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PRO-MEMORIA: MANTENERE LA TEORIA E CAMBIARE I FATTI

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Sofia ci manda un pro-memoria che focalizza il "trend" della pseudo-informazione. Il mainstream non è mai stato così compatto e sfacciato nelle sue interpretazioni. A proposito, come mai con una svalutazione dell'euro sul dollaro, da inizio anno, già stimata in circa il 7,5%, - e che, secondo gli espertologi italici, corrisponderebbe invariabilmente ad un'inflazione nella stessa misura-  siamo alle prese con la deflazione?



L’Euro è un artifizio che sta determinando solo distruzione  e le giustificazioni fornite ai presunti vantaggi che l’euro determinerebbe sono un insulto all’intelligenza di tutti quei cittadini che versano in uno stato di povertà sempre più diffuso, dei giovani che vedono dissolversi ogni prospettiva dietro i dati, sconcertanti, della disoccupazione, di quelli che si sono rassegnati ad una diminuzione costante e continua dei servizi pubblici e non hanno abbastanza sicurezze economiche da permettersi (laddove è possibile almeno sostituire un servizio pubblico con uno privato) le assicurazioni private.

Come ha evidenziato  in questo articolo Stiglitz"Se i fatti non corrispondono alla teoria, cambia la teoria". Ma quello che è incredibile è che qui si mantiene  la teoria e si cambiano i fatti, anche se questi  continuano a negare la realtà.
Come in una sorta di gioco delle tre carte scambiano continuamente le cause con gli effetti e viceversa se ci va bene, perché arrivano anche a dare agli effetti cause diverse, ed effetti diversi alle cause.

Ne è un esempio l’imposizione reiterata ed ingannevole di limitazioni  della SOVRANITA’. Ma questo  è solo l’effetto. Qual è la causa?  Niente di più semplice, l’incapacità di autogestirsi del nostro Paese. Qualcuno ha scritto:” Negli ultimi dieci anni l’economia italiana ha inevitabilmente avuto più vantaggi che svantaggi dell’euro. In virtù della perdita della sovranità monetaria, Roma ha guadagnato in termini di credibilità. Adottando una politica monetaria comune, cioè quella basata sui dogmi della Bundesbank tedesca, ha controbilanciato le diverse svalutazioni competitive che hanno reso la lira una moneta poco credibile nel contesto internazionale. Non solo. Fra i benefici dell’euro possiamo trovare anche la riduzione dei costi di transazione, elemento che ha facilitato gli scambi all’interno dell’eurozona, e l’abolizione del rischio di cambio. Infine, nonostante i detrattori della moneta unica dicano il contrario, è aumentata la trasparenza sui prezzi. Con il cambio fissato a 1.936,27 lire per un’euro, l’economia italiana ha potuto quindi giovarsi di un assetto più grande di quello che avrebbe mai potuto sperare. In sostanza, L’euro ha ridato una direzione a un Paese che era troppo indisciplinato”.
E non è che voci più autorevoli non si siano associate:  L’euro è un meccanismo per forzarci a decidere se rimanere uniti al tavolo geopolitico o no per i prossimi 100 anni. E sta facendo bene il suo mestiere, mettendoci davanti alle nostre contraddizioni, le nostre diversità e le nostre essenziali peculiarità nazionali senza mitragliatrici o bombe. Sta a noi ora decidere se uscirne o rilanciare”

Altro effetto sono le politiche di AUSTERITA’ e la causa il debito pubblico eccessivo e gli sprechi. Eppure nonostante le politiche di austerità abbiano fallito, (dice Stiglitz) i suoi sostenitori la difendono  con le più deboli delle prove: se l'economia non è ancora crollata, allora  questo vuol dire che l’austerità sta funzionando.
Poco importa poi l’entità dei danni medio tempore prodotti dal perdurare della crisi (stagnazione, tripla-recessione, disoccupazione persistente a livelli record e reale, PIL in molti paesi al di sotto dei livelli pre-recessione) o il fatto che le soluzioni in pillole personalizzate per ciascun paese non abbiano alcun senso.


 "Attesi?"
Ma...ooops!

