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PANEBIANCO CI SPIEGA COME "FARE"!

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Panebianco, sul Corsera di oggi, con "sentenzioso" editoriale, ci dà la sua visione, altamente tecnica e visibilmente documentata, dei perchè della crisi italiana.
Voi direte che non vale la pena neppure di confutarlo: e c'avete ragggione, c'avete.
Rimane il fatto che non si può andare avanti così e trovare una benchè minima soluzione alla crisi italiana finchè ci sarà un'informazione di questo livello.

Basti dire che il nostro parte dall'ennesimo "riassunto della situazione" di Giavazzi ed Alesina che "scolpisce" così "Per bloccare il declino occorrerebbe tagliare tasse e spesa pubblica. Invece la spesa continua a crescere e le tasse pure".
Di seguito se la prende con la burocratizzazione, terzo lato del triangolo della morte che "affonda la società" e vedremo con quali meravigliosi spunti.

Ma prima dobbiamo correre in difesa di Saccomanni e...Giarda. Non tanto per quello che costoro hano inteso e intendono "fare" (ormai gli ha preso a tutti l'ossessione del "fare"), quanto per la questione della spesa pubblica che aumenterebbe tutt'ora.
Sappiamo, per averlo riportato in un commento quasi integrale, che lo studio di Giarda smentisce questo obsoleto luogo comune, mostrando come la spesa pubblica più importante, in Italia,non solo sia calata sensibilmente nei settori più importanti per lo sviluppo, e cioè spese in conto capitale, istruzione pubblica, sicurezza e giustizia, ma che la sua dinamica di crescita, - in relazione ad un PIL in stagnazione o diminuzione, fenomeni iniziati in modo plateale con l'introduzione del cambio fisso= euro (ma Panebianco non era...in platea, evidentemente)-, è tra le più basse del mondo occidentale (Germania inclusa) e connessa a due fenomeni che di sicuro non paiono balenare nella testa di Panebianco: l'invecchiamento della popolazione (spesa sanitaria, comunque in smantellamento distonico rispetto al crescente trend dei...vecchietti) e l'aumento strutturale della disoccupazione.

Panebianco, insomma, non ricorda quello che ha detto lo stesso Saccomanni, che come abbiamo visto qui: "ammette che la spesa corrente, rispetto allo scorso anno è calata di 0,5 punti, e dell'8,5% dal 2009!" Sicchè abbiamo dovuto aggiungere, per la precisione:
"Ma il calo complessivo della spesa corrente in rapporto al PIL, al netto degli stabilizzatori automatici da disoccupazione incentivata" (la parte seccante della curva di Philips "occulta" che li guida), sarebbe stato ancora più ampio in assenza della recessione 2011-2013 (ci limitiamo a quella provocata dal "più europa", escludendo la recessione da "subprime" e tralasciando l'output-gap, dovuto alla stessa UEM, precedente a tale ultima crisi, perchè comunque, costringendoci Maastricht a saldi primari strutturali, per comprimere deficit innnervati da deficit della bilancia dei pagamenti, un certo qual effetto negativo sul PIL ce l'aveva già avuto)."

Ma Panebianco no, ignorando ogni evidenza di fatto (che comprenda il significato macroeconomico di un taglio della spesa pubblica di 8.5 punti tutto realizzato in situazione recessiva, sarebbe davvero troppo), insiste: "la burocratizzazione crea una ragnatela normativa che, mentre soffoca la società, funziona da rete di protezione contro qualunque velleità di tagliare o razionalizzare la spesa".

Come prima cosa, si evidenzia la confusione mentale in cui versa il nosto, convinto con'è che la burocrazia "crei" le norme, mentre invece è un fenomeno a valle delle norme, che sono una decisione politica, la principale delle decisioni politici, che fanno capo, per previsione costituzionale (condivisa da tutti i paesi del mondo, fin dai tempi della creazione dei parlamenti "rappresentativi",almeno dalla Glorious Revolution, nel XVII secolo); persino le norme regolamentari sono di spettanza della politica, come decreti dei ministri (DM), decreti interministeriali (DIM), ovvero decreti emanati dal consiglio dei ministri nella sua collegialità e che vengono "esternati" come DPR (decreti del Presidente della Repubblica". E tutti i regolamenti devono trovare base, comunque, cioè essere "previsti da" una legge votata dal Parlamento.
Alla fine Panebianco, senza saperlo (ah, se sapesse!), finisce col prenderesela col Parlamento e coi governi, che danno luogo alla da lui deprecata "macchina di regole asfissianti per il corpo sociale".
Solo che nemmeno sa, o meno che mai, immagina che le regole, leggi e/o atti regolamentari, emanati in Italia, da almeno un paio di decenni, sono il frutto di obblighi essenzialmente derivanti da "superiori" disposizioni europee. Cioè, in materia di "tasse" dai vincoli di deficit e di bilancio postici da Maastricht e dal fiscal compact (semplifichiamo, perchè in mezzo ci stanno determinazioni informali e varie, come le lettere BCE, le raccomandazioni di Commissione ed Eurogruppo, e via dicendo); nel mentre, in materia di spesa (in testa le procedure di appalto) e di funzioni di "controllo" (ad es; in materia ambientale e agricola), affidate alla pubblica amministrazione (con cui se la prende tantissimo), praticamente il 90% della normativa emanata negli ultimi decenni, secondo il monitoraggio eseguito dalla stessa Presidenza del consiglio dei ministri, deriva da fonti (direttive) UE.

