
Lo potevate immaginare.
Ma sentirlo dire, per quanto sia una testimonianza indiretta, è tutto sommato, più tragico che comico. A Draghi piace Renzi e lo considera uno "capace di agire".
Ora, nel corso dei mesi, con numerosi post, abbiamo più volte visto che Draghi considera le riforme essenzialmente come qualcosa che si connette al mercato del lavoro: la crisi, che viene considerata una fase necessaria di recessione e decrescita "ristrutturante",è concepita dunque come una congiuntura tutto sommato favorevole, volta esclusivamente a riconquistare la competitività.
Quest'ultima, connessa ad una crescita concepita in termini di solo export, ottenibile mediante il mantra della deflazione salariale, è sospinta dalla pura ipotesi neo-classica che solo la rigidità verso il basso dei livelli salariali impedisce il ripristino della piena occupazione e che, perciò, la flessibiiltà salariale, indotta dalla opportuna dilagante disoccupazione, è in fondo la vera e unica grande riforma da operare.

Tutto il resto sono chiacchiere, tergiversare su epifenomeni, o questioni di "distrazioni di massa".
L'euro, consolidato come dogma al centro della incontestabile costruzione europea, oggi più che mai, riporta al centro la sua schiacciante forza riplasmatrice della società italiana.
Una forza che politicamente pare essere ormai coronata da successo, circondata da un consenso così solido e trasversale all'intero substrato sociale, che ci si attende ormai la soluzione finale come un compitino di maturità essenziale per laureare il portatore "carismatico" individuato dai media per il consolidamento del nuovo "ordine".
L'ordoliberismo come religione o imperativo morale.
Rammentiamo, ciò che esplicitamente Draghi ci diceva un anno fa.
Lo diceva a proposito dell'OMT; ma quest'ultima, per quanto acciaccata dai contraccolpi del potere germanico, si proponeva solo come occasione to make THE point: cioè, come pretesto che valeva, ieri come oggi, a fissare ogni possibile obiettivo di residua sovranità "controllata" italiana. Tralasciando, senza alcuna remora o finzione, la "facciata cooperativa dell'euro" e dei trattati. Una scusa barbina, che, venuti al sodo, dei rapporti di forza ormai instaurati, può essere dismessa senza alcun timore di reazione democratica connessa all'art.11 Cost. e a residuati senza senso come gli stessi principi fondamentali della Costituzione.
Rivediamo la fissazione definitiva del quadro della sovranità italiana (se così la si volesse ancora chiamare) secondo Draghi:
"L'OMT, ha insistito, non consentirà ai governi di rilassarsi, in quanto devono concordare delle riforme in cambio del supporto della BCE:
"Essi possono o fare le riforme "senza" l'OMT e trattenere la sovranità economica o possono riformare "con" l'OMT ma rinunciare "a parte" della loro sovranità economica. In ogni modo, dovranno perseverare negli sforzi di riforma"
Ha anche negato che ciò possa minare l'indipendenza della BCE, o che il costo del prestito nell'eurozona sia troppo strettamente condizionato, poichè gli investitori potrebbero ancora stimare che un paese sia più a rischio di un altro..
Infine Draghi ha avvertito che l'OMT non può indirizzarsi a risolvere il maggior problema dell'eurozona, la disoccupazione record.
E ha spiegato:
"Costantemente, e specialmente nell'attuale situazione, il bisogno di parlamenti e governi di fare le riforme non sorge tanto dal mercato obbligazionario sovrano, ma dalle condizioni drammatiche del mercato del lavoro.
Sfortunatamente (!!!), milioni di disoccupati sono una spinta molto maggiore dei tassi sul debito sovrano. E sfortunatamente, OMT non hanno quasi alcun effetto sulle fonti di creazione dell'occupazione".
DUNQUE LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO COME CURA ALLA DISOCCUPAZIONE.

Per una conferma, di come questo processo di svuotamento culturale, prima ancora che giuridico-politico-costituzionale, sia praticamente giunto a compimento, vi riporto un significativo brano di un'intervista appena rilasciata da Angelino Alfano. Che trovate, nel passaggio sotto riportato, alla pag.3 del Il Messaggero di oggi.
Essa contiene in sè tutta la (inconscia? Comunque travolgente) potenza di condizionamento del "vincolo esterno", così come appunto fissato nella sua avanzata finale dalla insistenza di Draghi.
Al netto delle velleità consuete, buttate là per una stampa senza memoria, ci restituisce la misura di ciò che è il "fare", ultimo ed essenziale, che ci si aspetta da Renzi.
Le cose vere, al di là delle rodomontate sull'Europa e la flessibilità.
Abbiamo cioè la radiografia programmatica e imperativa dell'impatto dell'ordoliberismo nella sua capacità di ripristinare la fede incrollabile nella versione neo-classica della correzione dei cicli economici: la legge di Say, considerata, senza alcuna remora scientifico-economica, a persistente e universale validità; la conseguente necessità di agire solo sul lato dell'offerta, con l'illusione che l'unico ostacolo al sorgere di nuove imprese e al blocco degli investimenti sia la "burocrazia" e quindi lo Stato, la convinzione incrollabile, trasmessa e infusa in tutte le forze politiche comunque impegnate al governo negli ultimi 20 anni, che il mercato del lavoro-merce sia la soluzione senza se e senza ma:
Dice Alfano:
"Abbiamo tre obiettivi.
1.Uno choc fiscale per le famiglie, con sostegno ai nuclei numerosi per ridurre l'ormai insostenibile pressione fiscale e rilanciare i consumi interni" E qui riemerge per necessità che, non essendo neppur lontanamente messa in discussione che l'azione fiscale si debba svolgere in pareggio di bilancio, ci troviamo di fronte alla solita promessa di tagli corrispondenti alla spesa pubblica, senza saper poi individuare dove effettuarli e finendo per fare ulteriore illusione finanziaria su inevitabili nuovi tributi.
2. "Eliminazione dell'art.18 per favorire le assunzioni". E qui non c'è che dire: il lavoro-merce e la teoria della piena occupazione neo-classica, saltando 70 anni di teorie economiche che risolsero la crisi del '29, e che oggi vengono a piè pari ignorate, mostra la enorme influenza di Draghi.
3. "Rivoluzione burocratica: ora basta con permessi e autorizzazioni. Se la legge ti permette una cosa, puoi farla...Lo Stato se vuole, ti vegna a controllare dopo, intanto tu cominci.
Con queste tre mosse l'Italia può ripartire". Si tratta di cose già introdotte per legge da un pezzo, ma che si ama ripetere per forza di inerzia, dimenticandosi quanto già inutilmente fatto finora.
Il bello è che, nell'assenza totale di risorse culturali, e nell'incrollabile fede nella "sovrastante" leadership illuminata di Draghi, ci credono pure.