

Questa quarta e conclusiva parte del "saggio" di Francesco Maimone ci ragguaglia sugli "avanzamenti" del paradigma neo-ordoliberista, naturalmente imperniati sul baricentro del "mercato del lavoro", che si realizzano, con un'accelerazione senza precedenti, dopo la lettera della "BCE" del 2011.
Il "fate presto!" aveva un preciso segno e non poteva che essere verso la irreversibile cancellazione dei principi fondamentali della nostra Costituzione. Ho aggiunto taluni links a precedenti post e precisato alcuni passaggi.
Intanto, oggi, ci troviamo nel punto che gli effetti sociali ed economici fallimentari di quelle scelte - che pure erano prevedibili e previsti- sono concretamente irrisolvibili.
Hanno realizzato la gran parte del "mondo ideale" che volevano: e ora non riescono a capacitarsi delle erroneità delle stime e dell'acutizzazione obbligata delle conseguenze di questi errori. Nessuno può fare autocritica, dato il costo morale e politico di essa, ma nessuno può più, ormai materialmente, assumersi la responsabilità di continuare su queste linee di politica economico-sociale €urotrainata.
Hanno realizzato la gran parte del "mondo ideale" che volevano: e ora non riescono a capacitarsi delle erroneità delle stime e dell'acutizzazione obbligata delle conseguenze di questi errori. Nessuno può fare autocritica, dato il costo morale e politico di essa, ma nessuno può più, ormai materialmente, assumersi la responsabilità di continuare su queste linee di politica economico-sociale €urotrainata.
1. Il Libro Bianco sul futuro del modello sociale - La vita buona nella società attiva e il Piano Italia 2020. Definitivo ritorno al passato.
L’ordito concettuale di quello che può a ragione essere considerato un’illecita apostasìa della Costituzione e, correlativamente, un nuovo paradigma socio-culturale, è contenuto infine in un ennesimo Paper ufficiale dal titolo altrettanto raccapricciante e che rappresenta il proseguimento del Libro Bianco del 2001 (p.3) nonché del LibroVerde del 2008 (p.4), di cui riprende nello specifico i principali postulati. Trattasi del Libro Bianco sul futuro del modello sociale - La vita buona nella società attiva il quale costituisce la tappa più evoluta di un crescendo wagneriano cui fa da sfondo la glorificazione del mercato e l’indotto oblìo dei diritti costituzionali.
Tale papello dalla veste candida è ancora una volta “dedicato ai giovani e alle loro famiglie”, una dedica che “vuole essere sostanziale, non formale, perché un rinnovato modello sociale orientatoa promuovere l’autosufficienza di ciascuna persona… è essenziale per ricostruire la fiducia nel futuro”; esso, e nemmeno in modo velato, “… si limita intenzionalmente alla declinazione dei valori e della visione del nuovo modello sociale…” [1].
Limitando l’analisi al campo lavoristico, il programma stocastico del White Paper continua ad insistere sull’usuale impianto teorico di origine €uropeista con la sua semantica-chiave, in generale additando il sistema del Welfare come “vecchio” ed affetto da “disfunzioni e sprechi”:
- occupabilità(“… Da una concezione statica di tutela del singolo posto di lavoro si deve definitivamente passare alla promozione della occupabilità della persona …”);
- imprenditorialità (“… Aumenta l’autonomia del lavoratore nella realizzazione delle proprie mansioni e progressivamente si stemperano i rigidi vincoli di subordinazione …”), condita da percorsi di apprendimento permanente;
- adattabilità(“… La permanenza nel mercato del lavoro rappresenta la strategia centrale per combattere il disagio sociale ed economico. L’utilizzo di adeguate flessibilità … è particolarmente indicato per garantire ancora un ruolo attivo nella Società …”);
- pari opportunità per le donne ed i soggetti svantaggiati(“…un Welfare delle pari opportunità… Nel caso della occupazione femminile, le questioni da affrontare vanno ben oltre l’ambito di incidenza delle politiche fiscali…Particolare rilievo può assumere l’evoluzione della contrattazione collettiva e della prassi aziendale con riferimento alla flessibile modulazione dell’orario di lavoro”) [2].
