Prosegue qui la poderosa trattazione di Flavio sul "vero volto" di Deutschebank, sulla sua ideologia economica, venduta come "soluzione", ma completamente azzardata dal punto di vista scientifico e, quel che più inquieta, dei "risultati" che porta: frutto di formule trite da "piazzisti" del "libero mercato", che cercano di "imbonire", con la decisiva complicità di governi incapaci di pensiero autonomo, il fallimento plateale della loro "teologia economicistica".
Ma la cosa che preoccupa di più è che questo "vero volto" è in realtà quello "pubblico e manifesto" dell'UE stessa, di cui DB agisce come ventriloquo. Ha ragione Sil-viar: "non avete scampo"..col PUDE...
Da non mancare e tutto da gustare il "gran finale"...Grazie Flavio!
2° parte
Ma la cosa che preoccupa di più è che questo "vero volto" è in realtà quello "pubblico e manifesto" dell'UE stessa, di cui DB agisce come ventriloquo. Ha ragione Sil-viar: "non avete scampo"..col PUDE...
Da non mancare e tutto da gustare il "gran finale"...Grazie Flavio!
2° parte
Immagino ricorderete bene il post precedente, in cui parlavamo di come i creditori Core-UEM siano entrati a piè pari nel dibattito sulle privatizzazioni da effettuare nel Sud Europa e di un metodo semplice e sicuro di cui essi si volevano servire per rientrare dalle loro sofferenze. Bene. Se avete un’idea, o se ve la siete fatta leggendo e guardando quello che ci sta accadendo intorno non ne rimarrete molto sorpresi. O forse si? Quali sono questi piani messi in campo dai think thank pro Euro che rimetteranno in moto l’inceppato motore dell’Eurozona?
La risposta è semplice, pratica e quanto mai efficiente. Privatizzare. Si certo, avete capito bene. Privatizzare, liberalizzare, svendere, acquistare sotto costo, liquidare, i sistemi di welfare sociale (ecco cosa sta accadendo in Italia ad esempio ) e dei servizi pubblici dei paesi meridionali UE. Questo è il vero e solo obiettivo delle attuali politiche messe in campo nei paesi in difficoltà dell’Eurozona, ed il documento Deutsche Bank di cui abbiamo fatto menzione al principio del nostro discorso, che andremo qui ad analizzare indica esattamente percorsi ed obiettivi.
La risposta è semplice, pratica e quanto mai efficiente. Privatizzare. Si certo, avete capito bene. Privatizzare, liberalizzare, svendere, acquistare sotto costo, liquidare, i sistemi di welfare soci
In esso si parla un piano di dismissione gigantesco, corrispondente a quello che coinvolse l’ex Germania dell’Est dopo la riunificazione del 1990, che ha come modello di riferimento per questo schema di privatizzazioni il vecchio Treuhandanstalt tedesco (Istituto di Gestione fiduciaria) che tra il 1990 e il 1994 garantì la dismissione di circa 8000 aziende dell’ex Ddr soprattutto a vantaggio delle imprese dell’Ovest grazie ai finanziamenti della KfW.
Le 16 paginette della ricerca Deutschebank, che porta il marchio UE ed è un “Rapporto in materia di integrazione europea” (!), non lasciano molto spazio all’immaginazione o ad eventuali e possibili fraintendimenti.
Le 16 paginette della ricerca Deutschebank, che porta il marchio UE ed è un “Rapporto in materia di integrazione europea” (!), non lasciano molto spazio all’immaginazione o ad eventuali e possibili fraintendimenti.
L’introduzione è semplice e chiara.
“La privatizzazione può dare un importante contributo al consolidamento dei bilanci pubblici richiesti in gran parte della zona euro. Non è una questione di imporre nuove tasse nel breve termine per abbattere l’onere del debito in aumento. Al contrario, i paesi che sono determinati a procedere in questi compiti ispireranno la fiducia degli investitori, che dovrebbe avere un impatto positivo sui costi di finanziamento dei debiti sovrani. Inoltre, questo è un modo per un governo per rafforzare le capacità di crescita. Ciò darà nuove possibilità alle imprese del settore privato che, come dimostra l'esperienza, operano in modo più efficiente e più innovativo”.
Lo Stato indebitato, more solito, non alloca ottimamente le risorse, condizione per cui è preferibile, sia in un ottica di “rincorsa” della fiducia degli investitori che di abbattimento dell’onere del debito, procedere ad una rapida e sistematica azione di dismissione, affidando al privato la proprietà di numerose aziende di interesse nazionale di modo da facilitare la tanto agognata crescita.
Ma, come la storia insegna, le misure di abbattimento dello stock di debito pregresso accumulato in stile Britannia (a conti fatti lo Stato in varie fasi cedette il passo completamente nel settore bancario ed in numerosi altri ambiti economici vitali per la “piena occupazione” che la nostra Costituzione di chiara “ispirazione keynesiana” persegue - quale soluzione per una conclamata crisi da bilancia dei pagamenti, e NON di debito pubblico-), hanno dimostrato di essere la classica risposta giusta alla domanda sbagliata, come ben afferma Bagnai qui, con il concreto rischio (o la volontà) di veder passare da mani pubbliche a mani private interi settori dell’industria nazionale o monopoli naturali.
Ad affermare che questa crisi non dipende dallo Stato– avvalorando le tesi che le misure di abbattimento dello stock di debito attraverso svendite di asset nazionali strategici non sono affatto una scelta ottimale – ma dal credito facile a caccia di alti rendimentiè la stessa Deutsche Bank, che, nella conclusione di questo studio di poco precedente al presente in esame, afferma senza giri di parole: “In questo articolo sosteniamo che sotto la superficie della crisi sovrana dell’area Euro e della concorrente crisi bancaria sussiste una crisi da bilancia dei pagamenti dovuta ad un disallineamento dei tassi di cambio reali interni (cfr. pag. 6 studio Morgan Stanley su “svalutazione” tedesca”).
Apriamo una piccola parentesi: questa “svalutazione” del tasso di cambio reale è avvenuta grazie a più concause. Oltre all’innalzamento nel 2007 dell’IVA dal 16 al 19% quale barriera all’import, essa ha goduto di un ulteriore spinta grazie ai precedenti sgravi fiscali enunciati da Roland Berger alla moderazione salariale successiva alla riforma Hartz I-IV datata 2003/2004 (ulteriore barriera all’import), ai contributi elargiti dall’Ipex alle aziende esportatrici, pari ad esempio a 61 miliardi nel solo 2011.
