

1- Per rispondere al quesito se vi sia una continuità e conseguenzialità tra il Manifesto di Ventotene e l'Unione europea fondata sull'euro, occorrerebbe riferirsi all'effettivo contenuto ideologico ed economico degli obiettivi del Manifesto stesso.
Quest'ultimo, concepì l'Europa federale come (tappa di una) progressione verso una federazione mondiale, vista come strumento ultimo per garantire la perenne pace, appunto, mondiale.
Ma tale risultato era visto come ottenibile a condizione che in tutto il mondo fosse garantito il liberoscambismo limitatore delle politiche centralizzate e "monopolistiche" degli Stati nazionali (e guerrafondai); tali politiche erano neutralizzabili da un libero mercato caratterizzato dalla più ampia libertà di circolazione di merci e capitali.
In questo contesto, l'integrazione era vista come "negativa", cioè basata su libertà economiche ("libertà da...") alternative alle politiche statali, e non come riproduzione a livello continentale delle strutture degli Stati (e del loro, al tempo nascente, welfare di cura degli interessi genenrali dei propri cittadini).
Da ciò la perfetta corrispondenza di tale visione liberista, - che parte dalla pace e individua ogni minaccia ad essa negli Stati, e ogni soluzione nel "libero mercato" contro interessi nazionali e "sezionali" (cioè dei lavoratori organizzati in sinidacati)- con uno strumento monetario che privasse con immediatezza gli Stati della sovranità politico-fiscale legata alla emissione della moneta.
In questo contesto, l'integrazione era vista come "negativa", cioè basata su libertà economiche ("libertà da...") alternative alle politiche statali, e non come riproduzione a livello continentale delle strutture degli Stati (e del loro, al tempo nascente, welfare di cura degli interessi genenrali dei propri cittadini).
Da ciò la perfetta corrispondenza di tale visione liberista, - che parte dalla pace e individua ogni minaccia ad essa negli Stati, e ogni soluzione nel "libero mercato" contro interessi nazionali e "sezionali" (cioè dei lavoratori organizzati in sinidacati)- con uno strumento monetario che privasse con immediatezza gli Stati della sovranità politico-fiscale legata alla emissione della moneta.
E da qui, dunque, si trascina la facile equazione (transitiva) euro= pace.
Ma questa analisi, e retrostante ideologia, sono viziate alla radice da una duplice erroneità di prospettiva, anzitutto economica e poi storico-costituzionale.
Ma questa analisi, e retrostante ideologia, sono viziate alla radice da una duplice erroneità di prospettiva, anzitutto economica e poi storico-costituzionale.
In effetti il liberoscambismo non porta affatto alla pace bensì a frequenti conflitti "ineguali", tipicamente le guerre coloniali ("le politiche delle cannoniere"), e, peggio, a conflitti tra concorrenti imperialismi; questi ultimi, semmai, si contrappongono agli Stati in quanto entità che tentano di riaffermare l'indipendenza nazionale, cioè la sovranità del proprio popolo, intesa come perseguimento del suo benessere.
In secondo luogo, gli Stati nazionali divengono, contro la "ipotesi" di Ventotene, i veri ed efficienti garanti della pace con l'affermarsi delle Costituzioni democratiche del secondo dopoguerra, che contengono clausole che autolimitano la sovranità e ripudiano ogni forma di guerra di aggressione all'indipendenza di altre nazioni.
Insomma, da Ventotene non era difficile arrivare ad un'Unione fondata (principalmente se non esclusivamente) sulla moneta.
Da altre prospettive storico-economiche, che avessero tenuto conto della trasformazione della sovranità nell'accezione democratica, a seguito delle Costituzioni dei diritti sociali nate dall'antifascimo, si poteva invece giungere a diverse soluzioni: cioè a soluzioni più consensuali e condivise nel comune sentire dei popoli (al contrario della moneta e delle alchimie finanziarie e fiscali che si accompagnano, nella tradizione del gold-standard, all'impostazione liberoscambista ed antistatalista dell'UE-UEM).
In secondo luogo, gli Stati nazionali divengono, contro la "ipotesi" di Ventotene, i veri ed efficienti garanti della pace con l'affermarsi delle Costituzioni democratiche del secondo dopoguerra, che contengono clausole che autolimitano la sovranità e ripudiano ogni forma di guerra di aggressione all'indipendenza di altre nazioni.
Insomma, da Ventotene non era difficile arrivare ad un'Unione fondata (principalmente se non esclusivamente) sulla moneta.
