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ABBATTIMENTO DEL DEBITO E PAREGGIO "IMMEDIATO" DI BILANCIO: LE DIFFICOLTA' IN AGGUATO

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Dal "Corriere della sera" apprendiamo di una proposta del prof. Savona intesa all'abbattimento di una quota di circa 400 miliardi del debito pubblico, con contemporaneo suo consolidamento per tale misura.
Cerchiamo di riassumere, se abbiamo capito, i termini dell'operazione:
- l'operazione prevede che circa 400 miliardi di debito siano consolidati a un termine di rimborso di 7 anni, prescindendo quindi dalla scadenza di rimborso prevista con l'originaria emissione (si potrebbe trattare sia del prolungamento di titoli a scadenze inferiori, sia di altri a scadenze di gran lunga superiori ma emessi in epoca in cui i rendimenti, a prescindere dagli spread, erano legati a un livello di inflazione più alta);
- colui che aderisce si vedrebbe corrisposto (oltre che naturalmente il rimborso del capitale nominale sottoscritto, a tale nuova scadenza) sia un interesse pari al tasso di inflazione aumentato del 20% della (possibile) crescita del PIL sia un warrant rappresentativo della garanzia, ovverosia vendita, del sottostante, che verrebbe formata da un paniere di beni immobiliari e azioni (di società industriali) di proprietà dello Stato, previamente individuato dai tecnici del tesoro;
- il vantaggio che spingerebbe il detentore attuale dei titoli da consolidare ad aderire all'operazione sarebbe oltre ad una ragionevole certezza di tutela "reale" del rendimento (almeno pari all'inflazione), la commerciabilità e liquidabilità del warrant ovvero la sua trasformazione (proprio in quanto il warrant è un'opzione,, cioè un diritto di vendere o acquistare) appunto nell'acquisto del bene sottostante posto a garanzia;
- il warrant verrebbe emesso, almeno si deve ragionevolmente supporre, dalla stessa società "privata" creata ad hoc come immediata cessionaria degli assets patrimoniali pubblici, e questo perchè altrimenti continuerebbe ad essere una "passività" gravante sul debito pubblico, e perchè, comunque, l'emittente dovrebbe giuridicamente coincidere col nuovo "proprietario" del bene sottostante offerto in garanzia (in senso ampio, trattandosi di un diritto di acquisto);
- questo complessivo meccanismo, potrebbe garantire un abbattimento immediato dell'onere degli interessi sul debito pari a circa 30 miliardi, quindi grosso modo 2 punti di PIL, ma, esplicitamente, "a condizione che" si accompagni all'immediato pareggio di bilancio, cioè che il tesoro non debba, per il periodo di consolidamento, finanziarsi sul mercato aggiungendo nuovi ovvii oneri di interesse passivo;
- infine i 30 miliardi di risparmio, praticamente immediato, di interessi passivi potrebbero essere utilizzati per attenuare, in misura corrispondente, il cuneo fiscale sul lavoro.

Speriamo di aver schematizzato il tutto senza farci sfuggire qualcosa.
Alcune osservazioni su quello che, però, rimane non del tutto chiaro:
a) non è chiaro come su 400 miliardi di debito si arrivi a un risparmio di 30 miliardi, tanto più che un interesse, sebbene inferiore, si continuerebbe comunque a corrisponderlo (almeno pari ad un'inflazione che sebbene oggi pari a circa 1,3-1,4 punti è pure sempre da sottrarre al risparmio relativo ai rendimenti oggi corrisposti, in media, su tale ammontare di debito). Si può supporre un risparmio netto di rendimento “medio” pari a circa 300 punti: lo spread sui titoli a breve in realtà è più basso, ma la quota di debito consolidato parrebbe sostituire sia titoli a breve termine a loro volta emessi per rimborsare titoli medio-lunghi, sia, comunque, e in aggiunta a ciò, i circa 110 miliardi di titoli trentennali, emessi alla fine degli anni ’90 a tassi tra il 6 ed il 9%. Il minor onere per interessi sarebbe prevedibilmente pari a circa 12 miliardi. Perché, ci sfugge, il risparmio dovrebbe estendersi ai rendimenti del resto del debito, non soggetto al consolidamento volontario? Può essere che questo accada, ma non vediamo con immediatezza il perché.

