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L'ESTORSIONE

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Allora, risulta che il rapporto debito/PIL della Grecia sia andato, considerando il solo periodo che va dal 2008 al 2014, dal 105 al 175%, quello della Spagna (il grande modello cui ispirarsi) dal 36,1 al 96%; quello dell'Irlanda dal 25 (sic!) al 123%; quello del Portogallo dal 68,3 al 129%.
In questo stesso periodo, l'Irlanda ha realizzato deficit pubblici con un picco annuale del 30,6% (!) nel 2011, registrando un 7,2 per il 2014, che è anche il miglior risultato di tale periodo (partito col pressocchè pareggio di bilancio, -0,1, del 2008). 
La Grecia potremmo tralasciarla (ancora non ci dicono che è un modello da imitare, a reti unificate). 
Ma la Spagna è andata dal deficit -1,9 del 2008, all'attuale  stima di -7,1 (praticamente come l'Irlanda) per il 2014, passando per un picco del 10,6 nel 2013.
Il Portogallo, è tanto virtuoso e da imitare che al 2014 registra una stima di -4,9, dopo il -6,4 nel 2013 e passando per un  picco di -9,8 nel 2011 (dal -3,1 del 2008).

Tutto questo, per realizzare "crescite", nei casi considerati, che hanno portato il PIL della Spagna da 1441 miliardi del 2008, agli attuali...1358 (ecco la crescita: nel 2013 era stato di 1322 miliardi); il PIL del Portogallo dai 232 del 2008, agli attuali stimati 219 del 2014, essendo in "crescita" sui 212  registrati nel 2013; l'Irlanda passa dai 258 miliardi del 2008, agli attuali 219, mentre nel 2013 registrava...212 miliardi. (per capirsi, la Grecia, in trionfante "fuori pericolo", parte dai 305 miliardi del 2008, ed arriva oggi a 248, stima 2014, che le attribuisce una splendida crescita 0, sui 248 dello stesso 2013).

Si potrebbe proseguire illustrando i dati della disoccupazione, in costante aumento in tutti tali paesi, nello stesso periodo: la consolazione starebbe nel fatto che si avrebbero leggeri cali dei relativi tassi tra il 2013 e il 2014. 
Ma ovviamente non si dice della quota salari su PIL, nel frattempo stabilizzatasi, dell'incremento del numero di ore lavorate per realizzare la produzione (comunque minore del 2008), a parità di salari reali (quando va bene), in questo stesso periodo, del crescente numero di semioccupati, precari e part-time, che sfalsano la significatività del dato occupazionale (cioè lo rendono un'apparenza statistica rispetto alla reale produttività realizzata ceteris paribus a partire dal 2008).

Ora, questi dati non sono tratti da un sito di economia "critico" ma da La Repubblica, con un articolo che trovate qui. Non ho trovato le immagini dei grafici da riprodurvi e le ho riassunte dalle pagg. 10-11 dell'edizione del 15 settembre.