Da altre prospettive storico-economiche, che avessero tenuto conto della trasformazione della sovranità nell'accezione democratica, a seguito delle Costituzioni dei diritti sociali nate dall'antifascimo, si poteva invece giungere a diverse soluzioni: cioè a soluzioni più consensuali e condivise nel comune sentire dei popoli (al contrario della moneta e delle alchimie finanziarie e fiscali che si accompagnano, nella tradizione del gold-standard, all'impostazione liberoscambista ed antistatalista dell'UE-UEM).
2- Ora possiamo chiederci per quale motivo queste considerazioni, - non lontane da posizioni che furono considerate nella stessa Assemblea Costituente, e dunque patrimonio disponibile della cultura politica italiana, almeno fino a un certo punto del suo sviluppo-, diventino sconosciute all'opinione pubblica italiana proprio nei momenti cruciali delle varie "adesioni" alla costruzione europea.
Da alcuni ci si limita ad obiettare che l'assetto dei trattati era corretto, ma non fummo in grado di ottenere le dovute ed oculate garanzie di salvaguardia dei nostri interessi. Fino a lamentarsi di un originario assetto ideale e solidaristico (!?) della stessa moneta unica, "tradito" dai successivi regolamenti attuativi....
Garanzie? E quali?
Si poteva discutere all'infinito di quale fosse un assetto conveniente per l'Italia e fin dall'introduzione dello SME (primo "sistema monetario europeo", nel 1979).
Luigi Spaventa lo fece egregiamente mainvano: nella discussione parlamentare sul tema, compì un'analisi accorata ed implacabile, che è tutt'ora attualissima nell'anticipare i problemi che, addirittura amplificati, avrebbero provocato Maastricht...e l'euro; cioè un "trattato ineguale", geneticamente portato ad affermare - com'è sempre nel diritto internazionale in materie economiche- gli interessi delle potenze dominanti. Interessi, si badi, sovrani e nazionali.
Perchè, a partire dallo SME, e più ancora con Maastricht, si sia accettata questa mancanza "parità di condizioni", cui l'art.11 Cost. subordina la legittimità dell'adesione italiana a organizzazioni internazionali (e solo per perseguire la "pace e la giustizia tra i popoli", non per finalità economico-commerciali), può essere spiegato in vari modi: ma nessuna di queste spiegazioni compariva e tutt'ora compare nel dibattito politico e, specialmente, mediatico.
A vedere gli effetti più manifesti e pervicacemente perseguiti nell'applicazione del trattato, la spiegazione più lineare è quella della tradizionale convenienza delle oligarchie finanziarie e industriali a controllare le spinte inflattive, ripristinando un mercato del lavoro inteso come "merce". Cancellando 150 anni di lotte politico-sociali culminate nelle Costituzioni pluriclasse e della "eguaglianza sostanziale", quello che sottosta alla costruzione europea attuale è dunque la concezione del lavoro-merce come soluzione di ogni possibile male.
Perchè, a partire dallo SME, e più ancora con Maastricht, si sia accettata questa mancanza "parità di condizioni", cui l'art.11 Cost. subordina la legittimità dell'adesione italiana a organizzazioni internazionali (e solo per perseguire la "pace e la giustizia tra i popoli", non per finalità economico-commerciali), può essere spiegato in vari modi: ma nessuna di queste spiegazioni compariva e tutt'ora compare nel dibattito politico e, specialmente, mediatico.
A vedere gli effetti più manifesti e pervicacemente perseguiti nell'applicazione del trattato, la spiegazione più lineare è quella della tradizionale convenienza delle oligarchie finanziarie e industriali a controllare le spinte inflattive, ripristinando un mercato del lavoro inteso come "merce". Cancellando 150 anni di lotte politico-sociali culminate nelle Costituzioni pluriclasse e della "eguaglianza sostanziale", quello che sottosta alla costruzione europea attuale è dunque la concezione del lavoro-merce come soluzione di ogni possibile male.
Il risultato è che questo assetto, originariamente programmato, - e non certo "deviato" da intenzioni originariamente diverse- ha contribuito ad aggravare le conseguenze che la crisi ha avuto su alcuni paesi, e sull’Europa in generale. E stiamo parlando dell'UEM, oggi l'area più stagnante ed economicamente problematica non solo dell'area OCSE ma di tutto il pianeta.

E all'interno dell'UEM lo Stato più colpito dalle conseguenze di questo assetto è l'Italia.
Pacifico che Maastricht non aveva per noi alcuna convenienza oggettiva e che, anzi, ci ha portato, come abbiamo visto, ben al di fuori dei limiti negoziali di diritto internazionale consentiti al Governo dalla Costituzione-, rimane oscuro perchè non vi fu "resistenza democratica" al tutto ed un adeguato vaglio parlamentare sulla incompatibilità costituzionale (che emerge plateale alla sola lettura dei lavori della Costituente!).