1.1. Nel totale capovolgimento dei valori della Costituzione, la quale è fatta oggetto di una rudimentale interpretazione, è quindi enunciato in modo lapidario e simulato quanto segue:
“… Occorre pertanto ripartire dalle fondamenta e cioè DALLA EDUCAZIONE, DALLA FORMAZIONE E DAL LAVORO CHE SONO I VALORI DI RIFERIMENTO CONTENUTI NELLA NOSTRA CARTA COSTITUZIONALE. … Il Welfare State tradizionale si è sviluppato sulla contrapposizione tra pubblico e privato, ove ciò che era pubblico veniva assiomaticamente associato a “morale”, perché si dava per scontato che fosse finalizzato al bene comune, e il privato a “immorale” proprio per escluderne la valenza a fini sociali. È STATO UN GRAVE ERRORE …” [3].
Tracciata la via, anche il Piano Italia 2020 - alla cui stesura si sono dedicati nel 2009 gli allora Ministri del Lavoro e dell’Istruzione Maurizio Sacconi e Mariastella Gelmini – non poteva che ribadire pedissequamente le medesime idee, definendo le linee di azione comuni ai due ministeri al fine di realizzare la piena occupabilità dei giovani [4].
1.2. Elemento di novità, tuttavia, è l’esordio del Piano con una citazione dell’allora Pontefice Benedetto XVI ed estrapolata dall’Enciclica Caritas in Veritate:
“Desidererei ricordare a tutti, soprattutto ai governanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e sociali del mondo, che il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: “L’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale”.
Tale citazione – che realizza una sorta di “quadratura del cerchio” nelle intenzioni dei citati estensori - non deve destare stupore, dal momento che nell’ottica di detta visione politica e culturale la persona si realizza grazie al mercato, sempre che le istituzioni intervengano affinché quest’ultimo possa operare come mero meccanismo regolatore e moralizzatore [5].
La socializzazione morale, sostenuta dall’instrumentum regni religioso [6], costituisce un aspetto tutt’altro che ininfluente, poiché comporta l’interiorizzazione da parte dei soggetti interessati di un particolare punto di vista ideologico proprinato come spontaneo e naturale, essendo le logiche del mercato il vero riferimento etico cui deve riferirsi l’imprintingculturale dei cittadini. Affidandosi ad esse i soggetti vengono orientati in modo da operare al servizio delle domande emergenti dalla societàcosì come ideata dall’ingegneria neoliberista.
Seguaci del neoliberismo nostrano, al riguardo, spiegano con assoluta chiarezza in che modo la dottrina sociale della Chiesa stabilisce un granitico punto di tangenza con l’individualismo metodologico liberale “almeno nella sua versione austriaca” (quella di Hayek), del tutto in coerenza con le già menzionate riflessioni di Einaudi [7].
2. Un altro tocco di make-upnell’attuazione delle direttive neo-ordoliberiste
In tempi recenti, la terminologia dell’Europa dei burocrati si è arricchita, in campo lavoristico, di ulteriori termini ed espressioni. Uno di questi è rappresentato dal neologismo ossimorico Flexicurity (in italiano, flessicurezza) risultato di una crasi impropria tra i termini flessibilità e sicurezza: ideologicamente ed economicamente il concetto risulta connesso all'obiettivo della deflazione salariale, alla "competitività" sui mercati esteri, viste come uniche priorità conseguenzali alla "globalizzazione" (in chiave "metereologica"), p.3, cioè proposta come "fatto naturale" esterno all'UE (!), da cui difendersi.
In tale quadro si innesta il corollario (in proiezione, degnerativa del tessuto sociale, assunto come indispensabile) del reddito di cittadinanza, ipotizzato, non a caso, da Hayek e Friedman, nella grande categoria del "reddito universale"...senza lavoro.
Il modello della Flexicurity, nell’intendimento degli ideatori europei, avrebbe come scopo la creazione di sistemi moderni di protezione sociale atti a garantire un adeguato sostegno del reddito durante i periodi di disoccupazione (nel periodo, cioè, di transizione da un periodo di lavoro ed un altro) coniugando in tal modo le esigenze di competitività e flessibilità con la protezione sociale.
2.1. E’ stato tuttavia efficacemente evidenziato, più in generale, che termini come quello esaminato sono solo il frutto di una tecnica lessicologica ideata dall’ordine sopranazionale dei mercati, finalizzata non solo alla creazione di un metalinguaggio - funzionale alla privazione dei termini per definire la realtà - ma che si esprime anche in modo ingegnoso coniando enunciazioni complementari a realizzazione congiunta impossibile (p.1).