Un perfetto meccanismo di politica mercantilista, che ha avvantaggiato la Germania sui mercati intra-UEM generando di converso, attraverso una asfittica partecipazione dei consumi e degli investimenti al PIL tedesco ed una trasposizione troppo accentuata al vivere di sole “esportazioni nette”, i problemi che tutti conosciamo. Chiudiamo la parentesi.
“Attualmente, l’Eurosistema genera trasferimenti di risorse reali dai paesi creditori a debitori, ma questa soluzione non sembra stabile in quanto questi trasferimenti non sono politicamente autorizzati e quindi comprometteranno l’Eurosistema nel caso siano sostenuti indefinitamente (ndr. Ciclo di Frenkel). Visto che un vero e proprio sistema di trasferimenti fiscali dai paesi creditori alle nazioni debitrici appare improbabile, e vista l’impossibilità per quest’ultime di conseguire un deprezzamento del tasso di cambio reale interno attraverso la deflazione di merci, servizi e asset, il sentiero di minor resistenza appare essere l’apprezzamento nei paesi creditori attraverso l’inflazione di beni, servizi ed asset (ndr. reflazione paesi Core-UEM).”.
Ma, come la storia insegna, le misure di abbattimento dello stock di debito pregresso accumulato in stile Britannia (a conti fatti lo Stato in varie fasi cedette il passo completamente nel settore bancario ed in numerosi altri ambiti economici vitali per la “piena occupazione” che la nostra Costituzione di chiara “ispirazione keynesiana” persegue - qu
Ad affermare che questa crisi non dipende dallo Stato– avvalorando le tesi che le misure di abbattimento dello stock di debito attraverso svendite di asset nazionali strategici non sono affatto una scelta ottim
Apriamo una piccola parentesi: questa “svalutazione” del tasso di cambio re
Un perfetto meccanismo di politica mercantilista, che ha avvantaggiato la Germania sui mercati intra-UEM generando di converso, attraverso una asfittica partecipazione dei consumi e degli investimenti al PIL tedesco ed una trasposizione troppo accentuata al vivere di sole “esportazioni nette”, i problemi che tutti conosciamo. Chiudiamo la parentesi.
“Attualmente, l’Eurosistema genera trasferimenti di risorse reali dai paesi creditori a debitori, ma questa soluzione non sembra stabile in quanto questi trasferimenti non sono politicamente autorizzati e quindi comprometteranno l’Eurosistema nel caso siano sostenuti indefinitamente (ndr. Ciclo di Frenkel). Visto che un vero e proprio sistema di trasferimenti fiscali dai paesi creditori alle nazioni debitrici appare improbabile, e vista l’impossibilità per quest’ultime di conseguire un deprezzamento del tasso di cambio re
Cadute sin dal principio le possibili imputazioni di “eventuale ” complottismo, addentriamoci nei meandri dello studio qui materia d’indagine:
“Le obiezioni più diffuse alle iniziative di privatizzazione sono che esse non portano ad alcun controllo. I fallimenti dei mercati, spesso diagnosticati in anticipo (!), non sono affatto il semaforo verde al governo per impegnarsi in attività di impresa. Le azioni di privatizzazione devono avere come obiettivo i servizi per le infrastrutture ed i servizi di interesse generale . Numerose ondate di privatizzazioni di successo si sono succedute all’interno dell’Eurozona nel corso dei passati decenni, ad esempio nel settore delle telecomunicazioni. Ciò nonostante, esiste ancora un considerevole potenziale di privatizzazione specialmente nel settore delle infrastrutture, e ciò dovrebbe essere sfruttato. Secondo i datiufficiali, le partecipazioni societariedi proprietà dello Statorappresentarecirca il 5% del PIL ingrandi paesicome Francia e Italia. La percentuale in Spagnaè probabilmentesimile. Il potenziale dibreve termine per i progetti di privatizzazionenellepiù piccole economie periferichevariatra il 3,25% del PILin Irlanda e oltre il 6,5% in Grecia.Si noti che questonon include iproventipotenziali per cessioninel settoreimmobiliare, che in Greciain particolarepotrebbefare molto permigliorare lasituazione di bilanciodel governo”. (ad esempio qui, qui e qui).
Perché privatizzare?
Perché le aziende private sono più innovative ed efficienti, dicono alla Deutsche Bank. Bene.
Se ci chiediamo come e perché nascono in Italia le aziende pubbliche, replichiamo con un numero: ’29, anno in cui esse nascono per “necessità di salvare numerose industrie private colpite dalla crisi… e le banche che (come la Comit, la Banca Commerciale Italiana) detenevano numerose partecipazioni azionarie nelle aziende stesse. Venne così creata l’IRI e venne varata una legge bancaria che trasformava tre banche (la Comit, per l’appunto, e poi il Credito Italiano e la Banca di Roma) in Banche di Interesse Nazionale (BIN) regolate dal diritto pubblico. Pur essendo stata compiuta sotto il fascismo, questa operazione venne gestita da personaggi di formazione e convinzioni non fasciste o antifasciste, come Alberto Beneduce, Donato Menichella,Raffaele Mattioli (che subentrò nella gestione della Comit).”. Perché nascono quindi le aziende pubbliche? Perché il mercato, checché ne dicano gli estensori di questo paper, fallisce senza l’intervento dello Stato, non seguendo affatto la logica dei rendimenti decrescenti. Ma proseguiamo oltre.
Se ci chiediamo come e perché nascono in Italia le aziende pubbliche, replichiamo con un numero: ’29, anno in cui esse nascono per “necessità di salvare numerose industrie private colpite dalla crisi… e le banche che (come la Comit, la Banca Commerci
Priorità all’attività di impresa privata.