Titolo:Irlanda, Grecia e Spagna ormai fuori pericolo ma la cura della Troika costa 6 milioni di disoccupati.
Passaggio significativo dell'analisi
"Jyrki Katainen – numero due della commissione Ue ed enfant prodige della linea dura alla tedesca – è stato chiaro all’Ecofin di Milano: «Chi ha fatto le riforme come Madrid ha raccolto i frutti e corre più veloce degli altri». Klaus Regling, altro rigorista di vecchia data imposto da Berlino al vertice del fondo salva-Stati, è ancora più esplicito: «L’aggiustamento è stato duro e doloroso – ha ammesso –. Ma senza vivremmo in un mondo molto diverso». E i Paesi risanati dalla cura lacrime e sangue della Troika «avranno performance migliori di altre nazioni dell’area euro».
Vero? Dipende se si guarda al bicchiere mezzo pieno o a quello mezzo vuoto. Se cioè si mettono sul piatto i primi segnali positivi che, in effetti, arrivano dagli ex-Piigs o se si mette sotto la lente il costo sociale – ancora ben visibile – dell’effetto Troika. La medicina, su questo nessuno discute, è stata amarissima: Bce, Ue e Fmi hanno stanziato per Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda e Cipro qualcosa come 530 miliardi di prestiti. Chiedendo in cambio riforme strutturali e manovre finanziarie pari a circa 300 miliardi. Un elettrochoc. Che come tutte le terapie d’urto che non uccidono il paziente, ha accelerato la guarigione, rischiando però di lasciare sul corpo dei degenti cicatrici difficili da rimarginare.
Insomma, si considera acquisita la "guarigione". Con deficit pubblici come quelli sopra riportati dallo stesso articolo! Ed attribuendo la "crescita" (sostanzialmente ridicola e con PIL lontanissimi dai livelli pre-crisi) alle politiche di austerità ed alle "riforme", inevitabilmente, DEL LAVORO!!!
Domanda, semplice semplice: ma cosa sarebbe successo se questi PIGS  avessero dovuto rispettare, non dico il deficit al 3%, ma addirittura gli obiettivi intermedi in vista del pareggio di bilancio, visto che sono tutti paesi che hanno aderito festanti al fiscal compact?  
E che dire del fatto che, a giustificazione della incredibile tolleranza della Commissione-Trojka sul deficit, si registrano aumenti del debito/PIL molto più consistenti di quelli generati (dalla stessa austerità espansiva) in Italia?
Considerate che nessuno di tali paesi tra il 2012 e il 2014 poteva dirsi lontanamente vicino al tetto del 60% (tutti hanno sfondato ed incrementato il "muro" del 100%, ad eccezione della Spagna che è passata "solo" dall'oltre 80% 2012 al suddetto 96%)...
Conclusioni dell'articolo sulla "guarigione acquisita": 
"Atene ha bruciato il 25% del suo Pil dal 2008. I quattro pazienti della Troika, malgrado gli ultimi progressi, hanno visto andare in fumo in cinque anni 200 miliardi – circa il 10% – del loro prodotto interno lordo. E sul fronte dell’equilibrio dei conti, i loro bilanci scricchiolano ancora: il rapporto debito/Pil della Spagna è balzato dal 36 al 96%. Quello ellenico è ancora nella stratosfera e pure a Dublino il dato è in crescita. I grandi malati d’Europa, è vero, non sono più in sala di rianimazione. Ma prima di firmare le dimissioni dall’ospedale – con buona pace dell’euforia forse un po’ prematura del “Troika fan club” – è meglio aspettare che il quadro clinico sia un po’ più chiaro."

Non che sia da condannare in sè la cautela: ma perchè essere titubanti quando il quadro, a volerlo considerare anche solo in base a questi dati (in particolare sui differenziali di deficit pubblico rispetto all'imputata Italia), è straordinariamente chiaro?
La posta in gioco è sempre e soltanto il mercato del lavoro (merce): l'unica riforma che, da Draghi a...i vari soggetti (enfant-prodige?) della governance UEM, interessa è quella del ripristino della deflazione salariale no-limits, supposta (in tutti i sensi) panacea per arrivare alla competitività. Cioè a vivere solo sulla domanda estera, essendo quella interna una cosa brutta. E, naturalmente, affinchè si scatenino gli IDE e i profitti delle (residue) imprese esportatrici siano poi trasferiti all'estero. Mica ai popoli "guariti".

Vi dirò, questa della trojka-Commissione-BCE e Lagarde (quella che l'austerità in UEM non c'è...), si configura sostanzialmente come un'estorsione: si prospetta, con minaccia e violenza morale, un male, - l'austerità col pareggio di bilancio-, per costringere il governo-popolo minacciato a cedere sul proprio benessere (determinato, pensate un po', dalla possibilità occupazionale e da retribuzioni che consentano una"esistenza libera e dignitosa", art.36 Cost.), cioè per autoinfliggersi, con legge (o con decreto-legge) votata appunto sotto minaccia e violenza morale, un male superiore ed irreversibile.
Questo si conferma il prezzo del "rabbioso tramonto dell'euro". 
Come aveva pronosticato Winne Godley, parlando appunto dell'euro nel 1992.

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