
1. Abbiamo visto come la "costituzione materiale europea", rivelando ancor più un'intrinseca natura totalitaria nella presente fase di crisi, confermi il suo carattere ordoliberista e i suoi naturali esiti.
Al riguardo vi offro dei sintetici riscontri (segnalati da amici su twitter), di come, fuori dall'Italia, questo tipo di analisi sia svolto molto più consapevolmente ed esplicitamente, confermando come questi esiti totalitari assumano, da noi, il tratto di una vera e propria censura culturale (la suggestione è quella della "terza via" (v.p.6), che serve a legittimare quella assunzione "a sinistra" di un modello sociale che, lo stesso Roepke, chiarisce non essere affatto diverso dal neo-liberismo in sè e dalla sue strategie di soppressione dello Stato democratico-sostanziale, cioè quello "sociale", tipicamente delineato nei principi fondamentali e inderogabili della nostra Costituzione):
https://york.academia.edu/WernerBonefeldYork (estratto da Werner Bonefeld, studioso presumibilmente tedesco presso l'Università di York)

https://www.ineteconomics.org/uploads/papers/WP23-Mirowski.pdf (é un estratto da Mirowsky, a noi già noto)

Dando per scontato che taluni avranno bisogno della traduzione, la lascio a qualche volenteroso affinchè la inserisca nei commenti (e poi sarà successivamente incorporata nel post).
2. Ora questo "biopotere antidemocratico" - come tale modificativo/evolutivo o, addirittura, "purificatore", della stessa natura umana, e "con ogni mezzo", quindi fortemente costruttivista e dunque naturalmente incline all'autoritarismo- mira ontologicamente a "screditare" lo Stato, reinventando un "significato" nuovo, - ma niente affatto inedito- nell'intera €uropa, della democrazia.
Sempre collegandoci al post di premessa citato al punto 1, (la cui rilettura diamo per acquisita), siamo di fronte ad un biopotere che si impernia sulla esplicita teorizzazione dei mercati come detentori della sovranità "effettiva", appunto, per via del potere di dichiarare lo stato di eccezione (e non a caso qui emerge il collegamento con Carl Schmitt e la sua contro-teologia politica, tipica del liberalismo di governo che non può curarsi di dover validare le sue assurde e strumentali teorie economiche), conferitogli in molti modi dalle norme appositamente "oscure" dei trattati.
Tuttavia, imercati- assunti in modo impersonale e "categoriale" - ma in realtà, come ci insegna Galbraith (pp.4-5), posseduti da una ristretta oligarchia- assumono il potere di dichiarare lo "stato di eccezione"in quanto vi sia una cornice istituzionale che glielo consente. Ed è questa la funzione dei trattati che fondano la "costruzione europea" nel suo insieme e fin dalle origini.
3. Sappiamo peraltro che per poter pienamente realizzare la ridislocazione della sovranità nei mercati (del relativo "ordine sovranazionale"), l'istituzionalizzazione passa per la ri-appropriazione dello strumento essenziale della stessa sovranità democratica: la moneta.
In molti evidenziano il dominio della "finanza cattiva" in chiave non solo globale ma, più che in ogni altra area geo-economica, nell'eurozona.
3.1. Ma questo richiamo rischia di essere generico e, specialmente, mal compreso dall'opinione di massa, se non lo si lega all'attacco alla sovranità monetaria degli Stati democratici - cioè "solo" quelli sociali, essendo una finzione (qui, p.14.1.) la formula oligarchica del metodo elettorale nelle democrazie "liberali"-, come momento decisivo di vera e propria, definitiva, "presa del potere".
La moneta fiduciaria a emissione sovrana e nazionaleè, infatti, la linfa vitale che consente di perseguire liberamente, e cioè in autonomia sovrana, i fini che caratterizzano effettivamente la democrazia, ed è quindi, come ormai emerge con chiarezza assoluta, il contenuto pregiudiziale essenziale di ogni sovranità.
4. Dunque, la sottoposizione degli Stati a sovranità (democratica: non fa mai male ripeterlo) ai mercati passa per la moneta e questo obiettivo è realizzato mediante la c.d. finanziarizzazione dell'intero assetto sociale.
Sul piano istituzionale, cioè delle regole supreme imposte alle comunità politiche statali, ciò passa per la sottrazione della sovranità monetaria che significa, anzitutto, convertire lo Stato - e il suo intero substrato sociale-popolare- in un soggetto debitore di diritto comune.