“Dal punto di vista normativo vi è poco spazio per un coinvolgimento attivo del governo nel fare impresa, quindi in molti paesi vi è, in linea di principio, un ampio margine di privatizzazioni da realizzare. In un’economia di mercato il settore privato dovrebbe avere la precedenza. Lo Stato non è adatto per assumere il ruolo di imprenditore. Il rischio elevato è che le azioni statali potrebbero essere orientate verso obiettivi politici ignorando così le forze di mercato, con il risultato di ritrovarsi in un’economia la cui produzione di beni e servizi non assecondi i desideri dei consumatori. Un altro argomento a favore della superiore efficienza delle società private è l'assegnazione fondamentalmente più efficiente del capitale e le migliori possibilità di impostare le prestazioni in caso incentivi per i dipendenti e management. Attraverso il finanziamento sul mercato si consentono piani di investimento a lungo termine, mentre i budget del settore pubblico sono in genere approvati per brevi periodi. Diversi studi confermano che l'efficienza produttiva nelle aziende privatizzate aumenta. In un mondo di mercati globalizzati questo è più importante che mai. Solo i concorrenti in grado di soddisfare le sfide internazionali sopravvivono nel mercato e quindi salvaguardano posti di lavoro. Nell’ottica di voler creare i migliori possibili incentivi per un’efficiente attività imprenditoriale e garantire che l'efficienza microeconomica porti benefici macroeconomici attraverso di ampio raggio, è necessario fornire un ambiente concorrenziale … La concorrenza garantisce costanti miglioramenti ai prodotti e ai servizi offerti. Il governo non dovrebbe interferire nelle attività di mercato…deve solo garantire regole appropriate per garantire l’interazione fra le forze di mercato. Pertanto, la priorità per l'attività del settore privato deve essere non solo per…beni privati, ma in linea di principio anche in campi quali infrastrutture… servizi di interesse generale che sono in gran parte considerati come parte del pubblico dominio”.
Certamente: se i big player internazionali a capo delle grandi aziende globali non fossero praticamente pochi e ben definiti o se i grandi produttori non avessero degli accordi “prestabiliti”, potremmo anche parlare di concorrenza e di “mercato libero” in cui “vince chi soddisfa al meglio il consumatore”, ma sappiamo bene che non è affatto così. Dire che il mercato è gestito da infiniti attori il cui unico scopo è la soddisfazione del “cliente” finale è un’offesa all’intelligenza delle persone: è come dire che il mercato si regola da solo, salvo poi svegliarsi un giorno nel pieno dell’economia “delle bolle”.
I big player non sono poi così tanti; e gli accordi sono all’ordine del giorno: davvero quindi vogliamo far passare l’erroneo messaggio che esista la concorrenza perfetta scritta sui libri? I dont’t think so… Ma scomodiamo pure Daniel Gros, in un recente articolo apparso sul sito “LaVoce.info” e le sue analisi riguardo l’errata produttività del capitale italiano, e Frederic Mishkin che smentisce in questo studio l’allocazione ottimale delle risorse attuato del capitale privato, ed infine il fondamentale Bagnai per dare un’idea di come questi assunti esposti dallo studio Deutsche Bank siano al quanto poco vicini alla realtà.
Certamente: se i big player internazionali a capo delle grandi aziende globali non fossero praticamente pochi e ben definiti o se i grandi produttori non avessero degli accordi “prestabiliti”, potremmo anche parlare di concorrenza e di “mercato libero” in cui “vince chi soddisfa al meglio il consumatore”, ma sappiamo bene che non è affatto così. Dire che il mercato è gestito da infiniti attori il cui unico scopo è la soddisfazione del “cliente” fin
I big player non sono poi così tanti; e gli accordi sono all’ordine del giorno: davvero quindi vogliamo far passare l’erroneo messaggio che esista la concorrenza perfetta scritta sui libri? I dont’t think so… Ma scomodiamo pure Daniel Gros, in un recente articolo apparso sul sito “LaVoce.info” e le sue analisi riguardo l’errata produttività del capit
Strategie di privatizzazione.
Ora iniziamo a fare sul serio:
“Tre le aree di interesse strategico:
- attività commerciali quali aziende pubbliche che interferiscono col mercato
- infrastrutture quali telecomunicazioni, energia (campo rinnovabili), reti ferroviarie, reti idriche, smaltimento rifiuti
- servizi di interesse generale quali strutture sanitarie e servizi amministrativi non statali.
Fondamentalmente tutto ciò è un bene privato…I governi tendono ad offrire i servizi di interesse generale a buon mercato, al fine di mantenere i servizi alla portata di ampie fasce della popolazione... Le sovvenzioni sono un approccio maldestro di politica sociale . Non sono necessarie quando tali servizi sono privatizzati. In questi casi, il sostegno finanziario per utenti a basso reddito è il metodo più economico e più accurato per raggiungere gli obiettivi di politica sociale .La situazione difficile sui mercati finanziari non è un ostacolo. Una modalità consisterebbe nel trasferire gli attivi a un’agenzia incaricata esplicitamente di privatizzazione. Questa potrebbe in seguito, a seconda della congiuntura dei mercati, scaglionare la vendita nel tempo”.
Si mette così tutto in un fondo comune, senza fare di questa o quella privatizzazione l’emblema del progetto, in modo da non sapere più cosa e quando viene venduto, aggirando in tal modo eventuali opposizioni. Vediamo ora nel dettaglio cosa si propone.
Privatizzazioni nel contesto europeo.
“Un gran numero di privatizzazioni hanno avuto luogo in Europa nel corso degli ultimi decenni. Margaret Thatcher ha dato il via all’opera nei primi anni ‘80 con la progressiva riduzione della quota del governo inglese presente nell'economia dal 10% del PIL a quasi lo 0%. Nel 1990, la tendenza è stata estesa a quasi tutta l'Europa. Il rinnovato concentrarsi sull'economia di mercato in seguito al declino del socialismo, ed i concomitanti stimoli delle istituzioni europee, hanno svolto un ruolo importante. Da un verso, la legislazione che richiedeva l'apertura dell’economia ai mercati ha comportato una notevole pressione sui vari governi per sciogliere i loro attuali monopoli… privatizzando attività e strutture pubbliche. Dall’altro…i Paesi membri dell'UE hanno utilizzato le privatizzazioni per… migliorare la posizione dei loro bilanci pubblici nel periodo di poco precedente al lancio dell'Unione…e quindi… soddisfare i criteri di convergenza fiscale del Trattato di Maastricht. I governi si sono focalizzati principalmente sulla cessione di partecipazioni delle imprese statali nei settori delle telecomunicazioni e della fornitura di energia…la maggior parte dei Paesi dell'UE hanno registrato le loro entrate più alte dalle privatizzazioni in questo periodo.”.
Germania – potenzialità a livello dei Länder e delle municipalizzate.
“La Federazione ha largamente ridotto le sue partecipazioni nelle aziende industriali e nelle compagnie di fornitura di energia, con una fase iniziale di privatizzazioni partita negli anni ’50, continuata nei primi anni ’60 e ripresa negli anni ’80…alla fine della seconda fase permanevano ancora grosse partecipazioni statali nella logistica, nelle telecomunicazioni e nei trasporti…negli anni ’90 l’attenzione venne focalizzata su Deutsche Bundespost che venne poi venduta e privatizzata in varie fasi.