E ciò, a sua volta, allo scopo di originare una crisi che solo una decisione tecnica (al riparo, quindi, da ogni controllo democratico) sia in grado di risolvere. Ci si trova innazi, in sostanza, ad un’operazione cosmeticalegittimante un potere tecnocratico che agisce sulla base di una scelta politica occulta già assunta e inevitabilmente contraria agli interessi di chila subisce. Una sofisticazione del bis-pensieroorwelliano, oltre che una versione della democrazia idraulica di Hayek [8].
2.2. In via di prima approssimazione, in effetti, si può appurare (come vedremo) che sotto la spinta delle riforme strutturali richieste dall’Europa, mentre le norme approvate con il pacchetto Treu e la legge Biagi hanno massicciamente deregolamentato la normativa sul mercato del lavoro e sui servizi per l'impiego in funzione della c.d. flessibilità in entrata (adattando al massimo la forza lavoro gli assetti produttivi delle imprese nel momento dell’assunzione), la legge Fornero e il Job Act hanno inciso, oltre che sulla flessibilità in entrata, anche e soprattutto sulla c.d. flessibilità in uscita(rendendo più semplice licenziare i dipendenti ed attenuando le conseguenze dell’esodo a carico dei datori di lavoro), con l’annessa “razionalizzazione” del sistema degli ammortizzatori sociali.
Senza indugiare sull’origine storica del termine Flexicurity[9], bisogna ricordare che lo stesso è tornato drammaticamente d’attualità in quanto connesso con le imposizioni dettate dalla Banca Centrale Europea al Governo italiano attraverso la famigerata lettera del 6 agosto 2011[10].Nel testo della missiva, ed al fine di sostenere la competitività delle imprese, ricordiamo che veniva tra l’altro indicata all’Italia
“… b) l'esigenza di riformare … il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione …” [11] e, in pari tempo, veniva richiesta “… c) una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi …”.
3. La Legge Fornero
Orbene, alla “revisione delle norme che regolano l’assunzione ed il licenziamento dei dipendenti”, il legislatore italiano si è come sempre supinamente adeguato proprio mediante l’approvazione del DDL n. 3249 recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, poi definitivamente approvato con la L. n. 92/2012.
E’ uno dei relatori della riforma a confermare che la genesi della stessa “… non puo` non essere ritrovata nella lettera scritta il 5 agosto dell’anno scorso dal Governatore uscente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet, insieme al Governatore entrante, Mario Draghi …” nonché nell’impegno del Governo italiano di contrastare le forme improprie di lavoro dei giovani e di adottare nuove regole di licenziamento per motivi economici, un’endiadi definita “… suggestiva dal punto di vista intellettuale: la connessione tra legalita` e flessibilità. La legalita` e` il presupposto della flessibilità…” [12].
3.1. Al senatore Treu (lo stesso del “pacchetto”), co-relatore del provvedimento, è spettato poi il compito di illustrarne gli ulteriori profili, tenendo a precisare - in un’ottica tipicamente neo-ordoliberista - che:
“… Il messaggio forte … e` una razionalizzazione delle regole del mercato del lavoro, NON DEL MERCATO DEL LAVORO…” [13] e che il Parlamento ha lavorato “… sulle regole nell’ottica europea della flessicurezza o flexicurity… perche´ siamo in Europa e anche perche´ crediamo che questo tipo di equilibrio tra flessibilità` e sicurezza sia quello che serve nel mercato del lavoro, in un’economia turbolenta molto difficile che mette in crisi le sicurezze vecchie, ma che ha bisogno di sicurezze nuove e cherichiede flessibilita` inevitabilmente…”.
Nel solco dell’ideologia dei “quattro pilastri” di derivazione eurordoliberista, il senatore Treu ha quindi richiamato: a) l’importanza della formazione, sottolineando la centralità dell’istituto dell’apprendistato disciplinato dalla futura legge; b) il riassetto nella disciplina degli ammortizzatori sociali.
In tale materia, tuttavia, dove la flessicurezza avrebbe dovuto essere attuata universalizzando le misure di sostegno al reddito, la riforma è venuta meno, escludendo dal beneficio proprio i lavoratori assunti con contratti flessibili. Il motivo è da ricercare nella ormai atavica mancanza di soldi “… che sono pochi. E infatti ne sono rimasti pochi per gli ammortizzatori sociali…” [14]. Chissà perché.
