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QUOTE ROSA, ORDOLIBERISMO E DOPPIA VERITA'

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D'altra parte la questione è molto semplice: si facesse un "partitodelledonneinquantotali". Cosa lo impedisce a tutte le parlamentari attualmente in rivolta e che evocano Lorena Babbit?
Sicuramente riceveranno tantissimi voti da altre "donneinquantotali" e gliela farebbero vedere ai leaders maschi. O no? 
E' in sè un programma politico di tutto rispetto, capace di risolvere il problema della crescita "fenice" e della disoccupazione raggiungendo al contempo il pareggio di bilancio (che sarebbe, infatti, una misura per tutelare i "nostri figli"). O no?

Sarebbe bello vedere come lo realizzarebbero, non "così", in un modo qualsiasi: piuttosto con tasse e tagli indifferenziati "inquantotali", e disoccupazione-precariato diffusi equanimemente per "quote-rosa"
Ma proprio "inquantotali": potrebbero, sicurissimamente, riuscire nell'utilissima impresa in cui i maschi sono impegnati malamente...a parole, perchè in realtà (maschi e femmine) stanno ottenendo esattamente quello che volevano. 
Eh sì perchè siamo nel campo della doppia verità del liberalismo ristretto: l'austerity espansiva serviva ad ammazzare la domanda.
E le donneinquantotali sono apparse maestre della doppia verità.
Per quanto riguarda ciò che ha detto la Corte costituzionale sulle "quote rosa" elettorali, pareva un discorso chiuso con un certo buon senso: nessuna violazione con gli artt.2 e 3 Cost, semmai interferenza con la "libertà" del voto; e nessuno impedisce ai partiti di stabilire autonomamente una regola in tal senso (seguendo il chiaro invito della Corte). Mettendo con ciò alla prova, se si fosse rammentata, e non "stranamente" dimenticata, tale chiara indicazione della Corte costituzionale, sia il rispetto della Costituzione intrinseco nei partiti, facendo almeno una scelta responsabile davanti agli elettori, sia il peso culturale e politico delle "donneinquantotali".

Ma il punto è un altro: chi oggi, a prescindere dal "genere", accede veramente alle cariche politiche elettive?
Tralasciamo il M5S, senz'altro atipico e destinato a rappresentare (esclusivamente?) Grilla e Casaleggia. O no? NO?
 
In ordine: avvocati, imprenditori (ma sono meno dei primi), dirigenti d'impresa (management ed executive: che sommati ai secondi la dicono lunga sull'anti-Stato istituzionalizzato), e docenti universitari (che teorizzano, per lo più, con qualche sopradica eccezione, la fierezza di essere "liberisti"...e anti-Stato). 
Verificate pure e fate le proporzioni con la base sociale che sarebbe rappresentata in rigorosa SPROPORZIONE.
(Tra l'altro, col proporzionale le cose andavano leggermente meglio, storicamente prevalevano gli avvocati, sempre, ma anche gli insegnanti)
mio 08-2455795 alle 11.01.21

Basterebbe questo per porre un problema da affrontare seriamente.
E magari non è un caso che una maggioranza di abbienti si senta tanto agevolata ad usare le doppie verità nell'esercizio delle funzioni elettive e di quelle "televisive".

Mi viene allora da ripetere quanto già detto qui, qualche mese fa:
...la Costituzione italiana all'art.3, comma 2, dice (lo ripeto perchè dovrebbe essere stampato a caratteri cubitali sopra le fotografie dei Presidenti della Repubblica e sopra i crocifissi nelle varie scuole):
"E' compito della Repubblica (cioè è il suo compito primario ed essenziale, come Stato, che DEVE LEGITTIMARE OGNI azione dei pubblici poteri ndr.) rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, LIMITANDO DI FATTO, la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