La Federazione detiene attualmente il 15% di Deutsche Telekom AG, la KfW il 17%…quest’ultima inoltre detiene il 30.5% di Deutsche Post AG…La più grossa compagnia pubblica attualmente è la Deutsche Bahn AG…a differenza del Governo, i Länder non sono stati molto disponibili a dismettere le loro partecipazioni. La Bassa Sassonia detiene ancora il 20% della Volkswagen Ag, ed il 26.5% della Salzgitter AG…Alla fine del 2010 il Baden- Würtemmberg ha ampliato la sua quota al 45% del fornitore di energia EnBW…numerosi Länder inoltre detengono quote di aeroporti…birrerie, allevamenti di cavalli, vigneti…Soprattutto, essi sono pesantemente coinvolti nelle Landesbanken (ndr. Vedi sopra)… ma si stanno muovendo per liberarsene… Le municipalizzate per servizi idrici ed energetici, sono state in molti casi privatizzate, così come i servizi sanitari, dove la quota in mano privata è aumentata dal 1991 al 2008 dal 15 al 32%, mentre la quota pubblica è calata da 46 al 31%.
Le privatizzazioni tuttavia hanno subito negli ultimi tempi uno stop, e si nota un fenomeno inverso… Un ulteriore problema è la proprietà di beni immobili, boschi in particolare. In Germania, oltre 5,7 milioni di ettari di bosco appartengono al governo. Questo corrisponde al 54% del totale . In alcuni casi, però, le proprietà in questione sono aree protette.”.
La Federazione detiene attualmente il 15% di Deutsche Telekom AG, la KfW il 17%…quest’ultima inoltre detiene il 30.5% di Deutsche Post AG…La più grossa compagnia pubblica attualmente è la Deutsche Bahn AG…a differenza del Governo, i Länder non sono stati molto disponibili a dismettere le loro partecipazioni. La Bassa Sassonia detiene ancora il 20% della Volkswagen Ag, ed il 26.5% della Salzgitter AG…Alla fine del 2010 il Baden- Würtemmberg ha ampliato la sua quota al 45% del fornitore di energia EnBW…numerosi Länder inoltre detengono quote di aeroporti…birrerie, allevamenti di cavalli, vigneti…Soprattutto, essi sono pesantemente coinvolti nelle Landesbanken (ndr. Vedi sopra)… ma si stanno muovendo per liberarsene… Le municipalizzate per servizi idrici ed energetici, sono state in molti casi privatizzate, così come i servizi sanitari, dove la quota in mano privata è aumentata dal 1991 al 2008 dal 15 al 32%, mentre la quota pubblica è calata da 46 al 31%.
Le privatizzazioni tuttavia hanno subito negli ultimi tempi uno stop, e si nota un fenomeno inverso… Un ulteriore problema è la proprietà di beni immobili, boschi in particolare. In Germania, oltre 5,7 milioni di ettari di bosco appartengono al governo. Questo corrisponde al 54% del tot
Francia
“Fino al 1985 le imprese statali generavano il 15% del PIL. Il portafoglio del governo centrale era composto non solo grandi aziende energetiche, della logistica, delle telecomunicazioni e dei trasporti, ma anche grandi partecipazioni nel settore industriale e nel settore finanziario. Le prime misure di privatizzazione degne di nota non partirono fino alla seconda metà del 1980. I primi passi importanti… di privatizzazione furono nel settore finanziario (Societe Generelle e Paribas, 1987)…seguirono quelle in campo industriale , inizialmente nel settore auto e dalla seconda metà degli anni ’90 dal settore della difesa…quest’ultimo periodo segnò la dismissione dei settori delle telecomunicazioni e dei media…e dell’energia…generando entrate per ben 38 miliardi di euro, pari all’1,7% del PIL…
la Francia ha privatizzato infrastrutture pubbliche e servizi di interesse generale per un ammontare superiore a quanto fatto dalla Germania…la rete autostradale è stata data in concessione 25ennale …venduti i servizi di approvvigionamento/scarico idrico/fognario…i servizi ospedalieri, con posti letto privati che contano per il 25% del totale ….lo Stato francese tuttavia detiene ancora… la compagnia ferroviaria SNCF, il fornitore logistico La Poste…i grandi aeroporti. Stando ai dati dell’Agence des partecipations dell’Etat, lo stato francese detiene ancora partecipazioni societarie per circa 88miliardi di euro, pari al 4.6% del PIL. L’influenza del governo nell’economia è ancora prominente…EDF appartiene all’84.5% allo Stato…”.
la Francia ha privatizzato infrastrutture pubbliche e servizi di interesse gener
Il governo è stato un attore importante per l'economia italiana per lungo tempo…L'Istituto per la Ricostruzione Industriale …deteneva un portafoglio di 1.000 imprese e dava lavoro a 500.000 persone. Negli anni’ 90 un ampio processo di privatizzazione e deregolamentazione ha ridotto il volume delle partecipazioni statali. Questo processo ha inoltre rivelato inefficienza e cattiva allocazione delle risorse, in particolare…le imprese pubbliche… servivano solo per mantenere posti di lavoro… Più della metà degli introiti derivanti dalle privatizzazioni sono stati generati tra il 1997 e il 1999, quando le imprese statali sono state (parzialmente) privatizzate nei settori delle telecomunicazioni (ndr.Telecom), energia (in particolare ENEL), infrastrutture (incl. Autostrade) e dei trasporti. Tuttavia, oggi il governo possiede ancora partecipazioni nelle grandi utilities di fornitura di energia (ndr. Eni) e nel settore tecnologico-aerospaziale (ndr. Finmeccanica). Inoltre, fino ad ora le privatizzazioni non hanno raggiunto le imprese a livello comunale . Una notevole eccezione è il settore bancario da cui i comuni ed il governo sono rimasti fuori nel corso degli ultimi dieci anni. Ciononostante, i comuni offrono il massimo potenziale di privatizzazione.
In un rapporto presentato alla fine di settembre 2011 il Ministero dell'Economia e delle Finanze stima che le rimanenti partecipazioni statali hanno un valore complessivo di 80 miliardi di euro, circa 5,2% del PIL. Inoltre, il piano per concedere concessioni a privati potrebbe generare fino a 70 miliardi di euro di entrate... il piano del Ministero prevede entrate per 10miliardi di euro per la concessione dei diritti di emissione di CO². Particolare dedizione è da dedicare agli edifici ed alle proprietà pubbliche…per cui la Cassa Depositi e Prestiti stima un valore di circa 421miliardi.