3.2. A ciò si aggiunga l’introduzione di un regime di “condizionalità” per i fruitori degli ammortizzatori sociali - ovvero, la subordinazione dell'erogabilità delle prestazioni sociali a tutela del reddito (in caso di disoccupazione o sospensione dal lavoro) alla concreta disponibilità del lavoratore a seguire corsi di formazione o ad accettare determinate offerte di lavoro, anche se al ribasso e degradanti [15].
I risultati della riforma sono quantomai evidenti: più flessibilità (sia in entrata che in uscita) ed ancor meno sicurezza per i lavoratori, in linea con il paradigma marginalista del lavoro-merce. D’altronde, come sempre, in tale visione “… Le riforme del lavoro possono essere utili … come un tassello di un pacchetto molto ampio di misure tendenti a rendere il sistema più competitivo e a migliorare le condizioni DELL’OFFERTA AGGREGATA di beni e servizi …” [16].
3.3. Considerato il contesto descritto, è del tutto normale che l’allora ministro Fornero si sentisse legittimata – nonostante successive rettifiche - ad esternare pubblicamente il messaggio ideologico del nuovo paradigma socio-culturale: “…L'ATTITUDINE DELLA GENTE DEVE CAMBIARE. IL LAVORO NON É UN DIRITTO, BISOGNA GUADAGNARSELO, ANCHE ATTRAVERSO IL SACRIFICIO…” [17].
4. … Nonché il Jobs Act
Si conclude l’analisi della normativa giuslavoristica con l’esame sintetico del Job Act, assurto ad autentico cavallo di battaglia dell’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Bisogna subito avvertire che sarebbe superfluo in questa sede tentare di dimostrare come anche la L. n. 183/2014 (con i suoi innumerevoli decreti legislativi) affondi le radici in una ideologia europeista di matrice neo-ordoliberale, dal momento che tale ascendenza è stata rivendicata espressamente dall’exPremiercome caratteristica inconfondibile della propria politica
“… Dimostreremo che NON È VERO CHE L’ITALIA E L’EUROPA SONO STATE DISTRUTTE DAL LIBERISMO MA CHE AL CONTRARIO IL LIBERISMO È UN CONCETTO DI SINISTRA, e che le idee degli Zingales, degli Ichino e dei Blairnon possono essere dei tratti marginali dell’identità del nostro partito, ma ne devono essere il cuore…” [18].
In claris non fit interpretatio.
4.1. Il disegno di legge delega 1464 (futuro Job Act), approvato per la conversione del D.L. “Poletti” n. 34/2014 che ha anticipato gli effetti della riforma, aderisce alla tendenza legislativa degli ultimi due decenni e la completa, immettendo cioè nel sistema maggiore flessibilità.
Per ragioni di economia espositiva, si segnala tra l’altro:
a) la sostanziale liberalizzazione del contratto a termine (=flessibilità in entrata) cui è estesa la acausalità entro il primo triennio, divenendo, di fatto, la forma normale di impiego; b) l’ulteriore depotenziamento dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (=flessibilità in uscita) mediante l’introduzione del contratto indeterminato a c.d. tutelecrescenti (fortemente incentivato sul piano fiscale), espressione che dissimula un sistema di “tutele” applicabili in caso di licenziamento illegittimo e che, quindi, si caratterizza per una drastica riduzione del rimedio della reintegrazione, optando a favore della tutela indennitaria. La disciplina introdotta per i licenziamenti individuali è stata estesa, con i decreti attuativi, anche a quelli collettivi;
c) la riconferma della condizionalità per usufruire del trattamento di disoccupazione.
4.2. Nonostante il relatore del DDL si sia affrettato a parlare di “Lavoro ritrovato” [19], la dottrina più accorta, però, ha più realisticamente parlato in modo caustico di un nuovo “… codice geneticodel diritto del lavoro post-costituzionale” e di “… normalizzazione neo-liberale” dell’Italiadentro il quadro europeo; più che svolta, forse si tratta di accelerazione” [20],alla quale sono seguiti gli impietosi (e prevedibili) risultati, anche sul piano giurisprudenziale, analizzati da Sofia [21].
5. Et les jeux sont faits
La metamorfosi giuridico-istituzionale operata da un ristretto potere economico con caratteristiche totalitarie si è, ovviamente, realizzata (come preventivato) di pari passo con quella umana.
