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LA SCISSIONE

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(nell'immagine c'è un errore di battitura nel nome di Friedman; ma il problema, non modificabile nel riportare da Google l'immagine, non pare rilevante per chi voglia intendere in buona fede il concetto...).


Non mi riferisco alla Scozia, sia chiaro. Quella oltretutto sarebbe stata una "secessione" (autolesionista: intervistato in TV, uno scozzese che parlava perfettamente italiano ha detto che gli indipendentisti si considerano filo-UE e desiderosi di entrare nell'euro, "anche se è difficile spiegarlo ORA alla gente, in mezzo a questa crisi". Bontà sua: com'è che quasi tutte le secessioni assomigliano così tanto a derive di accelerazione ordoliberista?).

Dunque la "scissione" pone invece un diverso ordine di problemi.
Il più eloquente esempio di ciò ce lo danno gli arguti editoriali quotidiani di Travaglio.
Le argomentazioni sul tema (elezioni dei giudici della Corte costituzionale e autonomia del parlamento) sono, pur nei toni sarcastici (magistrali), ineccepibili sul piano costituzionale. Esistono dei ruoli istituzionali inequivocabilmente disciplinati in Costituzione da regole esplicite, anche specificate e sviluppate in leggi attuative riguardanti incompatibilità e requisiti di legittimazione, che non dovrebbe essere difficile applicare in modo corretto; dando luogo all'ovvio rispetto della legalità costituzionale.

Tuttavia, il problema è che si "scinde": l'affermazione della priorità della legalità costituzionale si ferma ad un aspetto ben preciso. Quello di riaffermare, denunciando la negazione di aspetti circoscritti della stessa legalità da parte delle attuali istituzioni, un'interpretazione univoca quanto errata della crisi: quella imperniata sullo slogan "castacriccacorruzione".
Non che il problema in Italia non sussista: è l'esatta identificazione del suo oggetto che, in questa interpretazione "unica" (cioè monopolizzante una certa parte dell'opinione pubblica), appare macroscopicamente difettoso.
a) Cominciamo dalla casta. Chissà perchè questa viene delimitata ai pesci piccoli, al secondo o terzo livello degli "esecutori" del (non identificato) disegno di sistema ordoliberista: la vera casta è rimossa (tipico meccanismo della scissione conflittuale con se stessi) e mai sfiorata da alcun attacco, quando, sul piano fenomenologico e quantitativo, risulta di gran lunga la componente esplicativa della crisi più attendibile.
b) La "cricca", poi, è una mera specificazione periferica della vera casta. Si è già segnalato, da voci scientificamente accreditate al massimo livello, che queste cricche possono essere identificate con cordate settoriali inscritte nello "scambio tra rendite politiche e rendite finanziarie", cioè un compenso assicurato a forze economiche tutto sommato minori (comparate con la dimensione degli interessi finanziari messi in gioco dal sistema €uropa) che risultano opportunamente legate ai politici mandatari della vera casta; questa forze sono incaricate (come soci o prestanome) di fare "affari" i quali, a loro volta, si compongono in un ricco mosaico istituzionalizzato di remunerazione dei garanti dell'assetto ordoliberista.

(considerate che questo grafico non è aggiornato a tutta la partecipazione finanziaria italiana all'ESM, nel frattempo notevolmente accresciuta, ai contributi bilaterali di salvataggio e al più o meno equivalente passivo dell'Italia nella sua posizione di contribuente netto al bilancio dell'UE).

 Riportiamo questo passaggio di Florio:
"La tesi che ho sostenuto (in Le privatizzazioni come mito riformista) è che in particolare la sinistra, oltre più ovviamente la destra, abbia cercato di accreditarsi presso i gestori della finanza offrendo loro in pasto delle attività perfette per montarvi operazioni speculative, garantite dalla dinamica nel tempo dei flussi di cassa. Il caso delle autostrade è in questo senso emblematico. Il rischio imprenditoriale è nullo, la rendita garantita, gli investimenti attuati minimi e neppure rispettati, le tariffe aumentano con e più dell’inflazione, il contribuente continua a farsi carico della spesa per la rete in aree meno ricche e più a rischio (vedi autostrada Salerno-Reggio Calabria e grande viabilità interregionale), mentre un ambiente imprenditoriale come quello dei Benetton e altri sono diventati dei concessionari, con tutto quello che questo implica di rapporti con la politica. In tutti i settori privatizzati le spese di ricerca e sviluppo sono diminuite, indebolendo il potenziale tecnologico.