Anzi, ancora oggi, mentre ci dibattiamo negli effetti disastrosi di quelle inspiegabili (in apparenza) scelte negoziali, se ne fanno di ulteriori ancora più erronee ed insostenibili, come il fiscal compact e l'introduzione, conseguenziale, del pareggio di bilancio in Costituzione.
Anzi, ancora oggi, mentre ci dibattiamo negli effetti disastrosi di quelle inspiegabili (in apparenza) scelte negoziali, se ne fanno di ulteriori ancora più erronee ed insostenibili, come il fiscal compact e l'introduzione, conseguenziale, del pareggio di bilancio in Costituzione.
Come può tutto questo continuare ad accadere?
Ogni italiano, in quanto impoverito e privato del futuro che avrebbe avuto in assenza di queste scelte disastrose, dovrebbe chiedersi "perchè"...
Ogni italiano, in quanto impoverito e privato del futuro che avrebbe avuto in assenza di queste scelte disastrose, dovrebbe chiedersi "perchè"...
3- Mi si obietta che ristabilire la propria sovranità monetaria e bancaria non sarebbe veramente "possibile": troppi ostacoli di natura geopolitica, di opposizione delle istituzioni finanziarie, nazionali e internazionali, sarebbero frapposti.
A me, sinceramente, queste obiezioni paiono risibili: quello che manca è diffusa la coscienza democratico-costituzionale e, quindi, essenzialmente, le risorse culturali che permettano di resistere al controllo mediatico che diffonde ed amplifica queste difficoltà.
Ripristinare la legalità costituzionale correttamente intesa, cioè il modo democratico di esercitare la sovranità popolare dei diritti, nella eguaglianza sostanziale, deve essere sempre possibile.
La legalità suprema non può essere "rinunciata" perchè risulta "impossibile" realizzarla (con questo ragionamento la Mafia sarebbe ufficialmente il maggior potere istituzionale in larghe regioni d'Italia).
L'alternativa è ammettere che abbiamo (o "abbiano") innescato volontariamente, cioè con dei trattati, la colonizzazione e la deindustrializzazione del Paese, come se fossimo stati debellati in una guerra di conquista da parte di potenze straniere...di cui qualcuno, all'interno, si sarebbe reso complice.
D'altra parte, come evidenziano gli storici, nessuna forma di colonizzazione è possibile senza la cooperazione delle elites locali.
4- Secondo alcuni (l’ex presidente della Confindustria tedesca Hans-Olof Henkel, il finanziere "globale" George Soros, ecc.), una strada differente da percorrere, che salvi l'apparenza della unificazione per via monetaria e renda sopportabili le conseguenze dell'area valutaria "imperfetta" - dunque comunque da mentenere- potrebbe essere quella della separazione dell’euro in due.
Tecnicamente ed in estrema sintesi, questa soluzione è solo un'attenuazione e, probabilmente, un rallentamento dei problemi cui dà luogo un'area valutaria priva di un governo federale che effettui trasferimenti fiscali compensativi, nonchè affidata ad una banca centrale cui, unica al mondo, è vietata ogni forma di acquisto diretto dei titoli sovrani degli Stati che utilizzano quella moneta.
Se questa è la via europea all'Unione politica, poi, è palese la contraddizione tra il voler riaffermare la presunta indispensabilità, come strumento, della moneta unica (per la pace, l'unione, o altro ancora di "ideale") e l'ammettere il definitivo frazionamento in due macro-aree delle complessive dinamiche commerciali e industriali europee: salvo, all'interno di ciascuna area, il riprodursi degli stessi squilibri e della stessa inevitabile prevalenza di uno Stato su tutti gli altri.
Tecnicamente ed in estrema sintesi, questa soluzione è solo un'attenuazione e, probabilmente, un rallentamento dei problemi cui dà luogo un'area valutaria priva di un governo federale che effettui trasferimenti fiscali compensativi, nonchè affidata ad una banca centrale cui, unica al mondo, è vietata ogni forma di acquisto diretto dei titoli sovrani degli Stati che utilizzano quella moneta.
Se questa è la via europea all'Unione politica, poi, è palese la contraddizione tra il voler riaffermare la presunta indispensabilità, come strumento, della moneta unica (per la pace, l'unione, o altro ancora di "ideale") e l'ammettere il definitivo frazionamento in due macro-aree delle complessive dinamiche commerciali e industriali europee: salvo, all'interno di ciascuna area, il riprodursi degli stessi squilibri e della stessa inevitabile prevalenza di uno Stato su tutti gli altri.
Come se Germania e Francia, cioè, potessero arrivare a un "entente cordiale" nello spartirsi le rispettive aree di influenza ecomomica e ritrovare l'equilibrio del co-dominio, oggi vacillante, del nuovo sacro romano impero... liberoscambista.