Da quanto si è argomentato, non è infatti oltremodo difficile (si spera) comprendere come, smascherando il “monopolio sociale” sotteso alla terminologia sopra analizzata - appannaggio della classe oligarchica economicamente dominante – emerga la figura di un lavoratore (e prima ancora di una persona) completamente trasfigurato il quale, dimentico dei propri diritti fondamentali (in primis, CHE IL LAVORO IN ITALIA È ANCORA UN DIRITTO) e posseduto da un raptusautorazzistico:
a) in nome dell’occupabilitàè indotto a ritenere, compiacendosene, di essere solo nell’oceano liberoscambista dei mercati sovranazionali e globalizzati;
b) utilizza tale solitudine per galvanizzarsi moralmente e spiritualmente, convincendosi che bisogna competere, darsi da faree che ognuno è in fondo atomisticamente artefice del proprio destino(imprenditore di sé stesso) da realizzare senza l’aiuto di nessuno, tanto meno dello Stato la cui azione politica, anzi, è vista come controproducente;
c) è indotto soprattutto a somatizzare che è necessario sapersi adattare alla permanente “durezza del vivere” (cioè accettare supinamente ogni degradante forma di impiego flessibile o ad intermittenza, sotto retribuito o meglio non retribuito affatto), sempre in biblica attesa di un escatologico impiego soddisfacente;
d) è spinto verso una utopistica formazione continua, solo strumento ritenuto idoneo a consentirgli di essere pronto a cogliere le opportunità eufemisticamente definite “pari” e che verrebbero generate in modo spontaneo dal e nel mercato (ovvero, si prepara a competere in un’autentica guerra tra disperati, ad esclusivo vantaggio del capitale imperialista e globalizzato);
e) è portato a vantarsi della sua efficienza e flessibilità, vergognandosi nel caso in cui non riesca ad adattarsi ai ritmi ed alle esigenze impostigli dal mercato medesimo. Non di rado con qualche escursione in farmacia.
5.1. In tal modo il pesante fardello linguistico-normativo della retorica neo-ordoliberista è riuscito a far accettare una diffusa precarizzazione materiale, ma soprattutto ha generato una precarizzazione esistenziale con effetti desoggettivanti [22].
Si può riassumere tale lavaggio collettivo del cervello in uno dei tanti slogan tecno-pop come il seguente: “dall’assistenzialismo alla meritocrazia”: uno slogan che si muove completamente all'interno della concettuologia liberista dell'individualismo metodologico e che dissolve ogni traccia della tutela costituzionale nel linguaggio, e quindi, nella memoria collettiva...Tranne, per pochi fortunati, inclini a resistere, l'utilizzazione del decodificatore del "test di Orwell [23].
La cultura democratico-costituzionale italiana e la persona-essere sociale, con la sua dignità, ne escono definitivamente trasmutati, in nome di un menzognero novus ordo saeculorum di marca europ€ista e ad esclusivo tornaconto di un redivivo global-feudalesimo.
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NOTE
[1] La vita buona nella società attiva - Libro Bianco sul futuro del modello sociale, maggio 2009, 5-7, reperibile all’indirizzo http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_955_allegato.pdf
[21] La vita buona nella società attiva - Libro Bianco sul futuro del modello sociale, cit., passim, 34, 13, 50, 43
[2] La vita buona nella società attiva - Libro Bianco sul futuro del modello sociale, cit., 23
[3] ITALIA 2020. Piano di azione per l'occupabilità dei giovani attraverso l'integrazione tra apprendimento e lavoro, 23 settembre 2009. Ministero del Lavoro. Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, reperibile all’indirizzo http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/d29df901-8aa3-4f31-a3ce-214169d1b453/Italia_2020.pdf
[4] Si veda F. FELICE, Persona, economia e mercato. L'economia sociale di mercato nella prospettiva del pensiero sociale cattolico, LUP, Città del Vaticano, 2010; si veda anche M. RHONHEIMER, Il vero significato della giustizia sociale, un’interpretazione cattolica di Hayek, reperibile all’indirizzo http://www.brunoleonimedia.it/public/OP/IBL-OP_101-Rhonheimer.pdf
[5] L’espressione è di L. BASSO, Ciclo Totalitario II, in Quarto Stato, 30 giugno 1949, n. 12, 3-8
[6] Così F. FELICE, Le basi etiche dell’economia di mercato - Riflessioni sul personalismo economico in Luigi Sturzo, 6, reperibile all’indirizzo http://www.ubirataniorio.org/antigo/basi.pdf
[7] Tale è sostanzialmente l’analisi del fenomeno enunciata da L. BARRA CARACCIOLO durante il convegno Crisi dell'Europa e difesa della Costituzione: per una nuova sovranità democratica, Salerno, 22 aprile 2016, reperibile all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Pg0qHtUPI2I, minuto 114 ss.