L’Istituto dichiara che 42miliardi di “settore immobiliare” non sono attualmente inutilizzati…potrebbe essere messo in vendita con poco sforzo…Dal momento che gran parte di questi immobili appartengono ai Comuni, il Governo dovrebbe definire un processo ben strutturato in anticipo per realizzare tale vendita. Ad oggi, il Ministero dell’Economia e delle Finanze predice proventi per 30-35 miliardi dalla cessione degli immobili, con risparmi di 3 miliardi di euro l’anno. Stando quindi ai dati ufficiali, il patrimonio detenuta dal governo (escluse le concessioni per emissioni) si aggira sui 571miliardi di euro, vicino al 37% del PIL. Naturalmente, il potenziale può essere ampliato. L’OECD ha consigliato ulteriori privatizzazioni…in particolare nel settore dell’approvvigionamento idrico…vi è la necessità in quel settore di investimenti…viste le pesanti perdite del sistema pari al 30% dell’acqua distribuita…Tuttavia bisogna affrontare l’ostacolo referendum…. Fino ad oggi, l'Italia ha cercato di mantenere la sua influenza nelle società privatizzate. Ciò è dimostrato, ad esempio dalla richiesta della Commissione europea nel febbraio 2011 all'Italia affinché modificasse la legge che consente al governo di evitare che singoli investitori acquistino azioni di società privatizzate in settori di importanza strategica. Tuttavia, il programma economico recente… rafforza le speranze che il governo abbia intrapreso un nuovo percorso.”. (ndr. Monti)
L’Istituto dichiara che 42miliardi di “settore immobiliare” non sono attualmente inutilizzati…potrebbe essere messo in vendita con poco sforzo…Dal momento che gran parte di questi immobili appartengono ai Comuni, il Governo dovrebbe definire un processo ben strutturato in anticipo per realizzare t
Spagna
“…dalla seconda metà degli anni ’90 il governo Aznar ha lanciato una serie di effettive riforme strutturali. I processi di privatizzazione del settore chimico (Repsol YPF), di fornitura energetica (ENEPSA), telecomunicazioni (TELEFONICA) e della compagnia aerea Ibèria hanno aiutato a ridurre il debito pubblico e stimolato l’economia… il deficit pubblico del 6.5% PIL del 1995 è divenuto un surplus del del 2% e del 1.9% rispettivamente nel 2006 e nel 2007. Tuttavia, a seguito della crisi, la Spagna ha registrato… considerevoli deficit (9.2%PIL 2010) ed un debito pubblico crescente. Ora sono state pianificate ulteriori privatizzazioni… a partire dalle partecipazioni negli aeroporti. AENA, compagnia di gestione aeroporti in Spagna ed all’estero e di servizi di navigazione… è stata trasformata in una società per azioni. Mentre la società di servizi di navigazione rimane nelle mani del governo, il 49% dell’AENA Aeropuertos sta per essere privatizzato. Al momento del suo lancio nel giugno 2011 la nuova società…ha ceduto le sue partecipazioni e licenze per l’aeroporto Barajas di Madrid ed El Prats di Barcellona. La vendita delle licenze 20ennali dovrebbe fatturare un lordo di circa 5.3 miliardi di euro…Inoltre è stata avviata la vendita di 13 torri controllo…All’inizio del 2011 il valore dell’operatore aereo è stato stimato in circa 30 miliardi di euro. Tuttavia i piani di privatizzazione… hanno subìto una battuta d’arresto. La cessione delle lotterie nazionali… che prevede un incasso di 7-8 miliardi è stata temporaneamente accantonata alla fine di settembre… assieme al rinvio della privatizzazione degli aeroporti di Madrid e Barcellona, ciò sta a significare una perdita di 13miliardi per l’erario…contabilizzata nel bilancio 2011. Ulteriore potenziale di privatizzazione…sono il settore estrattivo e navale …il sistema postale (Sociedad Estatal Correos Y Telegrafos). Per ciò che riguarda il sistema ferroviario, nel 2005 si è diviso il gestore rete (ADIF) dal trasporto passeggeri e merci (RENFE Operadora). La privatizzazione del settore merci di quest’ultima è in agenda.”.
Grecia
“Le società pubbliche sono ramificate in diversi settori dell’economia greca. I programmi di privatizzazione sono partiti tardi…da metà anni ’90. Il governo ha beneficiato delle vendite per l’1.7% del PIL nel 1999. Negli ultimi decenni…il governo greco ha incassato circa 20miliardi…In seguito alla crisi…la Grecia si è impegnata ad intraprendere ampie misure di ristrutturazione. Esse includono privatizzazioni che potrebbero generare un gettito di 50miliardi entro il 2015, o il 22% del PIL 2010. Il processo di privatizzazione avviene attraverso un fondo statale centralizzato, il Fondo di sviluppo del patrimonio della Repubblica Ellenica, creato il 1° luglio 2011. La più grande risorsa del fondo sono gli asset detenuti dal KED…il patrimonio dei beni immobili pubblici greci…valutato circa 35miliardi di euro… Il governo greco è proprietario di circa il 70% delle superfici nazionali…ci sono tuttavia resistenze della opinione pubblica a vendere tali quote…si potrebbe quindi optare per delle concessioni… a 99 anni… Un’altra opzione sarebbe di cartolarizzare tali attività come quote di fondi, per poi scambiarle…Inoltre il piano prevede incassi per 5 miliardi da imprese pubbliche quotate…e 2 per quelle non quotate… Inoltre sono in programma licenze per i privati per lo sfruttamento e l’utilizzo di infrastrutture pubbliche per un valore stimato di 9 miliardi…per lo sfruttamento dei porti di Salonicco e del Pireo, nonché delle Autostrade…Sia la navigazione che il trasporto commerciale su strada sono stati liberalizzati nel 2010…ad oggi il Fondo di sviluppo del Patrimonio ha incassato solo 1.8miliardi dei 5 preventivati, poi tagliati a 4 viste la difficile situazione sui mercati.”.
