Avvedendomi di una certa disaffezione rassegnata delle menti migliori della "nuova generazione", mi accorgo anche che questo stesso blog risente, nella partecipazione ai commenti, del clima di quasi-disperazione che la situazione generale legata alla costruzione €uropea ha nel frattempo generato.
E, purtroppo, vedrete, in fondo a questo stesso post, come questa quasi-disperazione non sia un mero stato d'animo soggettivo. Le cose che vi accenniamo in tale parte rivestiranno un ruolo fondamentale nello sviluppo impresso alla situazione, agendo come contromisure di prolungato accanimento preventivo su un malato ormai inguaribile.
L'origine di tutto questo "scoramento", credo, sia da individuare in via prioriataria nella situazione italiana, che, rimaniamo dell'idea, costituisce la principale ragione sociale della prosecuzione dell'euro: almeno fino a che non sarà ridotta a un cumulo di macerie..
Da essa non solo non emerge traccia di reazione consapevole a questo andamento disastroso, nelle istituzioni di governo e nella stessa Confindustria, supply-sider, anti-Stato, ad oltranza (ignorando la priorità dell'elemento monetario: elemento ancor più apparentemente inspiegabile, un unicum al mondo), ma le linee politico-economiche che si presentano in irresistibile ascesa, intendono addirittura percorrere una intensificazione massiccia dell'impostazione che porta alla crisi da domanda. Di cui non vogliono, nè possono, riconoscere l'esistenza e le cause.
Cosa che, nel resto del mondo, ormai, è invece ben chiara: e non solo da parte di autorevoli voci tradizionalmente critiche, ma nelle stesse testimonianze del mondo finanziario ortodosso.
Così:
Il professore di Harvard Kenneth Rogoff ha detto che il lancio dell'euro è stato un "errore gigantesco di proporzioni storiche, realizzato troppo presto", che ora richiede un grado di unione fiscale e un fondo comune di risoluzione bancaria per poter funzionare, ma i leader dell’UEM ancora si rifiutano di intraprendere queste azioni.
"La gente non parla più del crollo dell'euro, ma la disoccupazione giovanile è davvero tremenda. Non è possibile lasciare andare questa tempesta per altri cinque anni," ha dichiarato.
Rogoff ha detto che l’Europa sta sperperando la"risorsa scarsa" della sua gioventù, che sarebbe estremamente necessaria per dare forza a una società che invecchia a causa della crisi demografica.
Mentre l'Europa ha ancora grandi competenze tecnologiche e un ordinamento giuridico che è l'invidia di molti mercati emergenti, ora rischia di perdere terreno come primo attore dell'economia globale.
"Se queste potenzialità tecnologiche non vengono realizzate, l’Europa si sveglierà, come Rip Van Winkel, da un lungo sonno di tipo giapponese, ritrovandosi ad essere una parte molto più ridotta e molto meno importante dell'economia mondiale."
"La gente non parla più del crollo dell'euro, ma la disoccupazione giovanile è davvero tremenda. Non è possibile lasciare andare questa tempesta per altri cinque anni," ha dichiarato.
Rogoff ha detto che l’Europa sta sperperando la"risorsa scarsa" della sua gioventù, che sarebbe estremamente necessaria per dare forza a una società che invecchia a causa della crisi demografica.
Mentre l'Europa ha ancora grandi competenze tecnologiche e un ordinamento giuridico che è l'invidia di molti mercati emergenti, ora rischia di perdere terreno come primo attore dell'economia globale.
"Se queste potenzialità tecnologiche non vengono realizzate, l’Europa si sveglierà, come Rip Van Winkel, da un lungo sonno di tipo giapponese, ritrovandosi ad essere una parte molto più ridotta e molto meno importante dell'economia mondiale."
A sua volta, Axel Weber, l'ex capo della Bundesbank tedesca ed ora presidente di UBS, ha detto che il disordine di fondo continua a fare danni e che quest'anno probabilmente l’eurozona dovrà affrontare un nuovo attacco dei mercati.Weber, che si è dimesso dalla Bundesbank e dalla BCE per una divergenza riguardo alla strategia sulla crisi del debito dell’eurozona, ha detto che le nuove regole di "bail-in" per gli obbligazionisti delle banche dell'eurozona porteranno gli investitori ad agire in via preventiva con l'obiettivo di evitare grandi perdite, prima che la BCE renda pubblici i risultati dei test: "Potrebbe accadere che gli speculatori non aspettino fino a novembre, ma scommettano prima su chi vince e chi perde".