Dunque, quando si teorizza il "vincolo esterno", e lo si elogia come soluzione salvifica dettata da trattati internazionali, si vuole, in realtà, partendo dal pretesto della "lotta all'inflazione", richiamare l'assoggettamento ai mercati, prima di tutto, finanziari privati.
Lo schema è relativamente antico e risale alle radici dell'evo "moderno".
Ma lo ritroviamo puntualmente svolto dapprima nell'idea dei cambi fissi e della banca centrale indipendente, legata al sistema dello SME e, poi, perfezionato, nell'euro.
Queste sono le basi, secoli fa, come oggi, della demolizione delle sovranità democratiche e dello stesso benessere sociale.
5. Per realizzare politicamente una così radicale trasmutazione delle prospettive di libertà (effettiva, condivisa da tutti i consociati) e di crescita generale, insite nelle democrazie, occorre una forte propaganda "morale", una giustificazione "etica" che travolga, come teorizza il richiamato Schmitt, ogni resistenza democratica e ogni percezione del proprio interesse della classi sociali danneggiate.
La de-sovranizzazione della moneta svolge egregiamente questo compito ma deve essere accompagnata da questo condizionamento totalitario culturale e accademico.
Ed è, questa, la caratteristica fondante di ogni ordinamento "liberale", in cui l'estrema libertà "da", difesa ad oltranza come limite alla indeterminata "tirannia", diviene in concreto "libertà di" pochi, pochissimi nello schema ideale, cioè "di" togliere la libertà a tutti gli altri e di reclamare tale prerogativa come "diritto" (di paradossale "libertà") in questa cornice morale travolgente.
6. Ce ne dà un primo riscontro lo stesso Ropespierre che, al di là della valutazione della sua controversa figura storica, nondimeno, incarna la vena democratica dell'illuminismo, che recedette, in ultima analisi, di fronte alla "sostituzione" (v. p.4) che la classe borghese liberale volle fare di se stessa alla vecchia aristocrazia.
Ecco come Robespierre, in uno scritto del 1793, tratto (pag.345) da suoi "taccuini privati", ci rende conto della "impossibilità" della democrazia allorché prevalga l'ordine liberale dei mercati attraverso la sua morale istituzionalizzata (per via mediatico-culturale, cioè anzitutto "propagandistica", come nel caso della costruzione europea):
"Qual è il nostro scopo?
Imporre la costituzione a beneficio del popolo.
Chi saranno i nostri probabili oppositori?
I ricchi e i corrotti.
Quali metodi impiegheranno?
La calunnia e l'ipocrisia.
Quali fattori li incoraggeranno a ricorrere a questi mezzi?
L'ignoranza della gente comune.
Quando il popolo riceverà un'istruzione?
Quando avrà abbastanza da mangiare e i ricchi e il governo smetteranno di pagare lingue e penne infide per ingannarlo; quando i loro interessi si identificheranno con quelli del popolo.
Quando accadrà?
Mai".
7. In effetti, tale identificazione è, per definizione, impossibile; nessuno si auto-priva del potere che costruisce attraverso il controllo economico e quello mediatico-culturale, a meno che una forza esterna più grande non lo induca a far ciò. Una prospettiva rara, nella Storia, e che, in Italia, si realizza episodicamente con l'unità nazionale confluita nell'Assemblea Costituente.
Ma lo sviluppo normale delle società capitalistiche è nel senso di controllare i media e la cultura e di far risultare "naturale" la privazione della sovranità monetaria nell'ordinamento democratico, col consenso "proiettivo-identificativo" della masse condizionate: e abbiamo altresì visto come proprio questo sia il tratto distintivo del paradosso €uropeo.
8. L'euro, dunque, quale perfezionamento istituzionalizzato del sistema di assoggettamento finanziario dei popoli ex-sovrani, resi debitori di massa verso oligarchi finanziari che controllano gli Stati da un livello sovranazionale, si mantiene in vita, contro ogni logica elementare, proprio sulla forza istituzionalizzata di questo vincolo morale manipolatorio.
L'effetto del "mai" pronunciato da Robespierre può scorgersi, in tutta la sua valenza profetica, rispetto agli effetti estremi (ma non isolati) della privazione della sovranità monetaria in Grecia:
"Il debitore ha concluso un contratto con il creditore e si è impegnato nel senso che, se non dovesse restituire il dovuto, darà in sostituzione qualcos'altro che possiede, qualcosa su cui ha il controllo, per esempio, il suo corpo, sua moglie, la sua libertà...