Avanzo primario e tasso di risparmio

Risparmio delle famiglie: il lungo crollo

In  Francia (sostiene Stiglitz) si è applicata una politica di aumento delle tasse per i ricchi e obiettivi di spesa per i poveri che dovrebbe stimolare l'economia con un moltiplicatore particolarmente elevato. Ma il governo francese sta abbassando le imposte sulle società e tagliando le spese - una ricetta quasi garantita per indebolire l'economia.  La speranza che le imposte più basse sulle società possano  stimolare gli investimenti è pura assurdità. Ciò che frena gli investimenti (sia negli Stati Uniti e in Europa) è la mancanza di domanda, non le tasse elevate. Infatti, dato che la maggior parte degli investimenti è finanziata dal debito, e che i pagamenti di interessi sono deducibili dalle tasse, il livello di tassazione delle imprese ha poco effetto sugli investimenti. 

In Italia si incoraggia la riforma delle pensioni e del lavoro, e la privatizzazione accelerata nonostante l’esperienza dica che bisogna andare in una direzione esattamente opposta. La privatizzazione delle pensioni, per esempio, si è rivelato costoso in quei paesi che hanno provato l'esperimento e  il sistema sanitario privato americano è il meno efficiente del mondo. 

Chi insiste caparbiamente nel dire che il male dell’Europa (la causa) è l’INFLAZIONEè soltanto chi si ostina a dire che la deflazione (l’effetto) non esiste. 
Eppure alcuni degli effetti del basso livello d’inflazione in Europa li spiega bene Krugman in questo post e anche in questo. Mentre per anni l’obiettivo di inflazione al 2% pareva un giusto compromesso, adesso la crisi finanziaria globale e le sue conseguenze, indicano che le economie avanzate sono molto più suscettibili di raggiungere il limite inferiore dello zero di quello che si credeva in precedenza, e che i costi economici di tale limitazione sulla politica monetaria convenzionale sono assai maggiori di quello che non ritenesse il senso comune prima della crisi.  
Tra questi, la rigidità verso il basso dei salari nominali non è un condizionamento così duro come quello dei tassi di interesse al limite inferiore dello zero, ma ci sono ora molte prove che i tagli ai salari nominali hanno luogo solo in condizioni eccezionali, il che significa che la correzione reale o relativa dei salari diventa più difficile con la bassa inflazione. Inoltre, abbiamo ora ragione di credere che la necessità di ampi mutamenti nei salari relativi intervenga più di frequente di quanto non si immaginasse in precedenza, particolarmente in una unione monetaria imperfettamente integrata come l’area euro, e che tali correzioni siano molto più facili in un contesto di inflazione moderata che di deflazione o di bassa inflazione…ci sono prove crescenti che le economie che entrano in un dura recessione con una bassa inflazione possono anche troppo facilmente restare bloccate in una trappola economica e politica, nella quale c’è un circolo vizioso che si autoperpetua tra debolezza economica e bassa inflazione. Sfuggire a questo circolo vizioso sembra richiedere politiche economiche più radicali di quelle che sono probabilmente in arrivo. Di conseguenza, un obbiettivo di inflazione relativamente alto in tempi normali può essere una forma di assicurazione fondamentale, un modo per ipotecare la possibilità di esiti davvero negativi.

E si arriva infine perfino a negare il collegamento tra causa ed effetto, per cui non esiste la curva di Phillips, e quindi non esiste alcun collegamento tra il controllo della inflazione e il crollo dell’occupazione, non esiste il moltiplicatore e quindi non vi è alcun collegamentotra politiche di austerità e decrescita del Pil o tra decrescita del PIL e diminuzione delle entrate fiscali. Non esiste neppure il vincolo di bilancio messo in costituzione e quindi non vi è alcun collegamento tra questo e la mancanza di fondi per investimenti pubblici, nonostante (come Stiglitz ribadisce) sia evidente la necessità di politiche industriali che favoriscano la crescita della produttività nei paesi più deboli. Le aziende continuano a chiudere e aumentano i fallimenti? È colpa del sistema inefficiente delle PMI italiane e della corruzione(e non ci scordiamo poi le colpe dell’inefficienza della giustizia e della magistratura).

Insomma l’effetto sarà pure che l'economia non è ancora crollata, ma la causa non è affatto che l’austerità sta funzionando, ma che gli italiani, illusi, raggirati, beffati, defraudati dei propri diritti e della propria dignità non abbiano compreso il valore e l’attualità dei diritti e delle regole stabilite nella  Carta Costituzionale, non abbiano ancora riscoperto il “diritto di resistenza”, non abbiano ancora riscoperto la forza e la capacità di rialzarsi una volta che si è toccato veramente il fondo.


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