Il pericolo è che i guai delle banche riaccendano i riflettori su quegli Stati sovrani che non possono facilmente permettersi di sostenere i loro sistemi bancari. Anche se non si nomina esplicitamente nessun paese, quelli considerati vulnerabili sono Spagna, Italia e Portogallo. Anche l’Irlanda può essere nuovamente a rischio, con un rapporto debito/PIL del 125%. "Questa è la questione chiave di quest'anno", ha detto.
Weber ha avvertito i leader dell'UE di non farsi "pericolose illusioni" o di indulgere in autocompiacimenti sulla ripresa. "La situazione sembra migliore di quella che è. La ripresa è troppo debole per generare posti di lavoro. Il punto non è se le cose stanno migliorando: i livelli di crescita, occupazione e PIL sono molto peggiori rispetto a prima della crisi," ha dichiarato.
Ha detto che stare a guardare se la Germania fa meglio della Francia è in realtà una distrazione, poiché tutta l'UEM sta andando male."Il vento tira nella direzione degli Stati Uniti e della Cina. C'è un mondo intero là fuori che è più competitivo," ha detto.
Sir Martin Sorrell, capo del WPP inglese, ha detto che l’Europa sta soccombendo a un nuovo ordine mondiale dominato da un "G2" composto da USA e Cina, fiancheggiato dalle economie emergenti dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e dai Prossimi Undici. "Gli Stati Uniti e la Cina diventeranno le due economie dominanti, a meno che l'Europa non cambi," ha detto.
La Francia è ancora "sul lato discendente della parabola" e anche se la Spagna si sta riprendendo, questo non è sufficiente per scongiurare una crisi politica derivante dalla massiccia disoccupazione giovanile (57%). "La tecnologia ora è nemica dei lavoratori, quindi la disuguaglianza e la disoccupazione peggioreranno" ha detto.
Il pericolo è che i guai delle banche riaccendano i riflettori su quegli Stati sovrani che non possono facilmente permettersi di sostenere i loro sistemi bancari. Anche se non si nomina esplicitamente nessun paese, quelli considerati vulnerabili sono Spagna, Italia e Portogallo. Anche l’Irlanda può essere nuovamente a rischio, con un rapporto debito/PIL del 125%. "Questa è la questione chiave di quest'anno", ha detto.
Weber ha avvertito i leader dell'UE di non farsi "pericolose illusioni" o di indulgere in autocompiacimenti sulla ripresa. "La situazione sembra migliore di quella che è. La ripresa è troppo debole per generare posti di lavoro. Il punto non è se le cose stanno migliorando: i livelli di crescita, occupazione e PIL sono molto peggiori rispetto a prima della crisi," ha dichiarato.
Ha detto che stare a guardare se la Germania fa meglio della Francia è in realtà una distrazione, poiché tutta l'UEM sta andando male."Il vento tira nella direzione degli Stati Uniti e della Cina. C'è un mondo intero là fuori che è più competitivo," ha detto.
Sir Martin Sorrell, capo del WPP inglese, ha detto che l’Europa sta soccombendo a un nuovo ordine mondiale dominato da un "G2" composto da USA e Cina, fiancheggiato dalle economie emergenti dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e dai Prossimi Undici. "Gli Stati Uniti e la Cina diventeranno le due economie dominanti, a meno che l'Europa non cambi," ha detto.
La Francia è ancora "sul lato discendente della parabola" e anche se la Spagna si sta riprendendo, questo non è sufficiente per scongiurare una crisi politica derivante dalla massiccia disoccupazione giovanile (57%). "La tecnologia ora è nemica dei lavoratori, quindi la disuguaglianza e la disoccupazione peggioreranno" ha detto.
In effetti, sebbene ci sia ben altro (anche sul piano del commento), fermiamoci qui.
L'effetto depressivo di queste dichiarazioni sta nella loro implicita valutazione di assoluta incapacità di autocorrezione del sistema UEM, affidato ad una governance che fa di tutto per confermare la propria incapacità.