Chiariamo la logica di tale forma di compensazione: è alquanto singolare.
Un'equivalenza è stabilita dall'atto del ricevere del creditore, in luogo di una letterale compensazione (monetaria ndr.) per qualsiasi danno (da inadempimento) (così, al posto del denaro, terra, possedimenti di ogni tipo): un vantaggio apprezzabile nella forma di un tipo di piacere - il piacere di essere autorizzato a dar liberamente sgofo al suo potere sopra chi ne sia totalmente privo, il piacere voluttuoso "di fare il male per il piacere di farlo", il godimento del violentare...Nel "punire" il debitore, il creditore partecipa del diritto (illimitato) dei padroni...La compensazione, allora, consiste in una garanzia "di" e in una legittimazione "a" la crudeltà"
(Corey Robin 2015, sulla Grecia).
9. Dunque, la finanza privata prende il potere avendo come "leva" quella di innalzarsi a creditore degli Stati, cioè dei popoli che, attraverso il loro assoggettamento al potere di imposizione fiscale degli Stati-debitori, sono i garanti, "fino all'ultimo cent" della restituzione del debito contratto dalla politica, controllata dagli oligarchi finanziari; e ciò allorchè la "classe politica" (chissà perché...) si induca a istituzionalizzare la de-sovranizzazione o de-nazionalizzazione della moneta.
La pervasività della finanziarizzazione, dunque, è l'effetto della privatizzazione della finanza pubblica, intesa, appunto, come privatizzazione istituzionale dei metodi e delle fonti con cui lo Stato, alla stregua di un qualsiasi "affarista", si procura i mezzi finanziari per i suoi fini: quindi, autocostringendosi a ricorrere ai mercati, anziché utilizzando la sovranità monetaria e le leve del suo intervento economico per favorire attivamente lo sviluppo in piena occupazione.
10. Non è, dunque, la "finanziarizzazione" un dominio che si afferma tramite strumenti come i "derivati" o "la cartolarizzazione" (finanziaria) della dismissione massiccia dei beni pubblici di ogni tipo: questi sono soltanto effetti e corollari del fenomeno principale di desovranizzazione statale.
Ogni privatizzazione, ogni emergenza dei mercati che "scoppiano" sotto il peso delle loro scommesse sugli esiti futuri dell'assolvimento di "debiti" (generando poi il "welfare bancario" di soccorso con i soldi dei contribuenti), presuppone che il "debito", verso il sistema bancario privato stesso sia, anzitutto, imposto come metodo esclusivo di finanziamento dello Stato, accoppiato al divieto, tipico dell'ordinamento €uropeo, a carico degli istituti emittenti la moneta, di acquistare direttamente titoli del debito pubblico o comunque di fare anticipazioni monetarizzate di credito agli Stati e ad ogni forma di ente pubblico (art.123 TFUE, grund-norm, in tal senso della desovranizzazione istituzionalizzata a favore dei mercati sovranazionali finanziari).
11. Una volta reso lo Stato, e quindi la finanza pubblica, come un settore dipendente dal credito bancario, basato sulla "elargizione della fiducia", il costo collettivo che ne deriva è tale che lo Stato perde i suoi connotati democratici e l'attitudine a perseguire i relativi fini (quand'anche costituzionalizzati): il conseguente e intenzionale paragidma deflattivo (stabilità dei prezzi e monetaria, enunciati come fini caratterizzanti dell'UE nell'altra grund-norm dei trattati, l'art.3, par. 3 del TUE, qui punto B), conduce alla svalutazione salariale (reale) come politica principale che si realizza mediante un elevato livello di disoccupazione strutturale, e queste ultime caratteristiche strutturali istituzionalizzate, danno inevitabilmente luogoalla generalizzazione edall'aggravarsi della situazione di indebitamento di tutti i consociati.
Tutti divengono debitori e tutti i cittadini, sono asserviti alla "legittimazione alla crudeltà" dei padroni finanziari del credito.
Il precedente risparmio collettivamente accumulato (in regime democratico) da tutti i cittadini, diviene il patrimonio escutibile, da parte di questi padroni privati, come garanzia della restituzione del debito comunque e da chiunque contratto, a seguito dell'esplosione del ricorso al credito privato, assurto a necessità di "sussistenza", a cominciare da quella dello stesso Stato.
E abbiamo perciò, inscindibilmente legata all'euro e alla desovranizzazione della moneta, l'Unione bancaria.
Di cui abbiamo a lungo parlato.
Spero di aver fornito un quadro sufficientemente chiaro della questione...