Un buon esempio di dove si possa arrivare nello scambio di rendite politiche e finanziarie si ha in Russia, di cui pure mi sono occupato in occasione della crisi finanziaria del 1997 (in Economists, Privatization in Russia, and the Warning of the Washington Consensus). Più recentemente mi sono occupato della dimensione europea delle liberalizzazioni e privatizzazioni (ne L’esperienza delle privatizzazioni), in particolare di elettricità, gas, telefonia, giungendo a queste conclusioni per i quindici stati dell’Unione Europea prima dell’allargamento nel 2004: (a) soprattutto per l’elettricità le privatizzazioni hanno comportato aumenti dei prezzi per i consumatori; (b) la separazione delle reti dalla gestione (vedi Terna, Snam Rete Gas, ecc.) è spesso costosa e senza chiari vantaggi per la concorrenza; (c) l’introduzione della concorrenza peraltro ha mitigato ma non rovesciato in benefici mezzi questi effetti avversi; (d) indagini ufficiali dell’UE, come quelle di Eurobarometro, mostrano che i consumatori si dichiarano più soddisfatti nei paesi che hanno adottato meno le privatizzazioni; (e) dove c’è stata più privatizzazione è aumentato il numero di famiglie in difficoltà nel pagare le bollette
."
Quadro confermato dalla Corte dei conti, in un ormai celeberrimo, quanto scarsamente ricordato, studio-rendiconto sulla questione.

Inutile dire che sulla lunga scia di evidenze lasciate da fatti come il costo pubblico delle privatizzazioni, - in termini di prezzo di collocamento dei beni e delle partecipazioni pubblici trasferiti ai privati, come i vantaggi personali-, in termini di status e di carriera, proiettata anche nel settore finanziario privato-, acquisiti dai pubblici funzionari che si sono occupati di determinare questo assetto, come gli effetti negativi per la collettività determinati dalla creazione di oligopoli e rendite private, non ci si sofferma troppo
Una certa "distrazione" altera la narrazione, creando un effetto di appiattimento, in cui un rubagalline diviene più visibile di una gigantesca espropriazione di beni pubblici a favore di poche ristrette mani private.

c) Sulla corruzione, poi, la distorsione nella percezione dei meccanismi e delle relative dimensioni, soffre della ormai storica bufala della quantificazione in 60 miliardi, dell'ignorare che il "lovuolel'€uropa" ha innalzato a sistema legale l'appropriazione e reindirizzo a fini sostanzialmente privati della ricchezza pubblica.
Una storia già nota che ci segnala come, nelle mitiche classifiche internazionali, la corruzione scompare laddove le oligarchie finanziarie divengano a tal punto padrone delle istituzioni ex-democratiche, da determinare la legalizzazione dell'interesse rapace dei gruppi economico-finanziari, con la simultanea scomparsa sistematica della rilevanza penale dei fatti appropriativi
Ma non la scomparsa della illegittimità costituzionale di tali fatti, beninteso, congegnati come sono in quello che può assumersi come l'attacco finale del liberismo alle Costituzioni democratiche.

Ma l'aspetto più inquietante dell'enfasi su questa accezione fortemente delimitata del castacriccacorruzioneè che esso funziona come premessa logica e rafforzamento oggettivo dell'altra parte dello slogan "livoroso": quella stessa parte che, contrariamente alle intenzioni di chi sottolinea tale "prima" parte, porta dritto alla accelerazione affaristica avviata sotto l'ombrello del piùeuropa. E cioè il segmento "debitopubblicospesapubbilcaimproduttivabrutto".
Inutile dire che questa seconda parte dello slogan, pur avendo una diversa valenza descrittiva della crisi rispetto alla parte relativa al c.d. problema della legalità, è legata a quest'ultimo fin dall'inizio.
Ci riportiamo a Federico Caffè ed alla sua denunzia, - ai tempi, chissà perchè tutt'ora considerati "gloriosi", della nascita della "questione morale"-, di come l'enfasi sul "clientelismo" legato allo "assistenzialismo" presuntamente innescato dalla spesa pubblica, fossero un attacco alla democrazia pluriclasse fondata sul lavoro.
Il meccanismo è noto e l'abbiamo in molte occasioni denunciato: "il fulcro attivo dell’ordoliberismo, cioè la teoria del “vincolo esterno”, ha avuto una pretesa addirittura etica, in realtà, basata sulla manipolatoriasovra-enfatizzazione dei difetti fisiologici della democrazia"...Questo attacco, poi, si è costantemente sposato con un'ipocrita quanto vana, e assolutamente presunta, mobilitazione di facciata, quando, invece, sfugge, a tutti gli alfieri del "castacriccacorruzione", la strana omissione per cui si denunciano corruzione e clientelismo "senza mai considerare l’ipotesi che ben altri rimedi si potevano e, tutt’ora, si possono proporre, per correggere questi inconvenienti".
Capiamoci: che la crisi sia ascrivibile al debito pubblico, che questo sia aumentato a causa della eccessiva spesa pubblica, in Italia, è un'altra gigantesca bufala. E non è questa la sede nè per ripetere queste ovvie verità nè per risottolineare la tetragona ostilità dei sostenitori del "castacriccacorruzione" ad accettare la realtà, quand'anche sostenuta dalle fonti più autorevoli, dei fatti economico-politici sottostanti.

Il fatto è che la scissione tra la prima e la seconda parte del complessivo mantra livoroso è SOLO APPARENZA E FINISCE PER CREARE INEVITABILMENTE una melassa bipartisan, tea-party e ordoliberista-pseudo-progressista al tempo stesso: una sorta di ossimoro, che non funziona sul piano logico delle "evidenze", esattamente come non funzionano, se non per accelerare la distruzione economica, industriale e soprattutto sociale, della nostra Patria, LE GRANDI INTESE.

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