Portogallo
“… il paese di è impegnato ad innalzare le tasse, tagliare le spese, implementare le riforme strutturali, fra cui le privatizzazioni. Alcune attività pubbliche sono state privatizzate alla fine degli anni ’90…generando entrate per 4.6miliardi di euro (3.5%PIL 1997). Stando al programma di stabilità e crescita del governo portoghese… gli incassi… delle privatizzazioni dovrebbero fruttare 6.47miliardi di euro, corrispondenti al 4% circa del debito o al 3.7% del PIL…Per incoraggiare il processo…il governo ha abolito i diritti speciali (golden shares) delle aziende in portafoglio…ed a norma di legge si è imposto che tali diritti speciali non possano più essere riproposti. Una delle aziende importanti è Telecom Portugal. Il diritto di veto del governo in caso di cessione è stato abolito…Nel settore finanziario, il governo ha privatizzato BPN (Banco Portugues de Negocios) per 40m di euro nell’agosto 2011. Ci sono inoltre dei piani per vendere asset assicurativi e bancari di un altro istituto CGD. Il governo… vuole cedere le sue partecipazioni a un ritmo graduale . Tuttavia, è prevista una vera e propria svendita nel breve termine per diverse grandi aziende…del settore energetico e l'industria aeronautica. Entro la fine dell'anno … la maggior parte (circa il 21% del totale delle azioni) della quota del 25% … del fornitore energetico EDP (Energias de Portugal) verrà venduto... Galp Energia, un'altro fornitore energetico in cui il governo è azionista, è nella rosa dei candidati per la dismissione. Inoltre, il gestore della rete elettrica REN diverrà un’entità completamente privata dal febbraio 2012. Nel settore del trasporto aereo, il governo ha iniziato la sua completa disgiunzione dalla compagnia aerea TAP Portogallo… il gestore aeroportuale ANA sarà completamente privatizzata nel 2013…Inoltre, il governo ha annunciato piani di dismissione per i prossimi anni che includono, tra le altre cose, la cessione o la privatizzazione parziale dell’emittente TV RTP, del servizio postale (Correios de Portugal), della società di trasporto ferroviario CP Carga e del gestore idrico Aguas de Portugal... Inoltre, si sta considerando la privatizzazione di alcune ferrovie e strade…”.
Irlanda – riprivatizzazione.
Dopo una lunga fase di crescita dinamica, l’Irlanda ha sofferto colpi devastanti dalla crisi finanziaria del 2007, soprattutto a causa del suo settore bancario. Le banche insolventi sono state nazionalizzate, ed il debito pubblico è aumentato vertiginosamente…
Negli anni ’90 il governo irlandese ha registrato somme ingenti grazie alle privatizzazioni. La completa cessione di Telecom Eireann ha fruttato da sola nel 1999 la cifra di 6.3 miliardi di euro. Corrispondente a circa il 4.3% del PIL ed un conseguente surplus pubblico del 2.6%, e non meno del 4.8% PIL nel 2000. Il trend successivamente tuttavia ha perso il suo slancio. Attualmente il settore energetico, aeroporti, porti, gran parte del settore dei trasporti sono ancora interamente o in gran parte di proprietà pubblica. Alla luce della crisi in atto, il governo nel 2010 ha istituito un panel di esperti per analizzare le attività dello Stato. Lo scorso aprile, il gruppo ha presentato le sue raccomandazioni per una migliore regolamentazione ed una (parziale ) privatizzazione delle attività del settore pubblico. Il rapporto esamine 16 aziende statali…che potrebbero essere privatizzate…i ricavi potenziali sarebbero di circa 5 miliardi di euro, ovvero il 3.2% PIL…Si raccomanda lo scorporo delle aziende energetiche monopolistiche pubbliche. Le reti dovrebbero essere poste sotto l’ombrello della statale Bord Gais Eireann, mentre la produzione (di energia elettrica) e di distribuzione dovrebbero essere ulteriormente privatizzate. Aeroporti e porti dovrebbero essere ristrutturati e ceduti…secondo gli esperti aziende come il servizio postale An Post non sono ancora pronte per essere privatizzate…i piani concreti del governo sembrano modesti…ha annunciato la vendita di una quota di minoranza della ESB Electricity Supply Board. Ha inoltre annunciato la possibile vendita della sua quota residua di poco superiore al 25% della Aer Lingus. Per migliorare la salute del bilancio pubblico, il Fondo Nazionale Pensionistico ha già ceduto beni per circa 10 milardi di euro nel primo trimestre del 2011…anche il settore bancario è da ristrutturare. Dopo la nazionalizzione, Bank of Ireland è ritornata per gran parte privata. Alla fine di luglio 2011 più dei due terzi delle azioni della banca erano in mano privata. La fusione di Anglo Irish Bank con INBS è considerato un passo avanti per il ritorno delle due banche nazionalizzate ai privati.”.
Conclusioni (loro).
Anche se l'argomento è stato all'ordine del giorno… per almeno venti anni c'è ancora un notevole potenziale di privatizzazione in diversi paesi dell'UE… Il trasporto ferroviario, servizio postale , l'approvvigionamento idrico e lo smaltimento delle acque reflue sono ancora di competenza del settore pubblico in molti paesi. Allo stesso modo, il settore pubblico ha ancora ampie proprietà di beni immobili. Tuttavia, vi è una sostanziale opposizione pubblica proprio alla cessione di edifici governativi, terreni e / o boschi (bollate come “vendere l'argenteria di famiglia"). Una parte consistente del potenziale sta a livello comunale . Poiché i comuni sono più o meno autonomi, questo è il classico bastone tra le ruote alle iniziative di privatizzazione. L'inclusione delle organizzazioni internazionali è in grado di garantire un maggior grado di rigore e di coerenza delle iniziative nazionali. Questo è molto importante in quanto le privatizzazioni sono spesso fondate su decisioni inizialmente impopolari e talvolta mostrano effetti positivi solo nel medio-lungo termine.”.
Conclusioni nostre: lo studio Psiru.
Che le privatizzazioni siano purtroppo già in atto non ci sono dubbi. Ed il piano Deutsche Bank è di per sé un documento sconvolgente. Ma che il privato sia più efficiente del pubblico, è tutto da dimostrare.