Notare che, nonostante la contraddizione (carenza di cultura istituzionale?) sull'origine delle regole che l'odiata burocrazia è, tra l'altro, obbligata ad applicare (artt.97 e 98 Cost., un dettaglio fastidioso: "li cambieremo" e senza ricorrere agli stupidi referendum consultivi dell'inutile popolo), ipotizza che la "proliferazione continua di norme ingarbugliate" (che come poi vedremo non dovrebbero essere interpretate da giuristi ma da "tecnici esperti" non meglio precisati: e non sia mai che le norme siano interpretate dai giuristi, dovesse diventare opprimente per il corpo sociale; facciamole interpretare agli elettrotecnici...o forse voleva dire agli esperti di finanza formati a G&S, mi sa tanto), avrebbe lo scopo di servire "all'autoriproduzione degli apparati burocratici".
UN'AUTORIPRODUZIONE DEI BUROCRATI CHE NON DEVE ESSERE RIUSCITA TANTO BENE, nonostante la "acuta" analisi che smaschererebbe le loro occulte mire, naturalmente, "parassitarie": l'ISTAT (quello che gli serve per fare i calcoli degli sprechi, anche quando precisa che i costi pubblici non sono correttamente comparabili con quelli della produzione dei servizi privati, come abbiamo visto nel post "Giarda", sopra linkato), attesta che i dipendenti pubblici, tra il 2001 e il 2011, nell'era felix dell'euro moralizzatore, sono calati di 368.000 unità, cioè dell'11,5%.
Se poi avesse qualche altro dubbio, dovrebbe sapere (ma non so se si fida, lo studio, infatti, è della Corte dei conti), che questi "astuti burocrati" oppressori della società, hanno subito, più ancora dei lavoratori privati "contrattualizzati", una forte deflazione salariale: "...andamento delle retribuzioni lorde reali pro capite dei pubblici dipendenti dal 2000 al 2014. Risalta la crescita avvenuta nella prima parte del periodo, sino al 2006, in linea con quella del PIL, ed un calo dei redditi reali nel 2007 preludio di una caduta, dal 2009 in avanti, sempre più marcata per tornare nel 2014 a valori analoghi a quelli del 2002 (fig.7)".
Cioè, come ci dice la Corte dei conti, nello studio 2012, appositamente effettuato sul "costo del lavoro pubblico", da sei (6) anni, le retribuzioni pubbliche crescono meno dell'inflazione e, ora anche diminuite nei loro valori nominali, ritorneranno nel prossimo anno (forse, perchè il blocco contrattuale nel frattempo è stato prolungato al 2015) ai valori reali del 2002."
Insomma, per essere così diabolicamente cattivi e autoperpetuatori, i burocrati risultano alquanto "fallimentari" nella loro strategia (di applicazione delle norme oppressive dettate dalla politica che è poi, in larghissima parte, un "lovuolel'europa").


Ma tutti questi dati di fatto non sono un problema per il "nostro": d'altra parte, è convinto che la crescita si ottenga- eh, ma lo dicono Giavazzi e Alesina!- tagliando la tasse e la spesa pubblica,cioè attivando, in situazione recessiva, un complessivo moltiplicatore fiscale negativo, per lo stesso FMI, visto che tagli di spesa finanziati con sgravi fiscali (Haveelmo insegna, vox clamans...in europa), hanno un moltiplicatore pari a 1 in termini di diminuzione del PIL.

Quello che gli manca, al "nostro", è l'ABC della valutazione di impatto delle norme. Un argomento di cui in questo blog abbiamo specificamente parlato, illustrandone le origini USA, il recepimento da parte della Commissione UE (col decisivo contributo di Massimo Florio, un economista naturalmente ignorato nella implementazione italiana dell'accertamento di impatto: forse perchè ha dimostrato che le privatizzazioni si sono rivelate dannose sotto tutti i punti di vista?), e la quasi impossibile applicazione in Italia, per mancanza di volontà..."strategica" di investire, a livello politico, nelle indispensabili professionalità, in un'epoca di tagli del personale e di blocchi del turn-over.

Ma se gli manca l'ABC, questo non gli impedisce di parlare dell'argomento da autentico "espertologo".
Nello stesso editoriale, non potendo evitare di proporre geniali soluzioni, dice infatti "occorrerebbe impedire a chiunque di accedere ai livelli medio-superiori di una qualsivoglia amministrazione pubblica, nazionale o locale (e anche delle magistrature amministrative, dal Consiglio di Stato alla Corte dei conti), se dotato solo di una formazione giuridica. Servirebbero invece specialisti addestrati (ADDESTRATI?) a valutare l'impatto- effetti e costi economici e sociali- di qualunque norma e procedura. Specialisti nel semplificare anzichè nel complicare. Meglio se potessero anche vantare lunghi soggiorni presso altre amministrazioni pubbliche europee e occidentali".

Ecco appunto. Dimenticando che la valutazione di impatto è essenzialmente una fuzione ausiliaria del momento politico delle decisioni normative, cui sono estranei, in ogni parte del mondo, gli ordinari "amministratori": e dimenticando che la politica può effettuare le, necessariamente preventive, valutazioni di impatto, se e in quanto lo desideri veramente, investendo, con nuova spesa beninteso, nella propria expertise politica, e creando nuovi apparati, cioè nuove strutture veramente funzionali...che però potrebbero scoprire l'esistenza del moltiplicatore fiscale, e contraddire, come hanno fatto al FMI, le teorie salvifiche della crescita degli Alesina e dei Gaivazzi. 'Nziamai!

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