b) facciamo un calcolo del risparmio complessivo: su 400 miliardi pagherei, in un'ipotesi”media” (che sconti la riconversione sia dei titoli a lunghissimo termine anzidetti sia di altri di tipologia diversa), 12 miliardi in meno; sui restanti 1600 miliardi avrei da corrispondere ai livelli attuali di rendimento medio complessivo, circa 68 miliardi a cui va aggiunto il rendimento pari all'inflazione della parte consolidata, cioè 400x0,013=5,2 miliardi. Il tutto conferma che l'onere degli interessi direttamente risparmiato sarebbe non superiore agli indicati 12 miliardi (qualcosa in meno). Ovviamente, ma ci mancano i dettagli, potrebbe trattarsi, in una situazione limite, di un intero blocco di titoli tutti omogeneamente emessi a interessi estremamente alti e non ancora scaduti: in tal caso sarebbero superate le obiezioni mostrate nei punti c) e d);

c) forse dovremmo conteggiare l'abbassamento degli spread realizzatosi in tempi recenti (ad es; sui titoli decennali, ad oggi, 11 luglio 2013, lo spread rispetto ai bund è di 275 punti) e che verrebbe così "consolidato", quantomeno sul mercato secondario dove continuerebbero ad essere scambiati i titoli "in vita" non soggetti all'operazione. Ma più che una diminuzione dei rendimenti si avrebbe, com'è noto, una rivalutazione dei corsi, con un indubbio vantaggio di bilancio per i detentori di tale parte dei titoli sovrani, cioè per le banche e i soggetti finanziari che ne sono possessori per oltre il 90%;

d) l'ipotesi che si fa è che questi spread, per effetto del concomitante pareggio di bilancio (e della conseguente cessazione della domanda di liquidità sul mercato) si avvicinerebbero al valore dei, ben più bassi, rendimenti al collocamento? Cioè che si avrebbe un ulteriore abbattimento complessivo di qualcosa in più di 100 punti (calcolando gli interessi all'emissione degli ultimi anni, tarati su un'inflazione più alta), pari, grosso modo, su 1600 miliardi, ad altri 18-19 miliardi?

e) questa ipotesi, però, presuppone, se finora abbiamo seguito attendibili criteri di stima, la realizzabilità immediata del pareggio di bilancio. Diciamo, che, scontando un risparmio di oneri per 30 miliardi, ciò significa:
1) perfetta simultaneità tra pareggio e attuazione dell'operazione (in effetti Savona lo dice, parlando dell'esigenza che l'abbattimento previsto sia realizzato con immediatezza), il che implica, però, l'immediato consolidamento “aggiuntivo” del bilancio per circa un punto di PIL, visto che sottraendo circa 2 punti di PIL all'onere degli interessi, avrei bisogno di un altro punto di avanzo primario, dato un deficit annuale più o meno accreditato al 3%;
2) è possibile compiere questa parallela operazione, evidentemente ulteriore rispetto alla cessione di assets patrimoniali, con tagli della spesa o nuove tasse, dando per scontato sia che le misure che il governo potrebbe adottare allo stato - e con tutte le difficoltà finora incontrate- sono tarate sul mantenimento del 3% e che già ciò implica evidenti rischi di fallimento del target, dovuti al fatto che la recessione sarebbe comunque amplificata, per effetto del tanto negletto moltiplicatore?
3) misure aggiuntive a quelle che già risulta oggi difficile adottare e per un punto di PIL non rischiano di acuire la recessione e portarla, con una manovra complessivamente da quasi 2 punti di PIL (data la misura già attuale di intervento necessario per mantenere il tetto del 3%), a un livello di recessione che vanifichi il calcolo stesso di pareggio, per effetto della caduta della base imponibile-PIL, e i conseguenti riflessi incontrollabili sui conti pubblici?

Queste difficoltà di calcolo dei vantaggi effettivi attendibili dall'operazione, data la delicatezza della attuazione sequenziale dei vari interventi di cui implica il complesso coordinamento, poi, non sembra considerare la non certo auspicabile "privatizzazione" di un così rilevante pezzo del patrimonio pubblico, con prospettive quali: a) la perdita dei profitti realizzabili dalle società pubbliche (spesso "strategiche") messe in vendita; b) la estrema aleatorietà del realizzare prezzi di vendita non "fallimentari", e quindi, tali da indurre l'idea che il "premio implicito" del warrant risulti esoso, deprimendone il valore prevedibile, e rendendo inappetibile l'operazione, affidata, com'è, a basi volontarie.

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