Revolting Europe ci fornisce un quadro esattamente opposto a quanto questo studio vuole affermare: “In Grecia la troika ha imposto la svendita di banche, utilities, lotterie nazionali, porti, aeroporti, autostrade ed altre infrastrutture, più un numeroso numero di edifici pubblici, terreni e porzioni di spiagge a Rodi e Corfù…alla pari del Portogallo…Nonostante questo party di privatizzazioni, recenti ricerche dimostrano che in Europa però la tendenza è inversa…si cerca di rimunicipalizzare…In Francia l’acqua è stata tolta ai privati in non meno di 16 città, fra cui Parigi e Bordeaux, patria dei giganti Eolia e GDF Suez… I servizi idrici stanno ritornando pubblici a Berlino e Budapest…in Italia il referendum2011 ha bloccato la privatizzazione idrica…la Germania sta ri-nazionalizzando il settore elettrico, la Svezia si è opposta alla privatizzazione della compagnia energetica Vattenfall…in Ungheria lo Stato sta riprendendo in mano il settore energetico controllato dalla tedesca E.On…la Lettonia ha dichiarato illegale la privatizzazione della società energetica Latvenergo…i trasporti stradali sono ritornati pubblici in Francia, le ferrovie in Estonia, in Germania si sono fermati i piani di privatizzazione di Deutsche Bahn…stessa sorte per servizi di gestione rifiuti e pulizia”.
Tesi riprese dallo studio della Public Services International Research Unit (PSIRU) dell’Università di Greenwich disponibile qui che, analizzando l’impatto delle privatizzazioni avvenute fra gli anni ’90 ed il 2011, trae un impietoso ritratto dei “privati efficienti” e campioni della concorrenza: “il risparmio sui costi (a causa di maggiori oneri finanziari e dei costi di transazione) e la riduzione dei prezzi previsti non hanno avuto luogo, ci sono stati aumenti tariffari, problemi con la qualità dei servizi, investimenti insufficienti o addirittura sbagliati, le imprese private non sono responsabilizzate e non rispondono adeguatamente alle esigenze dei cittadini, la privatizzazione e l'esternalizzazione dei servizi pubblici ha portato a peggiori condizioni di lavoro e della sicurezza del lavoro per i dipendenti – ed infatti la riduzione del costo del lavoro è una componente centrale delle "efficienze" offerte dal settore privato. (ndr. l’unica?). I sondaggi riflettono l’esperienza delle privatizzazione, e confermano una sfiducia profonda poiché nel privato si punta solo a fare profitti sfruttando i servizi ed i beni pubblici.”.
Lo studio dell’Università di Greenwich è eloquente. Aumento tariffe, servizi scarsi, investimenti sbagliati, logiche del profitto e di remunerazione degli azionisti a scapito delle necessità dei cittadini, vendite di interi settori per “profitti sotto le attese”, esternalizzazioni per dare un servizio a basso costo, poche tutele ai lavoratori. Questo è il privato.
I dati dicono che il pubblico offre servizi a prezzo contenuto, offre un’opera “perpetua” non oggetto di scadenze o gare, può investire a prezzi relativamente contenuti, non deve spartire “dividendi” agli azionisti. Vi sembra poco?
Revolting Europe ci fornisce un quadro esattamente opposto a quanto questo studio vuole affermare: “In Grecia la troika ha imposto la svendita di banche, utilities, lotterie nazionali, porti, aeroporti, autostrade ed altre infrastrutture, più un numeroso numero di edifici pubblici, terreni e porzioni di spiagge a Rodi e Corfù…alla pari del Portogallo…Nonostante questo party di privatizzazioni, recenti ricerche dimostrano che in Europa però la tendenza è inversa…si cerca di rimunicipalizzare…In Francia l’acqua è stata tolta ai privati in non meno di 16 città, fra cui Parigi e Bordeaux, patria dei giganti Eolia e GDF Suez… I servizi idrici stanno ritornando pubblici a Berlino e Budapest…in Italia il referendum
Tesi riprese dallo studio della Public Services International Research Unit (PSIRU) dell’Università di Greenwich disponibile qui che, analizzando l’impatto delle privatizzazioni avvenute fra gli anni ’90 ed il 2011, trae un impietoso ritratto dei “privati efficienti” e campioni della concorrenza: “il risparmio sui costi (a causa di maggiori oneri finanziari e dei costi di transazione) e la riduzione dei prezzi previsti non hanno avuto luogo, ci sono stati aumenti tariffari, problemi con la qualità dei servizi, investimenti insufficienti o addirittura sbagliati, le imprese private non sono responsabilizzate e non rispondono adeguatamente alle esigenze dei cittadini, la privatizzazione e l'esternalizzazione dei servizi pubblici ha portato a peggiori condizioni di lavoro e della sicurezza del lavoro per i dipendenti – ed infatti la riduzione del costo del lavoro è una componente centr
Lo studio dell’Università di Greenwich è eloquente. Aumento tariffe, servizi scarsi, investimenti sbagliati, logiche del profitto e di remunerazione degli azionisti a scapito delle necessità dei cittadini, vendite di interi settori per “profitti sotto le attese”, esternalizzazioni per dare un servizio a basso costo, poche tutele ai lavoratori. Questo è il privato.
I dati dicono che il pubblico offre servizi a prezzo contenuto, offre un’opera “perpetua” non oggetto di scadenze o gare, può investire a prezzi relativamente contenuti, non deve spartire “dividendi” agli azionisti. Vi sembra poco?
Conclusioni nostre: Concorrenza e liberalizzazioni.
A noi no. Concludiamo con qualche ulteriore considerazione.
Innanzitutto, questo preziosissimo articolo da studiare a memoria, in merito alla concorrenza afferma: “la concorrenza nell’ordinamento economico italiano, agiva, quindi, per lo più come forza istituzionalmente limitata, proprio al fine di evitare alcuni fenomeni ritenuti indesiderabili quali: l’eccessiva concentrazione del capitale (favorita proprio dall’azione della competizione libera) (ndr. ricorda nulla il too big to fail problem?); la perdita di professionalizzazione dei mestieri; determinate forme di destabilizzazione del sistema economico; la denazionalizzazione del capitale .Più che una forza da incentivare, la libera concorrenza veniva quindi intesa dal legislatore e dalla cultura politica egemone al tempo come una forza potenzialmente destabilizzante, fonte di squilibri e disuguaglianze che andava in ogni caso, se non corretta, comunque incanalata in un’ottica di programmazione economica ispirata a fini generali…”
Mentre sulle liberalizzazioni: “La liberalizzazione è, infatti, strettamente connessa con la privatizzazione sostanziale (prima ancora della privatizzazione formale ), poiché impone all’operatore pubblico di comportarsi alla stregua di un operatore privato. Operare senza il perseguimento del profitto (la remunerazione normale del capitale ) è, infatti, considerato già di per sé un atto non concorrenziale contrario alle politiche di liberalizzazione. Così come è anticoncorrenziale , a fortiori, ogni altra pratica tipica dell’operatore pubblico: la sussidiazione incrociata, la vendita sottocosto etc etc. Le liberalizzazioni indirizzate allo scardinamento dei monopoli pubblici sono quindi automaticamente privatizzazioni sostanziali (che storicamente sono poi spesso evolute in privatizzazioni anche formali). L’apparente neutralità della legislazione comunitaria per il profilo proprietario delle imprese è quindi solo apparente, dal momento che il rigido orientamento pro-liberalizzazioni impone di fatto il depotenziamento delle prerogative di un’impresa pubblica…Il ruolo (dello Stato ndr.) è infatti ridotto a quello di garanti del buon funzionamento della concorrenza sul mercato, cui si aggiunge un residuale Stato minimo assistenziale di cornice.”.
