica del Libro Bianco e della legge delega al Governo Berlusconi sul mercato del lavoro, Ediesse, Roma, 2002, 23 reperibile anche all’indirizzo http://old.cgil.it/archivio/giuridico/Politiche%20del%20diritto/Archivio/Diritto%20del%20lavoro/Libro%20Bianco%20%20-%20delega%20-%20decreto%20276/Nota%20su%20Libro%20Bianco.pdf
[11] Così M. SACCONI - M. TIRABOSCHI, Un futuro da precari? Il lavoro dei giovani tra rassegnazione e opportunità, Mondadori, Milano, 2006, 64
[12] Così M. BIAGI, Competitività e risorse umane: modernizzare la regolazione dei rapporti di lavoro, Relazione presentata al Comitato scientifico di Confindustria (Roma 18 aprile 2001), ora in Rivista italiana di diritto del lavoro, Milano, 2001, 258-260
[13] Reperibile al seguente indirizzo http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00009753.pdf
[14] Così V. BAVARO, La destrutturazione dei diritti nella legge delega, reperibile al seguente indirizzo http://www.ildiariodellavoro.it/adon.pl?act=doc&doc=22731#.V5hpMo9OLIU
[15] Così M. TIRIBOSCHI, La riforma del lavoro, attuazione della legge Biagi, Guida normativa Il Sole 24 ore, settembre 2003, 5; parla addirittura di ispirazione “laburista” della legge Biagi P. ICHINO, L’anima laburista della legge Biagi – Subordinazione e “dipendenza” nella definizione della fattispecie di riferimento del diritto del lavoro, in Giust. Civ., 2005, 131
[16] CosìM. TIRIBOSCHI, La riforma del lavoro, attuazione della legge Biagi, cit., 6
[17] La vita buona nella società attiva – Libro Verde sul futuro del modello sociale, 3, Reperibile all’indirizzo http://www.retepariopportunita.it/Rete_Pari_Opportunita/UserFiles/Pubblicazioni/libro_verde_welfare.pdf
[18] La vita buona nella società attiva – Libro Verde sul futuro del modello sociale, cit., passim, 4, 5, 10, 16 e 20. D’altronde, per Luigi Einaudi “… l'organizzazione statale dei più svariati rami di assicurazione sociale è ... un ideale che si muove entro una bassura: l'esistenza di masse umane le quali hanno bisogno di essere costrette alla previdenza, alla organizzazione e alla solidarietà…”, così L. EINAUDI, Gli ideali di un economista, Edizioni “La Voce”, Firenze, 1921, 135-143
[19] La vita buona nella società attiva – Libro Verde sul futuro del modello sociale, cit., passim, 9 e16

Viewing all articles
Browse latest Browse all 1237

Trending Articles