E si tratta di "incapaci" che trovano in Italia un ascolto incondizionato, che va ben al di là del formale ossequio ad una gerarchia ordinamentale fanaticamente esaltata in Italia: ci troviamo, piuttosto, di fronte ad un'operazione culturale di antica origine, che, come ben sappiamo, trova la sua forza autonoma nella convizione di un autentico ridisegno della società che è ormai irreversibilmente radicato nelle mire di una classe dirigente che crede, irresponsabilmente, di poter continuare a guadagnare, sia politicamente che economicamente, dalla prosecuzione dello stato delle cose attuale.
Insomma, lo sfacelo italianoè imputabile molto più a un "investimento" concordato tra politica e gruppi economici prevalenti che non ad una persuasività, di buona fede, ai loro stessi occhi, della teoria del "vincolo esterno".
Una cosa che abbiamo tante volte evidenziato e che ribadiamo con le parole già citate di Massimo Florio:
Mi sono convinto, soprattutto studiando il caso Telecom Italia (in I ritorni paralleli di Telecom Italia), che la vera origine delle privatizzazioni non sia il liberismo, anche se ovviamente i miti della libera concorrenza hanno avuto un peso nella retorica, ma uno scambio fra rendite politiche e finanziarie.
La tesi che ho sostenuto (in Le privatizzazioni come mito riformista) è che in particolare la sinistra, oltre più ovviamente la destra, abbia cercato di accreditarsi presso i gestori della finanza offrendo loro in pasto delle attività perfette per montarvi operazioni speculative, garantite dalla dinamica nel tempo dei flussi di cassa. Il caso delle autostrade è in questo senso emblematico. Il rischio imprenditoriale è nullo, la rendita garantita, gli investimenti attuati minimi e neppure rispettati, le tariffe aumentano con e più dell’inflazione, il contribuente continua a farsi carico della spesa per la rete in aree meno ricche e più a rischio (vedi autostrada Salerno-Reggio Calabria e grande viabilità interregionale), mentre un ambiente imprenditoriale come quello dei Benetton e altri sono diventati dei concessionari, con tutto quello che questo implica di rapporti con la politica.
Stando così le cose, il pessimismo è giustificato: tanto più che il "sistema" UE ha prontamente trovato il modo di intervenire per perpetuarsi quel tanto che basta a sopire un malcontento che possa divenire incontrollabile - e non solo in vista delle elezioni europee.
E questo attraverso alcune determinazioni annunciate e intraprese (più o meno). Che per ora vi accenno, in vista di una considerazione più approfondita per ciascuna di esse, laddove non ne avessimo già anticipato la evidente portata in precedenti post:
1) revisione - dei criteri di calcolo del PIL a livello UE, in modo da creare un aumento sostanzialmente fittizio delle basi di calcolo e rendere formalisticamente (ma non sostanzialmente) più sostenibili le politiche di pareggio di bilancio e di riduzione del debito;
2) innalzamento degli aiuti di Stato de minimis, portati a 15 milioni di euro (sulle imprese fino a 499 dipendenti), in modo da rendere più praticabili le politiche supply-side: ma solo da parte di paesi cui viene consentito di sforare il tetto del deficit, perciò eccettuata l'Italia, con la fattiva collaborazione dei nostri governanti "proni" a questo stato di cose;
3) dichiarazione di Draghi, recentissima, sulla volontà di intervenire - sullo stile "whatever it takes...and believe me"- in caso di deflazione nell'area euro (ma subito negando che "ci siano gravi pericoli" in tal senso!);
4) intensificazione dell'equazione euro= mezzo di contrasto ai rinascenti nazionalismi e xenofobia: "Quando facciamo un bilancio dell’eurocrisi, non è dunque solo alle performance economiche che bisogna guardare, ma soprattutto alla rivincita degli egoismi xenofobi. Il laboratorio polacco, in bilico fra successo europeo e ritorno al passato, ci dirà molto su noi stessi".
E certo! Non guardiamo a queste insignificanti performance economiche! Scindiamo l'aspetto culturale da quello dei dati economici (basta leggerli, male, dopo la cura che li "trucca") eappelliamoci all'internazionalismo falsificatorio delle organizzazioni internazionali libero-scambiste, perpetuando il "fogno"!