Facciamo due più due: la concorrenza favorisce la “concentrazione del capitale ”, lo denazionalizza e porta “instabilità” sistemica.
Le liberalizzazioni portano ad una privatizzazione di fatto di monopoli naturali e di servizi di pubblica utilità che, stando al presupposto precedente per cui la concorrenza favorisce la “concentrazione” del capitale , da luogo ad una sostanziale monopolizzazione dei servizi pubblici in mano a pochi big players.
Ma la concorrenza quindi, dove va’ a finire? Dove vanno i “vantaggi per cittadini”? Come dice la stessa Corte dei Conti qui: “Gli effetti delle privatizzazioni sul benessere dei consumatori sembrano ancora più controversi…In particolare, analizzando nel dettaglio i prezzi dei servizi erogati dalle utilities (acqua, energia, trasporti, telecomunicazioni), si osserva una dinamica dei prezzi molto accentuata…”
...Chela CGIA di Mestre quantifica ottimamente: “Il flop più clamoroso è avvenuto per le assicurazioni sui mezzi di trasporto (Rc auto) che dal 1994 ad oggi sono aumentate del +184,1%, contro un incremento dell'inflazione del +43,3% (in pratica le assicurazioni sono cresciute 4,2 volte in più rispetto al costo della vita). Male anche i servizi bancari/finanziari (costo dei conti correnti, dei bancomat, commissioni varie). Sempre tra il 1994 ed il 2011 i costi sono aumentati mediamente del +109,2%, mentre l'incremento dell'inflazione è stato pari al +43,3% … Anche i trasporti ferroviari hanno registrato un incremento dei prezzi molto consistente: tra il 2000 ed il 2011, sono aumentati del +53,2%, contro un aumento del costo della vita pari al +27,1%. Se per i servizi postali l'aumento del costo delle tariffe è stato del +30,6%, pressochè pari all'incremento dell'inflazione avvenuto tra il 1999 ed il 2011 (+30,3%), per l'energia elettrica la variazione delle tariffe ha subito un aumento più contenuto (+1,8%) rispetto alla crescita dell'inflazione (che tra il 2007 ed i 2011 è stata del +8,4%). Solo per i medicinali e i servizi telefonici le liberalizzazioni hanno portato dei vantaggi economici ai consumatori. Nel primo caso, tra il 1995 ed oggi i prezzi sono diminuiti del 10,9%, a fronte di un aumento del costo della vita del +43,3%. Nel secondo caso, tra il 1998 ed il 2011 le tariffe sono diminuite del 15,7%, mentre l'inflazione è aumentata del 32,5%.”.
Pubblico = servizio al cittadino, privato = profitti per gli azionisti.
Lo studio dell’Università di Greenwich e le voci portate a sostegno delle nostre opinioni illustrano in modo chiaro ed efficace a che cosa portino le privatizzazioni. Lo studio Deutsche Bank e le direttive UEM-BCE vanno sostanzialmente nella direzione di una concentrazione di tutti i servizi di pubblica utilità (settori energia, idrico e acque reflue, rifiuti, telecomunicazioni, stradale , ferroviario, trasporti, fondi pensione) nelle mani di pochi privati a scapito dei cittadini.
La Costituzione italiana, nella parte inerente ai rapporti economici, contiene tre preziosi articoli che definiscono i tratti essenziali del rapporto tra Stato e sistema economico-produttivo: gli articoli 41, 42 e 43.
Concorrenza e libero mercato non appaiono mai come fini da perseguire. Al contrario in essa si fa esplicito riferimento al termine “programmazione” che, unito al riferimento al “coordinamento a fini sociali” descrive in maniera chiara l’ispirazione sostanziale a cui, nelle sue parti generali, la politica economica dei vari governi nazionali (e perché no, internazionali) dovrebbe ispirarsi.
Innanzitutto, questo preziosissimo articolo da studiare a memoria, in merito alla concorrenza afferma: “la concorrenza nell’ordinamento economico italiano, agiva, quindi, per lo più come forza istituzionalmente limitata, proprio al fine di evitare alcuni fenomeni ritenuti indesiderabili quali: l’eccessiva concentrazione del capit
Mentre sulle liberalizzazioni: “La liberalizzazione è, infatti, strettamente connessa con la privatizzazione sostanzi
Facciamo due più due: la concorrenza favorisce la “concentrazione del capit
Le liberalizzazioni portano ad una privatizzazione di fatto di monopoli naturali e di servizi di pubblica utilità che, stando al presupposto precedente per cui la concorrenza favorisce la “concentrazione” del capit
Ma la concorrenza quindi, dove va’ a finire? Dove vanno i “vantaggi per cittadini”? Come dice la stessa Corte dei Conti qui: “Gli effetti delle privatizzazioni sul benessere dei consumatori sembrano ancora più controversi…In particolare, analizzando nel dettaglio i prezzi dei servizi erogati dalle utilities (acqua, energia, trasporti, telecomunicazioni), si osserva una dinamica dei prezzi molto accentuata…”
...Che
Pubblico = servizio al cittadino, privato = profitti per gli azionisti.
Lo studio dell’Università di Greenwich e le voci portate a sostegno delle nostre opinioni illustrano in modo chiaro ed efficace a che cosa portino le privatizzazioni. Lo studio Deutsche Bank e le direttive UEM-BCE vanno sostanzialmente nella direzione di una concentrazione di tutti i servizi di pubblica utilità (settori energia, idrico e acque reflue, rifiuti, telecomunicazioni, strad
Concorrenza e libero mercato non appaiono mai come fini da perseguire. Al contrario in essa si fa esplicito riferimento al termine “programmazione” che, unito al riferimento al “coordinamento a fini sociali” descrive in maniera chiara l’ispirazione sostanzi