La Costituzione ammette che gli esseri umani dovrebbero essere tutti di pari dignità sociale ed "eguali di fronte alla legge": che è il comma 1, dell'art.3.
Ma "SA", senza false ipocrisie tipiche dell'età liberista (di nuovo oggi in auge, se riferita all'ossessione contra constitutionem che il lavoro sia l'unica merce soltanto soggetta alla legge della domanda e dell'offerta), che NON E' COSI' NEI FATTI.
Ed allora precisa, senza ombra di dubbio, che la nostra forma di Stato, cioè quella Repubblica democratica che non si può mutare (art.139 Cost.) ha un dovere primario, uno scopo irrinunciabile e che giustifica ogni suo altro compito. Il quale può dunque giustificarsi solo se è raccordato a questo. E cioè che occorre attivarsi, con l'insieme di tutte le istituzioni costituzionali, per rimuovere gli ostacoli che impediscono una effettiva eguaglianza.
Di questi ostacoli il primo evidenziato, sempre per scalzare l'ipocrisia dei precedenti ordinamenti, si evidenzia quello "economico" e, lo si correla alla "persona umana" nel suo sviluppo e alla "partecipazione di tutti i lavoratori" a quello che è, riassumibile, nella formula di "governo del Paese".
Allora, per rimanere in tema, l'ipocrisia riaffiorante in questi tempi, si appunta proprio sulla condizione della donna, che, però, coessenzialmente andrebbe vista in primo luogo come "lavoratrice"(il che ci rinvia anche a chi lavoratrice non è, ma non "può" esserlo nonostante la sua volontà).  
La nuova idea di parità, nascente dal politically correct e trasfusa a piene mani nei diritti cosmetici europei, è frutto di questa ipocrita "rimozione" delle differenti condizioni economiche e sociali di partenza delle persone umane.
Non ogni donna può richiamarsi allo stesso modo alla parità, cioè alla eguaglianza sostanziale, perchè la Costituzione, è ben conscia della realtà che non si può celare se non per ipocrisia manipolatrice: lo possono fare, prima di tutte, le donne che si trovino nelle condizioni di "ostacolo economico e sociale" che ne impediscono il pieno sviluppo della persona umana, concetto che include anche quello dei figli di cui come madri hanno la cura, e di "lavoratrici". 
 
Le altre, perciò, non possono, in base al dettato costituzionale, invocare una generica condizione unificante di "donna", per reclamare lo stesso livello di rivendicazione e, prima ancora, di tutela prioritaria della loro condizione.
E questo un vizio estremamente comune tra le "notabili" che compaiono in televisione e, hanno come privilegiate prima ancora che come donne, la notorietà e la "voce" sproporzionata che gli conferisce il far parte nelle istituzioni o l' essere (molto) ben remunerate esponenti politiche e del mondo dell'informazione.
Queste donne, hanno senza grandi problemi l'accesso al settore di mercato costituito dai servizi all'infanzia, ove siano madri, e sono garantite da posizioni professionali dirigenziali o comunque molto ben guarnite di tutele legislative e contrattuali. Al più hanno dovuto combattere ostacoli culturali e psicologici, al cui superamento ha provveduto essenzialmente l'evoluzione del costume e la cui forza deterrente è stata spesso deteminante per condizioni di (privilegiata) pigrizia personale.

Quando udite richiamare la sua condizione di donnacon un certo che di allusivo e furbesco sorriso non disgiunto da una soddisfatta aggressività, da parte di una"privilegiata", specialmente in TV, ricordate che la previsione costituzionale non è proprio per loro, almeno allo stesso modo con cui lo è per chi effettivamente subisce gli ostacoli "economici e sociali" sopra detti.
Non è perciò proprio per quelle poche donne che, per condizione familiare o di matrimonio, e frequentazioni che fin dall'infanzia, a questa condizione si accompagnano, siano sempre state in grado di scegliere il proprio destino professionale e di qualità della vita
 
Andate sempre a controllare il curriculum di queste donne e la storia di "classe"che, se questi curricula sono completi e non astutamente tagliati di parti determinanti dei loro autoproclamati "meriti", i loro percorsi normalmente illustrano. La omogeneità in questo senso è impressionante (di figlie o mogli o compagne di...). In Italia e in Europa.
E non vi fate ingannare dalle politiche cosmetiche lanciate in forma propagandistica per tutelare "le pari opportunità": queste sono intenzionalmente affidate a risorse fantasmatiche, che servono solo a nutrire uno stuolo di consulenti e di studiose (nella migliore delle ipotesi) che alimentano discorsi senza fine, norme senza o con ridicola copertura, e autoreferenziali e autoperpetuanti "giri" di intellettualoidi al soldo del "sogno europeo".

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