
1. Sono ben contento di dare spazio alla sintesi, giuridicamente ineccepibile, che Duccio e Dario hanno delineato con questo loro botta e risposta nei commenti al precedente post. Si tratta della definizione di problematiche giuridiche e di elementi essenziali,"costitutivi" della nostra situazione politico-istituzionale, che riassumono un percorso di analisi fenomenologica intrapreso fin dagli inizi in questo blog.
E' quindi con un certo "orgoglio" che vi riporto la loro sintesi; è chiaro che molti argomenti sono noti e sviluppati, da Basso e Mortati, così come da altri, come Calamandrei, o Di Vittorio, fin dagli anni '50: non di meno è importante che la loro riemersione da un ambiente "di base diffusa" possa indicare almeno la speranza di un recupero della cultura giuridica democratico-costituzionale:
In primo luogo, se la gran parte delle norme viene creata al livello comunitario, cioè fuori dalla sede naturale del Parlamento, la Costituzione perde necessariamente quel ruolo di guida dell'attuazione del programma economico sociale in essa iscritto.
Potrà al più, anche senza negarne formalmente il ruolo di fonte sovraordinata, fungere da parametro esterno in base al quale operare il consueto controllo ex post, eventuale e "a risorse vincolate", da parte della Corte Cost., di singoli 'pezzi normativi' di un indirizzo politico determinato da organismi internazionali, che ovviamente non contemplano, né sono tenuti a farlo, il programma economico costituzionale.
Altro aspetto, strettamente conseguente, della dissoluzione dell'ordinamento sta nella mancanza di tassatività delle norme, il cui contenuto generico e indeterminato trova un chiarimento o talora una specificazione adatta soltanto "al caso concreto" nelle normazioni "secondarie" recate dagli organi dell'esecutivo.
Un terzo aspetto, anch'esso ampiamente trattato sul Blog e correlato agli altri, si verifica con il supino riconoscimento del carattere giuridico vincolante erga omnes a 'norme interne' degli operatori privati in posizione dominante a livello internazionale.
Che siano le norme di Basilea, giù giù fino ai mille protocolli e attestazioni di qualità su processo aziendale e prodotto.
In tutto ciò, il legislatore italiano non tocca palla, e nemmeno ne avrebbe le capacità. Infatti, in un circolo vizioso a velocità crescente, l'assenza o la perdita di capacità 'interna' (in tutti i poteri costituzionali e settori della società) legittima e rende necessitato il ricorso "allo straniero".