[8] Per la quale si rimandaalcontributo di L. ZOPPOLI,La flexicurity dell’Unione europea: appunti per la riforma del mercato del lavoro in Italia, reperibile all’indirizzo http://www.pietroichino.it/wp-content/uploads/2012/03/zoppoli.pdf
[9] Il testo integrale della lettera è consultabile all’indirizzo http://www.wallstreetitalia.com/lettera-della-bce-all-italia-testo-integrale/
[10] Tale “esigenza” è stata subito soddisfatta in via d’urgenza mediante l’adozione del D.L. n. 138/2011, convertito nella L. n. 148/2011, con il quale il legislatore ha inciso su istituti fondamentali del diritto sindacale che non erano stati interessati dalle riforme del 1997 e del 2003, riconoscendo, con l’art. 8, efficacia generalizzata alla c.d. contrattazione collettiva di prossimità(aziendale e territoriale) e alla sua capacità derogatoria rispetto al contratto collettivo nazionale di categoria. Si veda, sull’argomento, A. PERULLI, La contrattazione collettiva “di prossimità”: teoria, comparazione e prassi, cit.
[11] Così il senatore Castro al Senato nella seduta del 23 maggio 2012, 29, reperibile all’indirizzo http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00662320.pdf
[12] Nell’ideologia ordoliberista della “economia sociale di mercato”, infatti, lo Stato ha il solo compito di definire e applicare le “regole del gioco” per realizzare le condizioni che favoriscono lo sviluppo di un libero mercato e agire da arbitro “neutrale”, ma non deve spingersi oltre interferendo con il processo economico; si veda F. BÖHM, Privatrechtsgesellschaft und Marktwirtschaft, Ordo, 17, 1966, 75-76, 80-81, 85, 99-100 come citato in nota da R. SALLY, L’ordoliberalismo e il mercato sociale-Il liberalismo che salvò la Germania, 12, reperibile all’indirizzo http://www.brunoleonimedia.it/public/OP/IBL-OP_89-Sally.pdf; per lo stesso concetto nella dottrina sociale della Chiesa, si veda M. RHONHEIMER, Il vero significato della giustizia sociale, un’interpretazione cattolica di Hayek, cit., 10-11]
[13] Così il senatore Treu al Senato nella seduta del 23 maggio 2012, cit., passim, 34-36
[14] Così T. TREU, Flessibilità e tutele nella riforma del lavoro, cit., 27. Si veda, sul punto, il post http://orizzonte48.blogspot.it/2017/01/poverta-assoluta-e-povertadi-rischio.html
[15] Così T. TREU, Flessibilità e tutele nella riforma del lavoro, cit., 10
[16] http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/27/la-vera-fornero-il-lavoro-non-e-un-diritto/276627/; si rinvia all’intervento in Senato dell’allora ministro Elsa Fornero nella seduta del 30 maggio 2012 reperibile all’indirizzo http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00663256.pdf, 9-10 e 40-45, in cui vengono riassunti gli obiettivi della riforma esposti alla luce dell’ideologia dei “quattro pilastri” di derivazione europea
[17] Così Matteo Renzi in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Foglio l’8 giugno 2012, reperibile all’indirizzo http://www.ilfoglio.it/articoli/2012/06/08/la-sfida-di-renzi-a-bersani___1-v-103155-rubriche_c413.htm
[18] Così P. ICHINO, Il lavoro ritrovato, Milano, 2015, 121
[19] Così V. BAVARO, La politica del governo Renzi: rivoluzione o continuità ?, reperibile all’indirizzo http://www.ildiariodellavoro.it/adon.pl?act=doc&doc=52037#.V5hrRo9OLIU
[21] Così P. BARCELLONA, Parolepotere, cit., 49
[22] https://www.linkedin.com/pulse/da-lassistenzialismo-alla-meritocrazia-nicol%C3%B2-boggian